CAPITOLO VII - A parlare con il vento

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Seinlef

«Guardare nel passato è un mio potere, sei tu, però, anche se non te ne sei reso conto, ad essere entrato nella mente del falco, che io ho trasportato in ciò che era.»

«Come ho fatto, non capisco.»

«Basta molta concentrazione, Seinlef, e il tuo potere scaturirà senza che te ne accorga. Potrai essere nei suoi pensieri e nei suoi sogni, camminare e essere quasi fisicamente tra le sue paure e desideri. Ci vorrà del tempo, ma di certo meno di quanto ce ne abbia messo io.»

Sentimmo un urlo. Il Conte Graien aveva avuto un incubo.

Io mi alzai di scatto: «Venite!»

La Mistan si sollevò da terra, e mi seguì nella stanza da letto, in cui il Conte e il capo della Guardia Nobiliare si erano ritirati con le armi offerte loro dall'elfa.

Il figlio del Re era steso sul letto, leggermente sollevato, sudato e rosso in volto. La medesima scena nell'accampamento si ripeteva.

«Un incubo?»

«Si, Seinlef, lo stesso da tempo.» mi rispose Tronie.

«Posso aiutarti, mio Signore.» intervenne Nirgui.

«E come potresti?»

«Io so cosa attanaglia il vostro cuore. La vostra adorata figlia fu assassinata nei giardini del palazzo, nella propria casa, e voi vi date colpa di questo scempio. Ella è ancora intrappolata nei vostri sogni, come nei vostri desideri di rivederla ancora una volta. Voi avete visto il suo assassino, ma non ricordate il suo volto, e io posso aiutarvi a farlo.»

«Continuate, Nirgui nata dalla montagna.»

«Io, bevendo un particolare infuso a base di gerani blu potrò attraversare la spessa barriera che si cela tra il mondo terreno e quello del sonno.»

Il Conte

Per la prima volta mi addormentai felice. Sereno. Oramai tutto il dolore stava per cessare, ogni preoccupazione sarebbe svanita.

Ma mi sbagliavo.

Mi risvegliai nel letto in cui mi ero coricato, solo, ad eccezione di un corvo appollaiato sul davanzale della finestra.

Mi sollevai dal morbido materasso di piuma e uscii dalla porta, scendendo poi le scale che mi avrebbero portato al pian terreno: ogni cosa era al suo posto, ogni libro, dipinto o qualsivoglia soprammobile, illuminati dalla solitaria luce delle candele, non erano pervasi da una minima quantità di polvere. Presi una delle candele accese, nel buio delle grandi sale, per incamminarmi all'esterno.

Aperta la porta d'ingresso si aprì davanti a me la vista del magnifico giardino di palazzo, coperto di fiori stupendi, puntini nel bellissimo verde del prato e delle siepi.

Non v'era vento, e non era più buio. La luce del sole illuminava alle mie spalle il palazzo di mio padre, mentre di fronte a me vidi il viale principale dove eravamo soliti giocare a nascondino io e la mia piccola Orsetta. Era esile, ma dal volto rotondo e cosparso sulle gote da piccolissime lentiggini, grandi occhi castani, e il volto paffuto circondato da stupendi boccoli castani che volteggiavano disordinati attorno a una così giovane bellezza.

Improvvisamente scorsi quella folta chioma riccioluta saltellare tra le fronde dei cespugli ben curati.

Vestita di bianco, giocava a nascondino. Sola però e parlava con il vento, che si era lentamente alzato in una leggera brezza che a stento faceva vibrare qualche fogliolina appena nata.

Seinlef, re per destinoWhere stories live. Discover now