Capitolo 10: Sangue divino

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Non tornai per una settimana nella sede dei Guardiani. Non avevo voglia di rivedere Will: aveva un attegiamento troppo strano. Inoltre avevo bisogno di più tempo per studiare e prepararmi al primo esame.
Ogni sera mi dedicavo a leggere e imparare "Il codice".
Scoprì che cento anni dopo la creazione dei Guardiani, un demone riuscì ad arrivare sulla Terra, scelse quattro criminali e li proclamò "Anonimi".
Da secoli, il compito degli Anonimi era quello di sottrarre i grandi poteri divini ai Guardiani. Nelle vene degli Anonimi scorreva sangue di demone mischiato a sangue umano.
Gli Anonimi desideravano da sempre scoprire il segreto dei Guardiani e acquisire la loro capacità di persuasione.

Dopo una settimana, mi feci coraggio e un pomeriggio ritornai nella sede.
Quella volta ad aprirmi fu un altro ragazzo, leggermente più magro e basso di Will e Mark. Aveva le mani sporche di pittura, gli occhi verdi e i capelli castani. Aveva i lineamenti delicati e uno sguardo gentile.
-Sei Crystal giusto? Io sono Jackson, piacere di conoscerti- mi disse mentre ci stringevamo la mano.
Mi portò in una stanza in cui venivano fatti gli addestramenti e mi lasciò da sola. Solo dopo qualche secondo mi resi conto della presenza di Will in un angolo della stanza.
Era abbastanza grande e spoglia, con qualche strumento appoggiato ai muri e una libreria molto grande in legno.
-Will..- dissi quasi in un sussurro. Quando ero con lui mi dimenticavo di tutto e mi concentravo solo sulle nostre conversazioni. A volte mi ritrovavo a guardare attentamente i suoi occhi, senza capire cosa provasse. Era un mistero per me e avevo bisogno di risolverlo.
-Scusami- mi disse dolcemente -sono stato troppo duro con te l'altro giorno, mi dispiace-.
Con quelle semplici parole mi addolcì il cuore e io fui subito molto meno tesa.
Gli sorrisi e mi avvicinai a lui.
-Hai letto il Codice giusto?-.
Io annuì.
-Allora possiamo iniziare a fare un po' di pratica, seguimi- mi disse.
Mi prese la mano, facendomi rabbrividire, mentre mi portava in una stanza situata in fondo al corridoio principale del teatro.
Era molto più piccola delle altre e molto più confortevole: aveva un piccolo divanetto rosso, un camino, una libreria e un pianoforte.
Mi fece sedere sullo sgabello del pianoforte e si mise vicino a me: i nostri corpi si sfioravano, lasciandomi delle strane sensazioni.

Durante il pomeriggio mi insegnò a posizionare correttamente le mani sui tasti e a suonare qualche nota. Mi affascinò molto quello strumento e già da quella prima lezione mi legai molto emotivamente al pianoforte. Non mi mostrò come usare i miei poteri perché non ero ancora abbastanza pronta.
Mentre mi mostrava un piccolo accordo posò la sua mano sulla mia per aggiustare la posizione delle dita e di nuovo fui percorsa da un brivido.
Mi lasciava nel corpo delle sensazioni mai provate prima che mi toglievano il respiro. Mi sentivo scossa dai nostri contatti e il suo tocco delicato mi faceva impazzire. Cosa mi stava succedendo? Non ero più in me.

Prima di uscire dalla sede lo salutai:
-Grazie di tutto Will- dissi sorridendo.
-Torna presto per la prossima lezione- mi disse lui salutandomi con una mano.
Ma prima che io potessi aprire il grande portone fece un fortissimo colpo di tosse e cadde a terra.
Iniziò a sputare sangue e io rimasi paralizzata e spaventata.
Subito comparvero Mark e Jackson: lo alzarono da terra e lo portarono via.
Li seguii su per le scale, fino a che non arrivarono in una camera da letto.
-Vai via- mi disse Will tra i colpi di tosse -non rimanere a guardare-.
Ero molto spaventata.
-Non c'è bisogno che tu rimanga a guardare- mi disse Mark.
-Sappiamo cavarcela da soli- aggiunse Jackson, facendomi gesto col braccio di lasciare la stanza.
Così me ne andai, con l'orribile immagine impressa nella mente di Will con la camicia insanguinata e il volto sofferente.
Avevo molta paura. E se lo avessi perso? Era l'unica persona con cui avevo veramente legato.
Perché non l'avevano subito portato in ospedale?
Mentre ero sull'autobus l'ansia in me crebbe e i battiti del mio cuore iniziarono ad aumentare.
Non potevo aspettare un giorno per rivederlo, l'ansia mi avrebbe ucciso.

Quella notte non chiusi occhio: guardavo spesso il telefono sperando di avere sue notizie.

La mattina dopo a lezione non riuscì a stare attenta e la preoccupazione in me cresceva sempre di più.
Il pomeriggio mi recai subito alla sede dei Guardiani.
Non avevo ancora le chiavi del portone così bussai a lungo senza ricevere una risposta e senza che qualcuno venisse ad aprire.
Dopo cinque eterni minuti, Jackson e Mark mi aprirono la porta squadrandomi dall'alto al basso.
-Che ci fai ancora qui?- mi dissero
-Io ho tutto il diritto di stare qui- risposi io offesa.
-Sei solo venuta per darci la tua compassione-.
Quelle parole mi colpirono profondamente e senza ripensarci, con tutta la forza che avevo in corpo irruppi nella struttura. Iniziai a correre e a percorrere le scale che avevo visto il giorno prima; sentivo i passi di Mark e Jackson dietro di me.
Sentii le lacrime scorrere sul mio viso mentre cercavo disperatamente la stanza di Will.
Sentii un debole suono, una voce.
Mi chiamava e ripeteva il mio nome: cercai di capire da dove provenisse.

E finalmente trovai la stanza di Will.
Mi ci catapultai dentro e chiusi la porta alle mie spalle. Scoprii che a chiamarmi era proprio lui.
Era steso sul letto: aveva una semplice coperta ed era a petto nudo.
I suoi addominali erano abbastanza scolpiti e fui sorpresa nel vedere dei tatuaggi sparsi sul suo petto.
-Pensavo ti fosse successo qualcosa- dissi tra i singhiozzi e le lacrime.
Mi inginocchiai vicino al letto e con il dorso della mano mi portai via le lacrime.
-Avevo paura..di averti perso- dissi timidamente senza guardarlo. L'ansia in me era svanita e iniziavo finalmente a non vedere più tutto nero.

Mi alzò il mento con un gesto delicato della mano, in modo che lo guardassi negli occhi.
-Sto bene, non mi perderai mai- mi disse, facendomi scoppiare in lacrime.

CRYSTAL- The music of the AngelsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora