12. Complicazioni.

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Domenica sera andai a letto relativamente presto. Non mi addormentai subito. Decisi di rispondere a Mattew:Ti pensavo e volevo fartelo sapere.

Non sembravo troppo disperata, vero?

Non mi rispose subito, così rimasi a fissare lo schermo in attesa. Nessuna risposta. Provai a prendere sonno, ma era inutile, continuavo a pensare a Mattew, a sabato sera e a quello che mi aveva fatto provare. Un dubbio non riuscivo a togliermelo dalla testa: cosa aveva da fare di domenica mattina?

Non conoscevo bene che persona fosse, sapevo davvero poco sul suo conto e sulla sua affidabilità. Stavo rischiando tanto, ma lo volevo. Volevo baciare quelle labbra carnose ancora, ancora e ancora. Toccare quel corpo perfetto. Guardarlo negli occhi, accoccolarmi sul suo petto e sentirmi al sicuro. Cazzo! Sono patetica! Sto affezionandomi davvero a lui.

Il telefono vibrò e scattai subito a controllare. Numero sconosciuto. Di nuovo. Questa volta aprii il messaggio: Spero ti siano piaciute le rose.
La faccenda era sempre più inquietante. Guardai anche il messaggio precedente: Devo confessarti ciò che provo, prima che sia troppo tardi.

Avevo bisogno di parlare con qualcuno. Avevo bisogno di Emma. Avevo bisogno di uscire da tutto questo indenne.
Provai a chiamarla, ma si inserì la segreteria telefonica: aveva il cellulare spento. Ormai era quasi mezzanotte e probabilmente era già andata a dormire.

Mi rigirai nel letto cercando di non pensare. Mi arresi e risposi al messaggio. Chi sei? ERRORE. Bhe, ovvio! Sono un genio, se il numero è nascosto come faccio a inviarlo?

Sperai e pregai che Emma l'indomani trovasse una soluzione, aveva sempre l'idea giusta. Controllai per la centesima volta il telefono sul comodino. Nessuna notifica. Basta! Che rabbia. Il mio umore dipendeva già da lui. Chissà cosa stava facendo Mattew. Dov'era? Probabilmente non mi sta neanche pensando.

Speravo che anche per lui contassi qualcosa e che non fossi solo una delle tante. Perché di nuovo? La mia corazza si stava sciogliendo. Il muro che avevo eretto per non soffrire ancora si stava sgretolando. Non di nuovo.. non potevo cascarci ancora. Non così presto.

Erano le 2 a.m. Tolsi la sveglia e avvisai Emma lasciandole un messaggio in segreteria: Sta succedendo di nuovo, domani mattina vengo da te. Ho bisogno del tuo supporto.

2.30 a.m. messaggio da Mattew: Ti ho sognata. Sorrisi spontaneamente, uno di quei sorrisi che arrivano fino agli occhi. Sembro un'ebete. Sono fregata!

Non riesco a dormire. Digitai sulla tastiera, ma per orgoglio cancellai il messaggio e spensi il cellulare.

MATTEW

Era stata una giornata davvero lunga e faticosa. Avevo appena finito di lavorare a un articolo quando Sophia mi aveva chiamato per vederci. Era strano che si facesse sentire solo per parlare. Solitamente aveva bisogno di qualcosa e finivamo sempre col litigare. Ultimamente non andavamo molto d'accordo, ma tenevo moltissimo a lei e avrei fatto tutto quello che voleva.

Ci incontrammo in un locale vicino a casa mia, aveva insistito perché non andassi da lei, ma non ne capivo il motivo. Non voleva che girasse per la città di notte da sola.

Arrivai, puntuale come sempre e lei non c'era. Per rilassarmi ordinai un Negroni, non funzionò, ero nervoso. Mi faceva sempre quest'effetto. Dovevo proteggerla.

Entrò nel bar bella come sempre e qualche ragazzo si girò a fissarla. Cazzo, dovevano smetterla di guardarla con quello sguardo da pervertiti! Che schifo! Mi alzai e le andai in contro. Ci sedemmo a un tavolo, sudavo.

-Eccoci.- dissi per far terminare quel silenzio imbarazzante. -Eccoci.- ripeté. Anche lei era nervosa. -Perché volevi vedermi?- Perché mi rivolgevo sempre in modo scontroso con lei? Respirai profondamente. Calmati. Mi guardò con quei suoi occhioni azzurri, riusciva a rimanere calma anche quando dentro aveva una guerra. La invidiavo per questo. -Forse è meglio ordinare qualcosa da bere, prima.- mi sorrise in modo innocente. C'era qualcosa sotto, me lo sentivo.

Fermai il cameriere, era il quarto Negroni e Sophia non aveva ancora sganciato la bomba. Finalmente mi ero sciolto e parlavamo tranquillamente. Mi raccontò del nuovo lavoro, della nuova casa.

-Sono incinta.- disse come se nulla fosse. Sbiancai. Non avevo abbastanza alcool in corpo per ricevere una notizia del genere. -Cosa?!- non potevo crederci. Non ne avevamo mai parlato prima, mi coglieva completamente alla sprovvista. Sorrise, ma non funzionò. La rabbia saliva e non riuscivo a controllarmi. Respira.. -Dovresti essere felice.- disse. Lo sono? Non saprei. -Dammi tempo.- riuscii a dire senza urlarle contro. Un grande passo avanti. -Dormi da me stasera, niente scuse, non torni a casa da sola e sono troppo arrabbiato per guidare!- alzai il tono. Mi guardò perplessa. Voleva rifiutare. -Torno con i mezzi se è un problema.- il suo tono era pacato. -No, non è un problema e non è la prima volta che rimani a dormire.- annuì. Le sorrisi, dovevo solo abituarmi all'idea.

Come potevo abituarmi all'idea? Sarebbe stata dura, ma non l'avrei mai abbandonata. Il bambino aveva bisogno di una figura paterna al suo fianco.

-Potresti trasferirti da me.- le proposi, mentre aprivo la porta del mio appartamento. -Lo sai come la penso, voglio la mia indipendenza.- era sempre stata testarda. -Ma avrai bisogno d'aiuto con la gravidanza e tutto il resto.- cercai di convincerla, mettendomi qualcosa di più comodo addosso. -Tranquillo, me la caverò.- ci sdraiammo sul letto e si accoccolò tra le mie braccia. -So che potrò sempre contare su di te.- sussurrò prima di addormentarsi.

Mi sentivo in colpa, non ero pronto per tutto quello che mi stava succedendo. Le poggiai una mano sulla pancia e crollai nel sonno. Ero stanchissimo e l'alcol mi annebbiava i pensieri.

La sognai. Sognai quegli occhi verdi, quelle labbra rosse e il suo profumo. Sognai un altro bacio, uno di quei baci che ti rimangono impressi nella mente. Avevo bisogno di lei. Mi svegliai troppo presto e mi resi conto che desideravo che fosse la realtà.

Erano le 2.30 a.m. Cercai di alzarmi senza svegliare Sophia e andai a prendere il cellulare. Scrissi un messaggio a Giulia, volevo farle sapere che era nei miei pensieri e soprattutto nei miei sogni. Avevo un forte mal di testa.

I miei sforzi furono inutili, Sophia si era svegliata e mi fissava sdraiata sul letto. -Scusa, non volevo svegliarti.- bisbigliai. -Era lei?- disse, in modo che sembrasse la cosa più ovvia del mondo.

Come faceva a saperlo?
-Stai sorridendo.- rispose sinceramente, come se mi avesse letto nel pensiero.

L'amore è una malattiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora