Epilogo

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La lieve luce mattutina filtra dalla finestra illuminando in modo fiebile la coperta bianca. La persiana è aperta e così alcuni soffi d'aria mi passano sulla schiena scoperta. Non mi preoccupo di essere solo in jeans, è molto presto, ho tutto il tempo per mettermi la camicia.

Mi metto in piedi un po' controvoglia e prendo le gocce mentre ho lo sguardo fisso sul lato sinistro del letto. Perfetto. Senza una grinza, piatto. Come se non ci fosse stato nessuno. Forse perché è davvero così. Sono quattordici anni che su quella porzione di materasso non dorme nessuno. Nemmeno io. Perché quello era la sua parte di letto.

Vado in sala mentre ho tra le mani una tazza di caffè. Mi poggio al muro e inizio a fissare una piccola foto appesa alla libreria che lei mi aveva chiesto e che sempre lei usava ogni singolo giorno.

Poggio la tazza sul tavolinetto messo davanti il divano e mi avvicino alla foto per poi prenderla e osservarla meglio.
Una semplice foto scattata quattordici anni fa, rappresentante una coppia di ragazzi giovani e innamorati appena fuori la scuola mentre con le dita fanno il numero 95. Numero che sta a indicare il voto con il quale la ragazza ha superato la maturità.

Giro l'immagine e leggo sul retro la dedica, che si trova in basso, a destra per essere precisi. È scritta a matita, con una calligrafia particolare. Piccola, ma quasi frenetica. Ma dalle lettere quasi perfette, che sembrano stampate.

Grazie per questa avventura straordinaria. Ti amerò per sempre.
Con tutto il cuore e tutta l'anima,
                                                                                                  Giulia

Passo il pollice sù quella semplice frase e sento il cuore appesantirsi. A quanto pare quel ' Per sempre ' non deve esserci. O almeno lei non doveva averlo, secondo quel demente del destino.

Non dimenticherò mai quella notte. Quella chiamata che mi ha distrutto la vita.

Flashback

È mezzanotte e un quarto. Giulia dovrebbe tornare tra un'ora. Non sto in ansia, so bene i suoi orari. Ho però un brutto presentimento così afferro il cellulare.
Sto per chiamarla quando lei mi anticipa.
Rispondo, ma non è la sua voce a mio avviso troppo alta ad arrivare al mio orecchio.
È una voce adulta, da uomo. Ha un accento romano piuttosto marcato e sento che ha un groppo alla gola.

Poi quelle tre parole. Quelle tre maledette parole che mi hanno rovinato l'esistenza.

Giulia è morta.

Il telefono mi cade mentre sento che rischio di avere un attacco cardiaco. Lei non è morta, lei non può morire. Non è vero, è tutto un brutto sogno. Mi ripeto questa frase continuamente, come una inquietante cantilena. Purtroppo non serve. Cedo e scoppio. Piango, piango come non ho mai pianto in vita mia, piango perché la mia ragazza, una ragazza di diciotto anni è morta senza un vero motivo.

Fine flashback

Scuoto la testa e rimetto la foto al suo posto. Mi metto la camicia e vado al lavoro. Oggi ricomincia la scuola. Non è il mio primo anno da insegnante, ma l'idea di conoscere nuovi studenti mi da un minimo di felicità in tutta questa depressione che mi circonda.

I ragazzi sono seduti ai loro posti. È il loro primo giorno di liceo e si vede che sono emozionati. Fare l'insegnante non era nei miei piani, ma era un altro piccolo grande sogno di Giulia. Metto la mano in tasca e tiro fuori la sua collana con la paperella. La stringo nella mano e poi guardo gli allievi, che sono piuttosto emozionati.

Ignazio : Buongiorno ragazzi. Sono Ignazio Boschetto e sarò il vostro professore di lingue. Allora,  poiché è il primo giorno che ne dite di conoscerci ?

Li vedo rilassarsi, anche se non sanno da dove iniziare.

Ignazio : Allora, qualcuno vuole presentarsi ? Non dovete essere timidi o intimoriti. Nessuno vi criticherà e noi insegnanti siamo qui per aiutarvi.

Vedo una ragazza alzare le mano. Io annuisco e lei si alza, causandomi un tuffo al cuore.
Gli stessi boccoli castani chiari, gli occhioni dolci ma pieni di ansia e il sorriso timido.

X: Mi chiamo Giulietta Angeli, ho quattordici anni, ascolto molta lirica, il mio colore preferito è il blu, come sport corro tutti i giorni e credo fermamente nel destino.

Ignazio : È dimmi Giulietta, cosa intendi per " Credo fermamente nel destino " ? Non è una critica, è una mia curiosità.

Giulietta : Beh, credo che tutto quello che facciamo ci porti comunque a una determinata cosa. Magari possiamo evitare determinante situazioni, ma in ogni caso andremo sempre nel luogo o nella situazione alla quale siamo destinati.

Le sorridoe lei ricambia. Alla fine della giornata i ragazzi hanno legato tra loro e io mi porto la collana davanti il viso e sorrido ripensando alla donna che ha reso la mia vita bella da vivere.

Inizio a credere che lei mi abbia mandato un angioletto per ricordarmi che lei c'è e ci sarà sempre. In un modo o nell'altro.


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