Prologo.

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Londra, Settembre.

Quanti anni sono passati dall'ultima volta che sono stato qui?
Abbastanza direi.
Lo capisco dal rumore della porta mentre cerco di aprirla.

Devo metterci più forza del previsto, ed io non sono propriamente gracilino.
Il tempo l'ha indurita arrugginendola, come forse ha fatto un po' con tutti noi.

Entro nel salone silenzioso ed ancora così familiare nonostante tutto, il mio sguardo vaga basso, incerto nella stanza e, tra l'odore di chiuso e muffa che mi avvolgono, mi sembra di ritrovare anche altri odori.

Annuso l'aria per istinto e, chissà per quale assurda follia, alle mie narici arriva con forza l'odore pungente della birra fresca appena spillata, l'odore fruttato e dolce degli aperitivi consumati sera dopo sera su questi tavoli ormai pieni di polvere.

Inspiro più forte e sento vibrare intorno a me l'odore delle persone che passavano qui il loro tempo, le loro vite, persone che inconsapevolmente hanno lasciato qualcosa di loro tra queste quattro mura.

Un sorriso, un litigio, una canzone, degli sguardi che si cercano e si trovano, una risata sguaiata, delle promesse, parole su parole, sogni, forse speranze, un futuro perduto in un attimo.

E' ancora tutto qui, niente si è perso davvero.

Sospiro e quasi senza volerlo mi avvicino lentamente ad un tavolo ben preciso, lo trovo ancora li, dov'è sempre stato, nell'angolo del locale, accanto alla vetrata opaca che da sulla strada.

Questa polvere inizia davvero a darmi fastidio, ecco perché la gola mi si stringe appena e sento pizzicare gli occhi.

Già, la polvere.

Osservo il tavolo ancora un momento, mi mordo le labbra e quasi aspetto di avere il permesso per potermi sedere di nuovo qui, il silenzio mi da coraggio e lo faccio, nemmeno me ne accorgo ma la mia mano si muove da sola e va subito alla ricerca di qualcosa che sa di trovare sulla superficie usurata del legno.

Eccoli li, ci sono ancora, tutti.

Quei cinque nomi incisi malamente sul piano del tavolo.

Non se ne sono mai andati.

Loro.

Sorrido mentre li sfioro uno per uno, riappropriandomi della loro ruvidezza, soffermandomi in una carezza gentile, sento imprimersi nella pelle delle mie dita la sicurezza che mi hanno sempre dato.

Perché se è vero che il tempo ha rovinato tutto qua dentro, e la vita in qualche modo ha consumato anche noi, allontanandoci, facendoci quasi perdere, sono sicuro che, nonostante tutte le scelte sbagliate, nonostante il dolore, una cosa è riuscita a sopravvivere...la nostra amicizia.

Ed io sto letteralmente tremando.

Eppure adesso sono qui.

Sono pronto.

E sto aspettando.

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