Capitolo 21

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"How many nights does it take to count the stars.

That's the time it would take to fix my heart"



Come si riesce a dire addio?

Come si accetta dentro se stessi il fatto di non poter più vedere una persona, di non poterci più parlare, la paura di dimenticare il suono della sua voce, il suo odore, sapere che non vedrai più la bellezza del suo sorriso.

Come si convive con l'assenza, il vuoto lasciato, come si supera senza spezzarsi la voglia di raccontargli una cosa, per poi accorgersi all'improvviso di non potere più, come ci si abitua al frastuono del silenzio provocato dalla mancanza di quella persona nella tua vita?

E' davvero possibile superare il dolore per la morte di chi si ama?

Il tempo che scorre, la vita che continua inesorabile aiutano sul serio a lenire il costante bruciare di quella ferita?

Io credo che qualcosa dentro di noi rimanga spezzato per sempre.

E come può il mondo, il destino, forse un Dio permettere una cosa del genere?

Quanto c'è di sbagliato nel dover essere costretti a dire addio a chi ha condiviso la tua vita, le tue gioie e i tuoi dolori, a dire addio a uno dei tuoi migliori amici?
Come si può continuare a vivere in pace sapendo che te l'hanno strappato via dalle mani quando avevi giurato che non avresti mai mollato quella presa, che te lo hanno portato via troppo presto, troppo in fretta, senza neanche essere riuscito a pronunciare un saluto, un ultimo sguardo, una carezza.

Quanto dolore c'è nel rendersi conto che non sarà più qui per il tuo compleanno, per il suo, per ogni tappa fondamentale della tua vita, quando avrai bisogno di lui, che non ci sarà per vedere arrivare l'Estate imminente.

Quanto dolore può sopportare il cuore di un uomo prima di perdersi?

Ma soprattutto quanto è maledettamente sbagliato dover dire addio ad un ragazzo di appena 23 anni che si stava affacciando alla vita, che stava trovando il suo posto nel mondo dopo aver lottato con fatica, un mondo che finalmente si stava accorgendo di lui, che lo avrebbe amato, celebrato.

Un ragazzo che stava iniziando a realizzare i suoi mille sogni.

Tutti perduti.
Tutto sparito.
Anche lui.
Perduto per sempre.

Come si può accettare una cosa del genere?

Non so come facciano le altre persone, nemmeno mi interessa davvero, ma so che io non ci sono mai riuscito, io tutto questo non sono mai stato capace di accettarlo veramente, ho finto cercando di imbrogliare gli altri, me stesso, provando ad ingannare il dolore, mi sono nascosto sperando di sfuggire a quel senso di vuoto che sentivo aprirsi dentro di me.

Ho cercato, lottando come un disperato, di non provare niente e per un certo periodo credo di esserci davvero riuscito, ho seppellito chi ero nel fondo di quella buca che avevo scavato in me, sono rimasto insensibile al dolore altrui, alle lacrime, alla disperazione di chi amavo, incurante di tutto quello che si stava sbriciolando intorno a me, incurante soprattutto di me stesso.

Credevo che quello fosse l'unico modo per non essere sopraffatto dal dolore che non sapevo gestire, che non volevo affrontare, lo sentivo sbattere contro le mura che mi ero costruito intorno così come ogni altra emozione che avevo allontanato da me.

Non lasciavo che mi arrivasse niente, provavo a sopravvivere in quel modo.

Ed è stato così anche quel giorno.

Perché io non potevo accettarlo.
Non l'avrei mai fatto.

****

Londra 3 Aprile 2015 .

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