CAPITOLO VI - Serpe d'argento

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Seinlef


«Questa è la stanza per gli ospiti, miei signori.»

«Lussuosa, per una... vecchia, giovane, qualunque cosa voi siate di preciso, che vive da sola nel mezzo di un bosco.»

«È vero, Tronie Mongrel, ma questo è solo ciò che vedi tu. Io sono sempre quella vecchia che vi ha aperto la porta, ma la Casa fa brutti scherzi.»

«Cosa siete, Nirgui, nata dalla montagna, una specie di strega?»

«Non importa cosa sono, non lo so neanch'io di preciso, ma so cosa posso o non posso fare, chi posso o non posso essere, cosa desidero io e cosa desidera chiunque sia vicino a me.» rispose Nirgui facendo sedere Tronie su un divanetto ai piedi del letto e smontando i gambali della sua armatura.

«Hai detto che le punte delle frecce sono intinte di veleno.»

«Si, gli Uomini lo ricavano dal miele. Lo chiamano Nettare Rosso. Basta che entri a contatto con una piccola ferita per diffondersi nel sangue. Ma siete fortunati, non ha fatto ancora effetto, e io ho l'antidoto.»

«Si, evidentemente abbiamo molta fortuna.»

«Più che fortuna, io la definirei destino. Ho finito di medicare, la vasca è già piena d'acqua calda, vi lascio soli.»

La porta si chiuse dietro di lei, e sentimmo alcuni passi scendere le scale, nell'eco della tromba, affievolirsi, fino a che l'unico suono era il sibilo dei nostri respiri.

«Mio Signore, il bagno è tutto vostro. Io lo farò al ritorno al Palazzo.»

Tronie era seduto, con l'avambraccio appoggiato sulla coscia destra, che mi guardava, con un sorriso idiota stampato sulla faccia e i lunghi capelli mossi che gli coprivano l'occhio sinistro.

Il Conte Graien era in piedi, con le mani giunte dietro la schiena, guardando attraverso il vetro della finestra.

Io restavo immobile, a godermi il silenzio. Il silenzio che mi aveva accompagnato per anni, e che sinceramente cominciavo ad odiare, era tornato, e mi pareva di amarlo. Per interminabili secondi tutto rimase immobile, anche l'aria era ferma. Quasi si fermò anche il mio cuore quando la voce del Conte invase il silenzio.

«Mio Principe, io lascio a te il mio bagno.»

«Non voglio, lo farò quando lo farete voi.»

«Mio Principe, non vorrete arrivare fetido a Palazzo? La prima impressione è importante.»

«Se non fossimo passati di qui non l'avrei fatto, quindi non lo farò.»

Rientrò nella stanza Nirgui, preceduta dai suoi passi.

«Vedo che non volete farvi un bagno caldo, bene, venite con me.»

Ci portò in una grande sala, le cui pareti e le scaffalature erano ricoperte di armi di ogni genere: spade, asce, alabarde, archi, balestre, lance, scudi, armature, tante da poter armare un esercito.

Ma che ne sapevo io di eserciti. Non lo pensai al momento, ovviamente. Pensai di non aver mai visto tanto acciaio in vita mia.

Restai immobile, colpito dai raggi del Sole che si riflettevano sul freddo metallo delle spade, mentre la Stella si faceva strada tra le bianche nuvole che coprivano il cielo.

«Perché ci porti qui?»

«Potete prendere ciò che volete.»

Tronie si precipitò sulle armi, mentre il Conte si fermò:

Seinlef, re per destinoWhere stories live. Discover now