Il Conte
«Chiamate quel maccabeo del giullare... vorrei passare i miei ultimi momenti ridendo... speriamo che riesca a raccontare qualche barzelletta divertente.»
Una delle guardie che era nella sala reale si alzò da una sedia di legno scuro, e inserendo la spada nella guaina, si avviò a passo svelto verso la stanza del giullare con il quale, dopo pochi secondi, rientrò, pronto per ascoltare una delle sue storie improvvisate.
Dopo essersi seduto e dopo aver accordato il suo strumento a corde, iniziò a cantare...
C'era un procione in un bosco selvaggio
quando gli parve di avere un miraggio
ovunque guardasse v'era la frutta
ma appena colta diventava brutta.
Triste per l'avvenimento
andò via con passo lento.
Ed ecco con la coda tra le zampe
durante il cammin vide certe vampe
e da codesti fuochi un Cragni scappò
e sotto il suo peso il procione schiattò.
Alla fine della cantata esplose una risata, e persino mio padre aveva un grande sorriso sul volto. Quella, ricordo, fu la prima volta in cui il re rise ad una delle improvvisate comiche del giullare, ma purtroppo fu anche l'ultima. In pochi attimi la sua risata, pian piano, si era tramutata in una forte tosse, ed anche il suo sorriso lentamente scomparve. Le guardie si avvicinarono per calmarlo, ma lui le respinse. Sapeva che dopo centoquarantasette anni di vita, prima o poi, avrebbe dovuto lasciare il palazzo, come tutto il resto, per fare spazio ad un Elfo Dorato più giovane di lui. Sapendo anch'io che questo giorno sarebbe arrivato, mi avvicinai con calma, un po' tremante, al re, mio padre. Vidi i suoi occhi dorati spegnersi lentamente, come un fuoco che, appena acceso si innalza potente verso il cielo e, il mattino seguente, rimangono di lui solo le fioche braci.
«Avvicinati figlio mio, devo dirti una cosa.»
«Ditemi padre.»
«La mia anima salirà verso il grande dio Stragh, abbandonando il mio vecchio e stanco corpo. Tu dovrai trovare ad ogni costo uno dei due giovani Elfi Dorati, nati in due dei Regni Dorati, e condurlo qui. Prenditi cura di lui e rendilo un vero sovrano.»
«Lo farò... padre.» riuscii a dire tra le lacrime mentre la ragione lo abbandonava, lasciando sulla Dremas solamente il suo freddo corpo.
Grandi furono i funerali. Gli Elfi Dorati degli altri sei Regni Dorati accompagnavano le ceneri di mio padre sul monte Protnik, circondati da ogni uomo, donna, bambino della capitale. Io facevo capo alla processione, percorrendo quella graduale salita che ci avrebbe portati di fronte all'Ara della Purificazione, per purificare ciò che era terreno rendendolo degno di riaccogliere l'anima dopo il Risveglio.
Gli alberi più antichi e saggi tra le Are cercavano di sfiorare le nuvole, restando aggrappati alla loro generatrice, la Dremas, con le loro possenti radici. Un lastricato di rosso marmo accoglieva l'altare di fredda pietra bianca. Il grande vaso funerario fu posto sul piano circolare dell'altare, e recitai le Parole Sacre, in lingua divina, quando i Fratelli Dorati contornarono la mensa:
Rendi partecipi della tua grazia
questi granelli di sabbia nell'aria.
Rendi partecipi del tuo destino
questa polvere per cui sono chino.
Rendi partecipi del tuo disegno
queste membra di cui l'animo degno
Trovò il vero coraggio di esistere
in questa terra bagnata dal sole.
Trovò il vero coraggio di nascere
nella Terra che morire non vuole.
Il silenzio pervase la natura. Gli uccelli che cantavano tra i rami degli Alberi Sacri divennero muti, le acque smisero di scorrere, il sole non portava più tepore, la terra sembrava morbida ai nostri piedi. La Terra lo sente. Sa che il figlio di Stragh è morto.

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Seinlef, re per destino
FantasíaQanulsui[Buongiorno], io sono Seinlef, Re di Castèra, e vi racconterò la mia storia. Sono nato in una povera fattoria ai confini del Regno di Rodamessal, mia madre, morta prematuramente, mi lasciò in balia della desperazione di mio padre. Ma il...