Seinlef
Eravamo rimasti in tre, anzi quattro. Io, il Conte, Tronie, e Nebur. Il Conte voleva riscrivere il mio destino, o forse era una pedina affinché potesse avverarsi. Adesso sono il Re di Castera, ma forse sto andando troppo oltre.
Avevamo perso l'orientamento. Probabilmente ci stavamo dirigendo verso la capitale, ma Tronie continuava a sbraitare, dicendo che sbagliavamo direzione. Io non sapevo com'era quel luogo tanto sicuro che i miei compagni di viaggio erano tanto ansiosi di raggiungere, ma l'avrei scoperto qualche giorno dopo. Continuo a divagare. Torniamo al presente, anzi, al passato.
«Stiamo andando troppo a est, mio signore. Non voglio deridere il vostro senso dell'orientamento, ma ci stiamo solamente allontanando. A breve, secondo il mio ragionamento, saremo a tre giorni di cammino da Muria.»
«Non chiamarmi mio signore, Tronie, non siamo in presenza di nostro padre.»
«Perdonatemi, ma siamo davanti al ragazzo.»
«Dirai qualcosa a nostro padre?»
Non risposi. Non capivo bene di cosa stessero parlando. Oramai continuavano così da ore, e non si fermavano, neanche mentre mangiavamo.
Era buio, oramai, e non ci eravamo ancora accampati, e io avevo freddo, ma avevo paura di interrompere le continue discussioni.
Mi ricordarono le scenate di mamma quando papà tornava tardi dal mercato. Le discussioni nel cuore della notte mentre pensavano che dormissi. Mamma non era una donna perfetta, ma l'amavo, veramente, e l'amava anche papà. Una lacrima percorse la mia guancia sinistra, e la mia vista venne confusa dalla membrana d'acqua che si formò sui miei occhi.
Basta! Urlai, ma non mi ascoltarono. Basta! Ripetei. Ma mi accorsi di urlarmelo in testa, come se quel grido volesse bloccare quel ricordo.
«Basta!» La mia voce risuonò nella vuota foresta.
I due si voltarono di scatto: «Perdonaci, mio principe.» mi disse Tronie, i cui capelli cadevano pesanti e spettinati sul viso che pareva di un bandito, con le occhiaie e con i segni della guerra, evidenziati dalla luce della luna, che troneggiava alta, nel cielo, governando le stelle, che danzavano beate e ignare del proprio destino attorno alla Terra.
Il silenzio fu il solo suono che si udì per una calma che pareva infinita; una brezza leggera si alzò, tagliata dai nostri corpi eretti nella boscaglia.
Un rumore di fronde ci obbligò a voltarci in quella direzione. Tronie sguainò l'enorme spada, forse più lunga della mia altezza, e piegò leggermente le ginocchia e lasciando cadere l'elmo che teneva sottobraccio. Il rumore sordo del metallo che piombava pesante sulla terra umida fece spaventare un piccolo stormo di corvi appollaiati su un albero, che si disperse provocando un forte rumore d'aria smossa. E di nuovo il rumore nel cespuglio. Il cuore pulsava a mille. «Dietro di me, forza.»
Da dietro l'enorme gamba di Tronie vidi tutta la scena:
Un passo in avanti del Conte, preceduto dalla spada nera, e un cinghialotto fuggì di corsa dalle fronde della pianta bassa.
Io feci un salto, mentre Tronie e il Conte risero, mentre inguainavano le spade.
Un secondo rumore ci attirò, e zit, una freccia si conficcò nella gamba sinistra del gigante, che riafferrò l'elsa della sua spada e con la freccia conficcata nel polpaccio da parte a parte, corse verso un terzo uomo che ci aveva seguiti.
Il suono fu immediato. Un suono insolito, non familiare. Il suono dell'acciaio contro la carne, seguito da un tonfo sordo.
«Avevi il bisogno di dormire con la sua testa accanto alla tua? Non ti basta una sua ciocca di capelli?»
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Seinlef, re per destino
FantasyQanulsui[Buongiorno], io sono Seinlef, Re di Castèra, e vi racconterò la mia storia. Sono nato in una povera fattoria ai confini del Regno di Rodamessal, mia madre, morta prematuramente, mi lasciò in balia della desperazione di mio padre. Ma il...