capitolo 2

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Il fischio del treno aveva coperto le ultime parole di sua madre, ma tanto lui, impaziente di partire, non aveva sentito né la felicità né il pianto della donna.
Le diede un bacio e salì.
La porta a vetri si chiuse dietro di lui.
E l'uomo non si voltò.
Non la salutò con la mano, non guardò fuori il paese che stava abbandonando.
Trovò un posto vicino a una bionda che si stava truccando. La guardava di tanto in tanto, anche se era troppo giovane per lui.
Mauro non era abituato a tutta la gente nel vagone, a dire il vero non aveva mai preso il treno.
Dalla sua nascita aveva vissuto in quel paesino e non si era mai spostato, non un viaggio nè una gita. Solo il campeggio della sua piccola cittadina.
Ma si era ambientato, come sapeva fare. Come un venditore convinceva e persuadeva ogni persona. Sapeva tirarsi ai suoi piedi ogni donna, ogni vecchio e ogni bambino.
E adesso puntava a quella ragazza.
Lei continuava con il rossetto rosso a marcare le labbra chiare. Non si accorgeva degli spostamenti dell' uomo alla sua sinistra.
Faceva cadere un fazzoletto, rideva, si schiariva la voce. Ma lei sembrava fuori da quel vagone, persino fuori da quel treno Perugia-Milano su cui era salito anche quell'uomo.
Ma soprattutto era immune alle attenzioni di Mauro.
Lei non sapeva della sua fama.
Lei era una semplice universitaria che prendeva il treno delle 7.21 per studiare. 
Ripose il rossetto nella borsa, prese il Block notes e iniziò a leggere. Si spostava sempre di più verso destra: quell'uomo puzzava.
Ma lei non sapeva perché puzzava, tanto meno di cosa puzzava.
Però osservandolo con la coda dell' occhio intravedeva della sua bellezza: i suoi occhi verdi e i capelli neri.
Si era accorta che stava scrivendo qualcosa su un'agenda. Sbirciò.
Ora, la scena poteva essere del tutto normale: una ragazza universitaria che studiava e un uomo sulla quarantina che scriveva un appunto sulla sua agenda.
Ma quello che scrisse lui, lasciò lei sorpresa, tanto da non riuscire più a studiare. Quell'uomo che prima aveva solo un aspetto anonimo, bello, sì, ma comune, adesso aveva un corpo, una mente, un modo di pensare e a lei venne voglia di parlarci.
Lui, accortosi di ciò, fece il primo passo.
-Cosa studi?
Quella domanda significava due cose: la bionda nell' appunto era lei, e quell'uomo seduto sulla poltrona 13 accanto alla sua, la conosceva.
Lei si ricordò della loro conversazione di qualche anno prima, con uno sconosciuto, e rispose allo stesso modo.
-Cosa sei, un professore? Fatti i cazzi tuoi.
Il linguaggio non le si addiceva, ma ripeté lo stesso ciò che aveva detto a 16 anni in quel campeggio.
-Veramente la domanda l'ho fatta io per primo, sorrise Mauro.
-Vattene.
Non voleva davvero mandarlo via, ma sperava che facesse come anni prima.
Lui invece sbarrò le labbra, si alzò e se ne andò.
Una venticinquenne nel vagone accanto iniziò a parlare con quell'uomo. 
Lei se ne accorse solo perché iniziò a seguirlo per il treno, lasciando incustodita la borsa e la valigia rossa nel portabagagli.
Lei lo prese per un braccio, lo trascinò fino al suo posto, accanto al suo.
Guardò con odio la donna, mentre il sorriso malizioso sulle labbra di Mauro tornò a stanziarsi fisso.
Ma lei non sapeva che quello che stava facendo inconsciamente era esattamente ciò che voleva lui.
Iniziarono a parlare civilmente, flirtavano, erano arrivati anche a toccarsi le gambe.
Lei lasciò che la sua destinazione passasse sulla targhetta illuminata tra due vagoni del treno, lo seguì fino all' ultima città, così lontana da tutto ciò che conosceva. Scesero insieme, per mano, a Milano.
Sette anni prima lei non l'aveva guardato in quel senso. Sette anni prima aveva solo pensato a leggere ciò che aveva scritto. E avrebbe dovuto farlo anche quel giorno.
Eppure sembrava non vederci più nulla. I suoi sentimenti erano spariti nella valigia che aveva lasciato sul treno, con gli occhi socchiusi guardava il mondo dall'alto.
Mauro era felice, aveva avuto quello che voleva.  Aveva vinto.
La ragazza che aveva al suo fianco e che non lo guardava, in realtà era ai suoi piedi, dipendeva solo da lui.
E aveva lasciato il cellulare sul treno.
Si accese una sigaretta che aveva chiesto a una coppia cinese. Gli avevano dato un sigaro.
Aveva ringraziato, e appena l'aveva acceso, tutto intorno a lui si era dileguato. Aveva compreso dove si trovava e con chi.
Si era fermato ad assaporare il gusto intenso del tabacco. Il sigaro però era finito quattro minuti dopo, nelle mani di lei.

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