dodici

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[Luke]

Gettò a terra l'asciugamano bagnato con cui si era scompigliato i capelli umidi e si appoggiò con entrambe le mani al bordo del lavandino in ceramica.

Quando sollevò la testa, incontrò il riflesso del suo viso nello specchio che aveva di fronte.

Si staccò bruscamente dal lavandino e si appoggiò con la schiena nuda contro la parete fredda, chiudendo gli occhi e sospirando pesantemente.

Le mattonelle gelide contro la sua pelle infuocata erano fastidiose, gli facevano salire dei brividi lungo la colonna vertebrale.

Delle goccioline colate dai suoi capelli umidi gli scivolarono lungo il collo, poi giù dalle spalle, lungo tutto il solco della schiena.

Le palpebre erano abbassate, le iridi oscurate; tutto ciò che vedeva era un nero stomacante ed un residuo di luce artificiale del lampadario sopra la sua testa a trasparire dal sottile strato di pelle.

Le ciglia erano bagnate, le sentiva posarsi fresche sui suoi zigomi; la punta del naso era gocciolante; le labbra erano semiaperte e umide.

Il petto scintillava per via delle goccioline d'acqua rimaste impigliate nella peluria invisibile che vi campeggiava al centro.

I ricordi di quella sera riaffiorarono, come un fiore che sboccia lentamente, che si apre, mostrando i suoi petali in tutta la loro magnificenza.

Adesso sulle sue labbra c'era il sapore di Calum; tra i suoi capelli c'erano le sue dita; sul suo naso era pressato il suo; contro il suo petto e lungo la sua schiena scorrevano le sue mani.

Lo percepiva ovunque, e ricordava perfettamente il suo calore, il suo sapore, la sua voce, il suo aspetto.

Ricordava esattamente ogni più piccolo dettaglio, ogni singola sfumatura di colore dei suoi occhi e la consistenza della sua bocca.

Ricordava tutto vividamente, troppo vividamente, così tanto che percepì poco dopo un calore familiare, localizzandolo immediatamente in un luogo preciso del suo corpo.

Sgranò le palpebre, colto dal panico e dallo stupore, e guardò in basso.

«Merda.» grugnì, gettando nuovamente la testa contro la parete, causando un leggero tonfo, e serrando le mani in due pugni per evitare di muoversi.

Strinse i denti, fissando il soffitto sopra di lui, cercando di regolarizzare nuovamente il respiro, che era diventato incredibilmente affannoso ed accelerato.

Sentiva il cuore battere incessante contro il basso ventre, i condotti sanguigni bruciargli e un fastidioso quanto esigente bisogno.

Chiuse nuovamente gli occhi, li serrò forte, cercando di calmarsi e di concentrarsi su altro.

Ma a quel punto, prima che potesse fermarli, altri ricordi gli investirono la mente, con la stessa brutalità di un treno in corsa che non si ferma per alcun motivo.

Stavolta nella sua testa risuonarono i gemiti di Calum, ricomparvero le sue mani avvolte attorno a sé.

Un mugolio esasperato gli lasciò le labbra: si stava eccitando come un quindicenne.
Dio, quanto era patetico. Era decisamente vergognoso, pensò.

Prima che potesse fermarsi, una sua mano era già scivolata lungo il petto bagnato, arrivando a solleticare il ventre.

Aveva smesso di masturbarsi pensando a qualcuno all'età di quindici anni, era ridicolo.

Ma non riuscì a resistere, non poteva interrompersi, mentre, con lentezza, avvolgeva la mano attorno al suo sesso esigente.

Un sospiro di sollievo gli fuoriuscì dalle labbra, malgrado avesse cercato duramente di evitare tutto quello.

possessivity » cakeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora