The operation.

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Sbiancai a quella frase.

«Per inventare una nuova identità, nasconde qualcosa di molto grande.»

«Dovremmo usare il riconoscimento facciale. Nel tuo ufficio ci sono telecamere?» mi chiese Antonio.

«No, non che io sappia. Posso chiedere al...»

«No, nessuno del tuo ufficio deve sapere niente. Dovremmo fare un identikit. Domani, prima di andare a lavoro vieni in caserma per il riconoscimento.» 

«Per caso dovrò fare anche l'infiltrata, avere un microfono...?»

«Voglio evitare ciò. La tua vita non deve essere a rischio per colpa mia.»

Gli sorrisi.
Amavo quando si preoccupava per me.

Il giorno dopo, feci l'identikit. Ero brava a disegnare, ma i ritratti non erano il mio forte; così mi feci dare una mano da Mouse, che a mio parere era molto bravo.

Il riconoscimento diede un riscontro:
Joel Cavaraz.
Aveva precedenti per spaccio di piccole quantità di erba e cocaina, ma il peggio era che aveva un omicidio alle spalle, di un grande uomo d'affari, ed era uscito per buona condotta.
La mia più grande curiosità, era per il mio capo: era a conoscenza del passato di Bryan/Joel?

Da una parte, ero leggermente terrorizzata di stare in un luogo chiuso da un simile criminale, ma volli andare lo stesso a lavoro per non suscitare sospetti.

La squadra si stava preparando per andare alla presunta casa del killer.

«Qualcunque cosa, chiamami. Anche il minimo sospetto. Fai attenzione, ti prego.»

«Certo. Fa attenzione anche tu.»

Ci salutammo con un bacio, uscì dal distretto e chiamai un taxi.
Appena arrivai a lavoro, incrociai il mio capo.

«Hasson...anche in ritardo ora. Non ti basta il poco lavoro che stai svolgendo? Non sei più come prima, non disegni più gli stessi abiti originali di una volta.»

«Sí lo so, mi dispiace signor Brooks, ho avuto un contrattempo. Mi impegnerò di nuovo come prima, stia certo.»

Mi sorrise e poi uscì dall'ufficio.
Il mio capo, Michael Brooks, era il classico uomo d'affari affascinante. Era sulla trentina e aveva diversi matrimoni alle spalle, senza figli; non sapevo altro della sua vita.

Arrivai alla mia scrivania e mi sistemai. Avevo molte idee, ma ero distratta da altri pensieri.
A circa 2 metri da me, c'era la postazione di Joel.
Non so se fosse un impressione, ma le poche volte che alzava la testa mi fissava, in malo modo.
Dovevo passare quasi tutta la giornata in quel modo, e a quel pensiero mi venne l'ansia. Sentivo una strana sensazione allo stomaco, iniziava a girarmi la testa.
Andai sul tetto per prendere un po' d'aria. Chiusi gli occhi e cercai di rilassarmi con quel silenzio tombale, e un leggero sottofondo dei rumori della città.
Tutto ciò venne interrotto dal mio telefono che iniziò a squillare: era Gabby.

«Pronto...Gabriella?»

«Hey, tutto bene?»

«Sì, perché?» avevo ancora un tono preoccupato, non ero riuscita a calmarmi del tutto.

«Sam...ti conosco meglio di tutti. Non stai bene, riconosco il tuo tono di voce. Antonio mi ha chiamato, voleva che ti facessi compagnia nella pausa pranzo. Mi ha detto qualcosa su quel tipo, il tuo collega. Ci vediamo da Perez. »  

«Va bene Gabby, a dopo.»

Attaccai e ritornai di sotto, cercando di stare calma e incurandomi di Joel.

Protect Me - Antonio DawsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora