capitolo 5

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-Un martini
Il barista la guardó divertito.
-Ma non lavori tu?
-E tu? Non dovresti servire la nonna all'ultimo tavolo? Sembra che la nipotina abbia fame...
Jean si giró e corse attento al tavolo per prendere le ordinazioni della bimba.
Quando tornò iniziò a preparare il bicchiere e il succo, ma tornò correndo.
-E io? Guarda che sto aspettando da un po'... vorrà dire che cambierò bar...
-Non ho intenzione di servirti un Martini alle 10 di un martedì mattina.. preferirei un sabato sera, magari verso le 11.
Lui sembrava teso, aspettava una sua risposta, ma Marisa continuava a fumare. Con calma. Lo guardava, guardava il bancone, la bimba e la nonna, poi di nuovo lui. Era perfettamente a suo agio.
E lui aspettava.
Quando finì la sigaretta chiese di nuovo del Martini, poi, se ne andó. Jean quella sera pensò molto a lei, senza sapere che ella si sarebbe presentata mercoledì mattina, alle 10, al portone di casa sua.

Lei iniziava a innamorarsi. In realtà aveva già iniziato quando lui era quasi inciampato mentre le portava il caffè il primo giorno, e lei voleva ridere, ma non poteva: doveva seguire le regole che si era data.
Era una sensazione nuova, diversa da quella che aveva provato con Mauro.
Le sembrava di lasciarsi cadere, sentiva gli stessi brividi di quando suonava il telefono per una telefonata importante, ma questo rischiava di rovinare il piano.
Era indecisa, ma le batteva forte il cuore.
Era insicura, ma sentiva le gambe tremare.
Era testarda, ma non poteva farne a meno.

Quella mattina, nonostante il lavoro, nonostante si conoscessero da due giorni, nonostante il marito di lei,  Jean e Marisa fecero l'amore.

Marisa era terrorizzata che lui chiedesse qualcosa dei lividi che aveva sulla schiena, sulle gambe, sul seno. Ma lui, quando l'ebbe vista le disse che era perfetta, non fece commenti per tutto il giorno.

L'appartamento di Jean era piccolo, decisamente piccolo rispetto al loft di Marisa e Mauro. Ma alla donna non dispiaceva, non c'erano poltrone di ultima moda, tavoli di vetro o porte scorrevoli, ma mobili vecchi, porcellane, una grande cucina rossa.
A quella casa non mancava niente.
Ovunque c'erano foto di viaggi, cartine, cartoline.
Jean era un po' imbarazzato, lei era una donna da tacchi alti e tubino, una che chiedeva un martini alle 10 del mattino, e non voleva farla scappare.
Ma a differenza di quanto pensasse l'uomo, lei era affascinata da tutto quello che li circondava.
-Partiamo? La fossetta sulla guancia sinistra di lei si mostrò per la prima volta.
-Dove vuoi andare?
D'un tratto si fece tutta seria
-Puoi scegliere tu.
-Per prendere l'aereo devi almeno avere i vestiti.
-No, restiamo qui ancora un po'...
-Ok. Rispose lui, le scoccó un bacio sulla fronte e la tenne stretta.
Rimasero così tutta la mattina, verso l'una lei si vestì.
Sorpresa della sua stessa pazzia glielo chiese.
-Posso rimanere?
Inizialmente lui ne fu stupito, poi, ancora senza vestiti, la tiró a sè, la bació e le sussurró all'orecchio quella che sembrava una conferma.
Lei era felice. Aveva deciso di lasciare tutto quello che aveva al suo posto, buttó il suo telefono nel cestino vicino al supermercato dove fece la spesa per il pranzo.
Da quel giorno non seppe piú nulla di Mauro.

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