capitolo 8

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Sandra aveva una sensazione strana, un misto di ansia e curiosità, riguardo a Marta. Quando la giovane infermiera disse quelle parole, Sandra rabbrividì. Fu un gesto spontaneo, involontario ed istantaneo. Non parlò, ma quando la giovane tornò nel corridoio per prendere un tè anche al signor Martino, lei si alzò dal letto, sopportando la forte lesione e ancora con il camice bianco addosso, sparì dalle porte a vetri dell'ingresso.

Ciò che successe dopo, preoccupò a tal punto Paolo, che ebbe anche lui l'onore di conoscere la bella ragazza che lavorava all'ospedale.

La bella macchina da corsa sfrecciava ad una velocità eccessiva per le strade di Milano. Non sapeva bene dove andare. Non sapeva a chi rivolgersi. Dopo la rapina tenne i soldi che avrebbe dovuto dividere con gli altri e partì, intenzionato a trovare la moglie e quel bastardo che gliel'aveva portata via. Aveva intenzione di ucciderlo, più per orgoglio personale che per amore della donna. 

E se lo denunciassi? Rapimento e abuso personale.  pensava. Non potrò ucciderlo. 
Dopo la furia iniziale Mauro iniziò a provare un sentimento di amaro disprezzo, ma nei momenti in cui era sul punto di lasciar perdere, ripensava all'orgoglio e accelerava. Impostato il navigatore, si diresse verso la città preferita della moglie, tre giorni dopo che lei l'aveva lasciata. 
Parecchie ore d'auto dopo, parecchi sorsi di whisky dopo, arrivò a Venezia. 
Ciò che ebbe l'arguzia di pensare fu che se il pezzo di merda l'aveva portata lì, avrebbero dovuto visitare la città a piedi. Armato e affamato andò svelto in una villetta di periferia, tappa che la coppia avrebbe dovuto certamente fare. La casa era gialla, piccola, le persiane verdi, sporche e provvista di due piccoli alberi nel giardino laterale. La vecchia che ci abitava era fatta della stessa pasta di Mauro. Era forse l'unica parente di Marisa che gli andava a genio. 
-Ciao Maria.
Entrò, sbattendo la porta, come se fosse tutto scontato e come se la sua visita fosse abituale.
-Ti aspettavo. 
La donna non si voltò nemmeno, la voce stanca e annoiata non mostrava il minimo interesse per l'uomo che era appena entrato: sapeva come difendersi.
-Quindi era qui.
-Chi ha detto questo?
-Maria, ho una pistola, attenta a quello che dici.
-Vuoi della pasta? Non chiamarmi in quel modo.
Era abitudine comune, in famiglia, che le donne fossero l'esatto contrario di ciò che il loro nome significava: se Maria era un nome religioso, la vecchia zia era volgare e irrispettosa. 
-Solo se parlerai. O Nychta morirà. 

Il cane mugolava senza sbattere la coda, sotto al tavolo della cucina, intuendo la tensione della situazione. 
-Spara pure a quel bastardo, parlerò solo se vorrò. Hai intenzione di uccidere anche me? No perchè almeno inizio a mangiare la pasta... il sugo è ancora freddo, che ne dici di riprendere la pistola tra dieci minuti?
-Dannazione Nina, non ci riesco... dammi da mangiare.
L'alternativa al nome non apprezzato era Nina, anche se nessuno sapeva il vero motivo.  
Mauro era esausto, si accasciò sulla sedia e lasciò per la prima volta dalla sua partenza che le lacrime gli rigassero le guance, smise solo quando Nina tornò armata di forchette e coltelli, a servire il pranzo.

-Sai cosa? D'ora in poi non potrai decidere cosa succederà. Lei potrebbe non tornare più tra le tue dita. Se ha voluto farlo, beh, c'è una ragione. Quando è venuta qua un paio di giorni fa, lei era diversa, aveva un sorriso strano. Non so dirti se è perché era più o meno felice del solito. Non ti dirò neanche dove è diretta. Non ha mai raccontato a nessuno di ciò che le facevi. Ma io sapevo già, conosco la mia bambina, e anche i suoi pensieri. Sono stata in silenzio, perché questo è quello che voleva. Anche se mi sei simpatico, ho il dovere di difendere mia nipote. A costo della vita. Perché così mi disse sua madre.
Durante il discorso la donna arricció il naso e gli occhi si ridussero a piccole fessure nere. Mauro cambiò più volte espressione, dallo stupore che lei sapesse, alla paura del suo sguardo. Prevalse però la consapevolezza di essere sulla strada giusta, che ne causó un ghigno divertito.
-Quindi era qua.
Impassibile.
-Non ho intenzione di dirti altro.
Un sopracciglio alzato.
-Ti uccideró, sai?
Perplessità.
-Ho già detto quello che volevo dire.
Un boccone di pasta.
Prese la pistola e con un colpo deciso fece in modo che del suo viso si vedessero solo i capelli grigi. Il sangue intanto, si mischiava al rosso del sugo.
Altro boccone di pasta.
Salutó il cane.
Uscì.


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