Improvvisamente mi trovo in un un percorso buio, senza la minima luce che possa indicarmi qualcosa. Sento il freddo della notte che mi entra nelle ossa, fino a farmi tremare gli arti.
Cerco di abituarmi al buio, provo bloccare l'attacco di panico che sta cercando di impossessarsi del mio corpo.
Dove sono? Come ci sono finito qua?
Mi guardo le mani: sono livide, tumefatte e violacee; vedendo i miei abiti logori intuisco che devo essere lontano da casa da parecchio tempo, ma come è possibile?
Non mi ricordo nulla, niente di niente.
Ho il timore di camminare, non vorrei imbattermi in qualche spiacevole sorpresa, ma so che devo capire velocemente dove sono per poter trovare un modo di tornare a casa.
Come all'improvviso davanti a me appare una debole luce, forse proveniente da una casa in fondo al viale o qualunque cosa sia quello dove sto camminando adesso. Mi volto e mi guardo in torno un paio di volte, cercando un qualche punto di riferimento o almeno per cercare di captare una qualche zona abitata dalla fonte di luce, ma non riesco a scorgere nulla.
Mi do coraggio e, lentamente, inizio a camminare per il vialetto, facendo attenzione a dove metto i piedi; l'aria mi colpisce violentemente il viso, sembrano migliaia di aghi che mi perforano la pelle.
Uno, due, tre passi e la fonte di luce, invece di avvicinarsi, sembra allontanarsi da me, come se mi stessi muovendo all'indietro; uno strano senso di angoscia mi attanaglia lo stomaco e decido di allungare il passo.
Quasi mi metto a correre sentendo il fiato che diminuisce e il battito del cuore che aumenta a dismisura; ancora una volta la luce si allontana, lasciandomi sempre più nell'oscurità.
La paura inizia a prendersi il mio corpo, facendolo tremare senza sosta: sento il fiato diminuire continuamente, ma non voglio fermarmi o perderei l'unica mia via di salvezza. Devo correre, devo riuscire a raggiungere la libertà da questo luogo infernale.
Kurt si agitava continuamente, anche sotto effetto di calmanti, che sembravano non avere effetto.
La chemioterapia era iniziata da qualche ora e già il ragazzo sembrava stremato: lo avevano sedato per fare in modo che potesse riposare, ma anche nel sonno non sembrava volersi calmare.
Blaine era seduto accanto a lui e gli stringeva la mano, sospirando ogni volta che vedeva suo marito cercare in qualche modo di ribellarsi a quella leggera presa: non voleva lasciarlo solo e sperava solo che tutto passasse in fretta.
Il ragazzo sarebbe dovuto stare in ospedale un paio di giorni, per vedere se la chemio era sopportabile per il suo organismo, poi sarebbe tornato la settimana successiva per la seconda.
La cura non era certo iniziata nel migliore dei modi: non appena arrivato il ragazzo era stato preparato e fatto stendere sul lettino nel reparto, poi era stato collegato alla macchina e anche inizialmente tutto stava procedendo bene Kurt si era fatto prendere dall'ansia più totale, costringendo i medici a doverlo tranquillizzare.
Si era addormentato da poco, ma sembrava che dovesse durare ancora non a lungo, dato che il castano continuava a rigirarsi senza sosta nel lettino della stanza, sudando ed emettendo versi incomprensibili.
"Kurt..."
Blaine aveva intuito che il ragazzo dovesse essere tempestato da incubi, ma non riusciva a trovare un modo per poterlo calmare, sembrava una furia.
Era riuscito a convincere il suocero a prendersi un'ora libera, per non farlo stare in giro per l'ospedale, quindi si trovava da solo con il marito privo di coscienza.
Aveva tutto il tempo di pensare, anche se sapeva che non avrebbe dovuto: erano giorni che la paura non smetteva di tormentarlo, voleva solo che tutto quel dolore finisse una volta per tutte, che Kurt si rimettesse e che potessero tornare a vivere una vita normale, come avevano sempre fatto.
Si era tenuto per tutto quel tempo, perchè non voleva che nessuno potesse capire come stava realmente, doveva mantenere la forza anche per Kurt, non doveva farsi vedere debole di fronte a lui.
Si era ripromesso che non avrebbe versato lacrima che suo marito avesse potuto scorgere, si era giurato che sarebbe stato l'ancora del suo unico amore, la spalla sulla quale avrebbe potuto piangere e sfogarsi, la sua roccia in pratica.
Doveva ammettere, però, che vedere Kurt in quelle condizioni lo provava davvero molto, gli faceva stringere il cuore vedere il suo volto candido rigato dalle lacrime bollenti.
Era certo di non aver mai visto proprio marito talmente fragile e forte allo stesso tempo: era incredibile per lui vedere come Kurt riuscisse a rimanere in piedi anche al culmine del dolore.
Si asciugò una lacrima solitaria che era scesa dai suoi occhi, proprio in tempo affinché sentisse arrivare un'infermiera dalla stanza accanto, per assicurarsi che Kurt stesse bene.
"Signor Anderson?"
Il moro si voltò lentamente verso la figura femminile dietro di lui, cercando il contatto visivo con gli occhi scuri della giovane.
"Mi dica."
La sua voce era debole e piatta, quasi priva di emozioni apparenti.
"Vedo che il calmante non ha avuto molto effetto su suo marito, vuole che gli venga iniettata un'altra dose?"
La ragazza sembrava molto gentile, si poteva leggere nei suoi occhioni una sincera preoccupazione per le condizioni di quel ragazzo.
Blaine sospirò appena, sapendo bene che sedarlo ancora non avrebbe dato molti risultati positivi; scosse semplicemente la testa, come risposta negativa.
"Se le serve qualcosa non si scomodi a venire da me."
"Quanto manca alla fine della terapia?"
L'infermiera controllò la sua cartella clinica prima di rispondergli.
"Ancora un paio di ore, poi verrà riportato in reparto."
Blaine annuì semplicemente, tornando a guardare il marito mentre sentiva la ragazza allontanarsi.
Bastò semplicemente un attimo; Kurt con un balzo si alzò di scatto a sedere lanciando un grido, iniziando a tremare e a respirare faticosamente. Il moro per fortuna era lì con lui e fu il primo a soccorrerlo, sedendosi accanto a lui e stringendolo istintivamente tra le braccia, come a dirgli che c'era lui lì.
"Kurt calmati, era solo un incubo."
Il castano aveva gli occhi sbarrati e il cuore che batteva a mille, mentre cercava di normalizzare il respiro.
"Tranquillo amore, va tutto bene, ci sono io qua con te."
Kurt annuì appena, posando la testa sul cuore del marito e cercando di far scomparire quella strana sensazione di pericolo dal suo cuore.
Rachel quella notte aveva dormito male a causa di forti dolori alla schiena, quindi la mattina aveva deciso di rimanere a letto più del previsto, mentre il compagno andava a lavoro.
Una dei suoi primi pensieri era stato, ovviamente, il suo amato amico e aveva mandato un messaggio a Blaine per sapere se fosse potuta andare il pomeriggio, una volta terminata la prima chemio, a trovarlo in ospedale.
La risposta era arrivata poco dopo, positiva.
La ragazza aveva passato due giorni cercando di metabolizzare la notizia, era stato un duro colpo per lei e sapere di poter perdere da un momento all'altro una delle persone più importanti della sua vita certo non migliorava la situazione.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa per poterlo aiutare e sapeva che Blaine l'avrebbe certamente avvertita se ci fosse stato bisogno di qualunque cosa.
Decise che rimanendo a letto non avrebbe fatto nulla in tutta la giornata e si convinse ad alzarsi, per poi prepararsi e mettersi a cucinare qualche biscotto da portare all'amico in ospedale: non era certo una cuoca provetta, ma aveva imparato a fare qualcosa e ne andava fiera, in modo particolare dei suoi amati biscotti alle nocciole e cioccolato.
Sperava che il castano avrebbe apprezzato il gesto e ci stava mettendo tutto il cuore in quel momento.
"Andrà tutto bene, ricordatelo Rachel."
"Toc Toc."
Kurt e Blaine si voltarono all'unisono sentendo quella voce femminile proveniente dalla porta: era la loro amica.
Kurt sorrise teneramente e la invitò ad entrare in stanza, accomodandosi sulla poltrona.
"Ciao Rachel!"
La ragazza sorrise amorevolmente ad entrambi e andò subito ad abbracciare Kurt, mostrandogli poi la piccola confezione che aveva preparato.
"Cosa c'è qua dentro? Una piccola bomba?"
Kurt sorrise e Rachel lo guardò squadrandolo appena: certamente non perdeva mai il suo senso ironico.
"Non credo che sia in grado di sapere come si costruisce."
La mora diede un'occhiata di fuoco anche a Blaine, che ridacchiava sotto i baffi.
"No, spiritosi tutti e due. Sono solo dei biscotti che ho fatto con tutto il mio immenso cuore per il povero Kurt, ma vedo che non sono apprezzati!"
"Suvvia, non fare la tragica!"
Il castano allungò le mani, sorridendo.
A Rachel strinse il cuore quella vista: le braccia di Kurt erano segnati dai lividi degli aghi e il suo volto era molto più pallido del solito, come se qualcosa di strano turbasse il suo animo, ma non riusciva a capire cosa.
Qualunque cosa fosse l'aveva notata anche Blaine, che non staccava gli occhi da suo marito per poter captare ogni minimo segnale di cambiamento.
"Grazie per essere qua, davvero."
Kurt sorrise, tirandolo forse più di quanto avrebbe dovuto in realtà: inutile dire che quello strano incubo lo aveva veramente scosso.Note dell'autrice:
Sono giorni che ho questo capitolo pronto, ma non osavo metterlo perchè sinceramente non mi piace, ma non so come migliorarlo senza stravolgerlo, quindi mi sono finalmente decisa.
Se avete qualche consisglio vi prego di aiutarmi, sono persa ultimamente.
Nonostante tutto spero che il capitolo piaccia, aspetto recensioni di ogni genere.
Ah e ovviamente a scuola ci hanno riempito di compiti, quindi temo che sarà rallentata, ye (?) *sospira*
Alla prossima, buona lettura, un bacio.
Giulia Pierucci
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Courage, it will be Okay
FanficKurt e Blaine sono sposati da due anni e mezzo e i loro sogni stanno diventando realtà, hanno una vita felice a New York e lavorano come protagonisti in un moderno musical di Broadway; manca solo una cosa affinchè raggiungano il massimo della felici...