Emma la mattina dopo volle sapere ogni minimo dettaglio della serata. Era molto contenta per me da quello che diceva, ma in realtà non mostrava entusiasmo. Cercai di indagare sul suo di appuntamento, ma non proferì parola, cambiò subito discorso.
-Adesso quando vi rivedrete?- chiese, mentre si preparava per andare a lavoro. Aveva un nuovo provino ed era molto agitata.Bellissima, come sempre. I capelli castani scuro (si erano scuriti molto da quando era piccola) le arrivavano lisci a metà della schiena, il viso acqua e sapone le faceva risaltare i grandi occhi azzurri. Molte volte la invidiavo, era perfetta. Nonostante avesse il fisico da modella e mangiasse quasi esclusivamente insalata non le mancavano le curve: seno abbondante e proporzionato e un accenno di fianchi. Inoltre era alta, magra e con le gambe lunghe. Non come me che sono compressa!
Ero alta poco più di un metro e sessanta, non ero grassa, ma nemmeno magrissima, amavo mangiare e di certo per mantenermi anoressica come andava di moda non intendevo mettermi a dieta. Il seno non era abbondante, anzi; però mi avevano sempre detto che compensavo con un lato-b niente male. I capelli non troppo lunghi mi arrivavano sotto le spalle ed erano tinti castano-ramati. Gli occhi erano marroni e l'unica cosa particolare era che al sole, soprattutto d'estate, diventavano verdi, caratteristica che avevo preso da mio padre.
-Non lo so, non gli ho ancora risposto al messaggio di ieri sera!- non volevo sembrare disperata, quindi avevo preferito aspettare stamattina per scrivergli. -E cosa aspetti?!- mi rimproverò mentre prendeva la giacca.
Uscimmo di casa insieme. -Non lo so, dovrei rispondergli?- forse così sembrava che non mi importasse. -Certo!- non aveva tutti i torti, ma cosa potevo scrivergli? Questo sì, che era un problema. Pensai per tutto il tragitto fino all'università una risposta decente, senza molto successo.
Salutai distrattamente Emma, che gentilmente mi aveva accompagnata in macchina e andai verso l'aula di letteratura inglese. Mi avevano detto che mancava il professore, così la presi con calma. Solitamente i supplenti erano sempre in ritardo. Presi gli appunti dall'armadietto e il libro sotto braccio, pronta per una nuova lezione su Shakespeare.
Avevo la testa tra le nuvole e il cellulare in mano, intenta a formulare una risposta per Mattew mentre mi dirigevo in classe, quando andai a sbattere contro un muro. I fogli volarono a terra. Che disastro! Dovrei stare più attenta, finirò per uccidere qualcuno andando avanti così! Alzando lo sguardo mi accorsi che in realtà non avevo scontrato una parete. Divenni immediatamente rossa. -Ciao! Che ci fai qua?- era perplesso, ma mai quanto me. -Io studio qua.- replicai. Mi aiutò a rimettere a posto gli appunti. -Tu piuttosto, perché sei qua?- credevo avesse finito gli studi. -Mi hanno chiesto di fare il supplente.- sbiancai. -Letteratura inglese suppongo.- Com'è piccolo il mondo! La faccenda è più imbarazzante del previsto! -Come hai fatto?- sorrise divertito. -È anche il mio corso, sto andando in classe, seguimi!- sbuffai. Se per lui la situazione era divertente per me non lo era affatto.
Per tutta la lezione mi persi a guardare quegli occhi color mare. Mattew per rendermi l'esistenza impossibile continuava a tirarmi delle occhiate e a sorridermi. Così le mie compagne mi riempirono di domande. -Ma lo conosci?- mi chiese la mia vicina tirandomi una gomitata. -Che figo! Me lo presenti?- aggiunse un'altra. Se potessi non lo condividerei con nessuna e di certo non te lo presenterei. -Non ho idea di chi sia.- Cercai di fare l'indifferente. -Lo conosco solo di vista, l'ho incontrato per strada un paio di volte.- non funzionò. -Non ti credo. Continua a fissarti!- era vero. Lo sapevo, sentivo i suoi occhi addosso. Diventai rossa, troppe attenzioni, mi guardavano tutti.
Suonò la campanella, chiusi il libro con dentro i fogli degli appunti pieni di scarabocchi e mi incamminai velocemente verso la porta. Cercai di dare il meno nell'occhio possibile per evitare le domande impertinenti dei curiosi e soprattutto per scappare prima che lui se ne accorgesse. Troppo tardi, mi prese per un polso fermandomi. -Dove credi di andare?- mi sciolsi, sentendo la sua voce. Ci fu un vociare generale -Ohh.- le ochette iniziarono a bisbigliare. Odiavo queste cose da sempre.
In tutte le scuole c'è quel gruppo di ragazze definito "le oche". Alle elementari si credono superiori e se la prendono con gli "sfigati" (che poi, alla fine dei conti, chi ha il diritto di definire chi è sfigato o meno? Di certo non loro). Alle medie si truccano già e dimostrano almeno cinque anni in più, iniziano a seminare il terrore e spesso mettono in atto del bullismo psicologico (il peggiore). Alle superiori sono le cheerleader, sempre al centro dell'attenzione, le reginette dei balli, fidanzate con il più figo della scuola. All'università, non vi preoccupate, diventano semplicemente quelle senza cervello, quelle che hanno la voce stridula, che fanno gossip con le proprie amiche, ma che vengono a pregarti in ginocchio se le puoi aiutare o se possono prendere in prestito i tuoi appunti perché non riescono a studiare per un esame. Così arriva il momento della dolce vendetta.
Basta ignorarle, poi ti lasciano in pace.Sospirai e mi feci coraggio, ormai rossissima in volto. -Possiamo andare a parlare in un posto più appartato?- gli feci l'occhiolino, accennando con la testa al gruppo di ragazze che si era fermato a guardare la scena. -D'accordo.- ricambiò lo sguardo e sorrise, facendo spuntare la fossetta. Sentii dei gridolini, ma feci finta di niente e uscii finalmente dall'aula.
Vado a lezione. Ci vediamo nell'ora di pranzo davanti all'uscita.
P.S. Hai fatto colpo su tutte le ragazze del corso, cosa aspetti? Conquistale! ;)Frecciatina inviata. Dovevo farmi desiderare almeno un po'. Ero soddisfatta del messaggio finché non ricevetti la risposta.
Quindi anche su di te? ;)
Buona lezione piccola :*
P.S. Aspetto te, nell'ora di pranzo, ci vediamo dopo.Pensai alle sue labbra per il resto dell'ora di matematica. Avrei tanto voluto baciarle. Non sarà semplice rimanere concentrata andando avanti in questo modo. Dovevo smetterla di fantasticare e tornare sulla terra ferma il prima possibile. Altrimenti poi sarebbe stato troppo tardi.
Era l'ora di pranzo e davanti all'ingresso c'era lui ad aspettarmi. -Ciao! Come è andata la mattinata?- chiese con aria serena, come se niente fosse successo. -Da quando fai il professore?- dissi brusca. -Calmati. Sei un po' nervosa?- non mi stavo comportando bene nei suoi confronti, in effetti non mi aveva mai fatto niente di male. -Scusa, sono un po' stressata, troppi pensieri.- ero molto distratta.
Era lui che mi distraeva. Il suo fisico perfetto, le spalle ampie e i pettorali, il suo look da professore sexy: camicia bianca e giacca. Il suo profumo, i suoi capelli spettinati, i suoi occhi, il suo sorriso compreso di fossetta, le sue labbra. Volevo baciarlo, ma non potevo. Non lì, non era il momento. La sua voce...
Aspettate! Mi stava parlando? Cosa stava dicendo?
Tornai sulla terra ferma. Annui senza sapere cosa mi avesse chiesto. -Allora ci vediamo sabato alle 16 da te. Ti porto in un bel posto.- si voltò e mi lasciò lì con la bava alla bocca, gli ormoni in subbuglio e una voglia matta di averlo tutto per me.
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L'amore è una malattia
ChickLitUna storia d'amore come le altre, o forse no. Giulia è una ragazza normalissima che va all'università e per mantenersi fa qualche lavoretto, un giorno incontra per caso Mattew. Sembra quasi un film, Mattew è fin troppo perfetto e la loro storia ini...