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<< Non correre, non riesco a starti dietro! E poi non sono sicura di voler stare da sola con te>> cerco di parlare, mentre lui si fa strada attraverso la gente. Non ho neppure avvisato i miei amici, devo almeno mandare un sms. Ed in fatti, non appena prendo il telefono, inizia a squillare, è Jackson.

<< Ehi>> lo saluto, accettando la chiamata.

<< Torna subito indietro, all'istante!>> urla nell'orecchio. Mi ha vista andare via con Rio, e adesso è in pena, lo capisco.

<< Tranquillo, non mi allontano. Al massimo arriveremo al parcheggio, sarò al sicuro, davanti alla gente non avrà coraggio di toccarmi e, comunque, non ha il sorriso raccapricciante, sta' bene>> spiego. Ho detto al mio amico del sorriso, che sta' a significare il non essere in sé. 

<< Mia!>> insiste.

<< Starò bene, non avere paura. Se c'è qualche problema, ti chiamo, stai tranquillo>> lo saluto e riaggancio. Siamo davvero nel parcheggio, ma sta' aprendo la portiera della macchina. Sarà bene mettere subito in chiaro che non lo seguirò da nessuna parte.

<< Non credo proprio. Non verrò in macchina con te, né in nessun altro modo. Restiamo qui, dove sono certa che non puoi farmi del male e dove ci sono i miei amici>> lo blocco subito. Stringe le mascelle, accusando il colpo ma se lo merita, mi ha fatto male, molto. 

<< Sto' bene, come hai detto tu, non ho il sorriso inquietante. Non mi sono drogato, non ho bevuto e sono calmo. Voglio stare solo con te, parlare senza essere interrotto e devo mostrarti una cosa>> spiega. Che faccio? Mi fido oppure scappo a gambe levate? Non so' che cosa fare, da una parte ho paura, dall'altra voglio dargli fiducia e mi voglio convincere che, questa volta, non mi deluderà. Ricordo cosa ci siamo dette, con Liz, prima di uscire e decido.

<< Okay ma, dirò ai miei amici dove sono e, se mi tocchi ancora, chiamerò la polizia questa volta e finirai nei guai>> lo avverto, alza le mani e dice, mormora, okay. Salgo in auto e prego di non pentirmene. Guida piano, al contrario delle altre volte, verso la periferia, ancor più ad Est, della città. Passiamo davanti ad un parco, popolato solo da gruppi di ragazzi che bighellonano e giocano a basket. Non so' come mai, ma mi ricordano alcuni episodi di Law & Order. Tira dritto, per un paio di isolati ancora e, dopo un paio di svolte, posteggia accostando al marciapiede che porta ad un palazzo fatiscente. L'intonaco della facciata è marrone sbiadito, le finestre hanno quasi tutte le sbarre e sono sporche. Il portone è costantemente aperto, l'androne, fiocamente illuminato, mette soggezione. Il linoleum del pavimento è gonfio, in alcuni punti, segno delle perdite d'acqua che infestano lo stabile. Scende e chiude lo sportello, non vorrà davvero portarmi qui?

<< Vieni?>> chiama. Oookay, vuole davvero portarmi in questo edificio marcio e puzzolente, ma aspetta, non è che ci vive? Smonto, sulla scia di questo pensiero, con la curiosità che mi divora. Prima però, cerco un cartello, una qualche indicazione, che mi dica dove ci troviamo, così da poter avvisare i miei amici.

<< 1203 Canal Street>> dice, capendo quello che voglio fare. Invio il messaggio e spiego quello che sta' accadendo. Risponde Liz, con un - Okay, stai in campana-, mentre lui fa strada attraverso il corridoio. Saliamo per due rampe di scale, incontrando ogni genere di persona e, a quanto dice, anche un Boss della malavita russa. Che posticino tranquillo e rilassante! Arriviamo finalmente al nostro piano e si ferma davanti ad una porta, non troppo ridotta male, prende delle chiavi e apre. L'interno non è granché ma neppure messo da schifo come mi aspettavo. Sono tre locali, cucina-soggiorno, camera da letto ed un piccolo bagno. Le porte sono aperte, l'arredamento spartano e basilare, nessuna pianta, quadro o fotografia. Un tavolo, a cui è stato messo un sostegno sotto ad una zampa, due sedie. Alcuni pensili, mangiati in alcuni punti dai tarli, una piccola stufa a quattro fornelli ed un microonde, con accanto una caffettiera. Un divano( letto?) rosso da cui spunta l'imbottitura, per colpa della stoffa sdrucita e consunta. La camera non sembra messa meglio, un letto in legno scuro, nessun armadio, un cassettone ed una sedia su cui c'è un mucchio di vestiti. Una lampada da tavolo, poggiata su una pila di libri che, immagino, fungano da comodino. Le pareti hanno delle enormi macchie di umidità ed il pavimento non vede manutenzione da secoli, però tutto è pulito.

SIAE Darkness & Light Vol.1- Daniel Sharman AMAZON. Pubblicato 09 Ottobre 2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora