capitolo 9

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Ok, forse è meglio fermarsi. Devo arrivare a quella panchina.
La testa le pulsava, la vena nel mezzo della fronte era talmente evidente che sembrava stesse per esplodere. Ma eyeliner nero, blush rosa sbarazzino. Occhi grandi. E pieni di paura.
Barcollava in mezzo alla strada, capelli raccolti in uno chignon sfatto, labbra quasi aperte. Eyeliner nero, blush rosa. Con le mani cercava qualcuno. Quel qualcuno si rivelò poi in un ragazzo abbastanza giovane che la prese a braccetto, senza dire una parola.
-Quella va bene?
Sandra sbatté le palpebre due volte.
Arrivati alla panchina il giovane si presentò. Lei lo osservò, ancora zitta. Lo lasciò parlare, anche se non aveva intenzione di rivelare informazioni personali.
-Senta... ero in sala d'attesa prima. Che sia chiaro, non la stavo seguendo. Stavo aspettando la mia fidanzata, Marta. Lei mi ha parlato di te.. cioè.. di lei, signora.
Sandra ascoltó il suo cuore che accellerava. Sorrise.
-Dammi pure del tu
-Bene... ecco. So che stai cercando Jean. Marta non sa che sono qui, ti ho visto andare via anche se lei doveva parlarti. Ecco, lui era da qualche giorno che mi sembrava strano. Finché non l'ho più visto. Ha avuto dei problemi famigliari, nell'ultimo periodo ha dovuto partecipare al funerale di sua madre.. per questo non è venuto al bar.
Sandra sapeva vedere. E ci vedeva bene. Sapeva quanto le parole di quel ragazzo fossero false, ma tentó ugualmente.
-Abitavano insieme?
-Si...
-Non voglio chiederti dove, non vorrei disturbarlo, ma vorrei spedire una lettera a quel povero ragazzo.. sai, il mio telefono si è rotto.

Per la seconda volta in quella giornata la macchina da corsa superò il limite consentito. Ma non dopo aver trovato qualcosa che gli avrebbe indicato la strada. In una lettera datata qualche giorno prima, appena scartata da Maria, c'era il nome e l'età del figlio di puttana che aveva rapito la sua povera, dolce e ingenua moglie.
E dopo qualche ricerca era riuscito a trovare l'indirizzo.
Era lo stesso indirizzo che, scritto su un biglietto dell'autobus teneva Sandra nella mano sinistra.
Sulla spalla destra, la borsa.
Aveva manipolato un po' quel ragazzo ingenuo, a cui era stato dato l'ordine di mentire e alla fine le aveva dato la via, il numero civico e addirittura, dopo qualche bugia, il piano. Ora si dirigeva a passo svelto verso il luogo dell'incontro. Sapeva bene che non lo avrebbe trovato.

Tre ore dopo, i loro sguardi si scontrarono per la seconda volta. Anche se entrambi ricordavano bene la prima. La benda sul cranio di lei rendeva tutto reale, quasi se lo aspettavano. Al momento dell'incidente Mauro sapeva già che avrebbe rivisto quello sguardo.
Non potendo perderselo per la seconda volta, in ascensore la fissó.
La fissò come si fissano le cose più belle in vetrina, ma che non ci si può permettere. La fissò come se fosse uno splendido cristallo, in una grotta profonda, al di fuori da tutto e da tutti. La fissò con l'amaro in bocca, la mascella serrata e lo sguardo fermo.
Ma la fissò soprattutto come una donna che non può essere guardata, come un controsenso alla regola. Come se solo lui potesse guardarla.
Lei invece osservava i pulsanti illuminarsi uno alla volta, fino a quando la porta si aprí.

Ora, lo stupore e la velocità di reazione ad un evento possono essere molto diversi, ma l'arzilla madre del giovane francese stupí entrambe le persone che entrarono dalla vecchia porta di legno massiccio. Gli occhi vispi e attenti, la lente destra degli occhiali da vista crepata.
E una padella.
Il vestito lungo, quasi una vestaglia.
Le braccia tremanti, ma che reggevano una grande padella di ferro che avrebbe potuto uccidere un uomo.

-Mi state dicendo che siete i rispettivi fidanzati di Jean e Marisa?
-Marito signora.
-Conoscente veramente...
-La può smettere di urlare? Le fa male, è diventata tutta rossa.
La signora si mise a posto i capelli e continuó.
-Beh, non so dove siano, non so dirvi niente.
-Mente.
Marisa osservava.
-Siete venuti a minacciarmi? Dovrò cambiare casa, ormai è diventata una moda...
-Come scusi?
-Oh no, niente.
-Signora, la prego. È l'unico appiglio che mi resta. Mia moglie è sparita. Non vorrà impedire a un marito disperato di cercare la sua dolce metà.
Pronunciando le ultime parole la voce di Mauro prese un'intonatura strana. A Marisa venne da ridere, ma non disse una parola.
-Non metterò in pericolo la vita di mio figlio. Che si tratti o no di tua moglie. Ho visto la tua pistola, sai?
Sandra si irrigidí. Ma guardó l'uomo con occhi malinconici.
-So a chi dobbiamo rivolgerci.

Il rombo del motore lo sentí anche la vecchia donna, che spió dalla finestra preoccupata. E se avessero trovato il suo bambino?

Mauro non avrebbe mai lasciato la sua piccola nelle mani di una sconosciuta, mentre Sandra non sarebbe mai salita in macchina con un uomo armato. Eppure lasciatasi convincere dal dolore che si era spostato sulla nuca, salì in macchina.
-Dove andiamo?
-Da quando siamo noi? Io decido e tu schiacci i pedali.
- Dimmi la via.
Pugno stretto sul volante.
-Scordatelo. Mi sparerai?
-Solo se dovró.
-Bene. Ora svolta a destra.
Ridendo, il colore delle sue guance cambiò sotto gli occhi di entrambi, anche se mascherato dal rosa del blush della donna.




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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 14, 2017 ⏰

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