Look into my eyes, it's where my demons hide

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– Mamma non c'era bisogno che mi accompagnassi – guardo fuori dal finestrino e sento già lo stomaco chiudersi in una morsa. L'entrata del liceo Benjamin Franklin sta proprio di fronte a me, e credo di non essere mai stata tanto nervosa in vita mia.
– Cosa? E perdermi il primo giorno di liceo della mia bambina? –
– Isebelle, le distanze prego – evito uno dei suoi spassionati abbracci e scendo immediatamente dalla macchina, onde evitare di finire di nuovo nella sua morsa. – Ci vediamo a casa –
– Non vuoi che ti accompagni dentro? O che ti venga a prendere? Non conosci ancora bene la strada! –
– Meglio perdersi, fidati – mi volto velocemente scontrandomi con qualcuno. Ottimo inizio Rose. – Oddio scusami tanto... – mi si gela il sangue quando noto che, la persona in questione, è Daniel. Perfetto, come iniziare bene la giornata.
– Sei davvero un disastro – roteo gli occhi al cielo, decisa a superarlo e a pregare di non avere nessuna lezione in comune con lui. Tuttavia, i miei tentativi di fuga vengono stroncati dal ragazzo stesso, che avvolge le dita intorno al suo polso e mi trascina vicino a lui. – Almeno sai da che parte devi andare?
– No, ma è sempre meglio che restare qui e farmi insultare da te – un sorriso furbo compare sul suo volto e, senza tante cerimonie, comincia a trascinarmi verso l'interno della scuola, senza curarsi delle mie proteste.
– Ciao ragazzi – rivolge un saluto a Daisy, Audrey, Diana, Albus e Chris, che guardano la scena divertiti. Tranne Diana, ovviamente. Lei sta sperando che mi colpisca un fulmine. O un meteorite. O qualsiasi cosa che possa farmi scomparire all'istante. – Ho voce in capitolo in questa storia? –
– No bambolina, e poi voglio solo divertirmi un pochino. Sei così remissiva, non ti ribelli. –
– Perché so che perderei in partenza...e poi, non vorrei passare per pazza il primo giorno di liceo. –
– Già, perché essere trascinata per tutta la scuola come un sacco di patate è molto meglio, devo dire – Daniel mi lascia andare di colpo ed io perdo l'equilibrio. Voglio tornare a San Francisco. – Questa è la segreteria, potrai trovare tutte le informazioni che ti servono, sempre se prima non urti contro qualcosa, credo che sia meglio che foderino l'intero edificio di gomma piuma –
– Perché mi aiuti? – si stringe nelle spalle per poi scoppiare a ridere di gusto.
– Non ti sto aiutando, sono solo annoiato, e vederti annaspare per la qualsiasi mi diverte parecchio – mi dà un colpetto al mento, mi fa l'occhiolino e se ne va.
– Questo ragazzo è totalmente fuori di testa – borbotto.
– Dolcezza ti serve aiuto? – sussulto sentendo una voce femminile alle mie spalle. Una vecchietta dai capelli argentei mi guarda, sorridendo. Ma hanno tutti il vizio di spuntare all'improvviso in questa città?
– Oh ehm sì, avrei bisogno dell'orario delle lezioni e del numero del mio armadietto, mia madre mi ha iscritto da San Francisco una settimana fa, quindi non ho nessun indicazione – la signora spinge delicatamente gli occhiali dorati lungo il naso adunco, apre un cassetto ed inizia a percorrere con le dita i vari fascicoli posti al suo interno.
– Nome e cognome. –
– Rosebelle Everly Greyson – ne estrae uno, lo sfoglia e, infine, mi porge il foglio che era attaccato ad esso da una graffetta.
– Armadietto 102, questo è il tuo orario per tutto il semestre, se hai bisogno di aiuto non esitare a chiedere. –
– La ringrazio – le sorride e me ne vado, ritrovandomi nel corridoio principale.
La Benjamin Franklin High School è enorme e abbastanza diversa dalla scuola che avrei dovuto frequentare fino a qualche settimana fa. L'edificio, all'esterno, è totalmente marrone e verde tiffany, probabilmente per rispecchiare, in parte, i colori della scuola (bianco, verde e arancione). I corridoi sono giallognoli e, l'interno, abbastanza moderno. Credo, comunque, di essermi persa di nuovo. Perfetto. Sospiro, la mia prima lezione è letteratura, nella stanza 106. Guardo l'orologio, sono le otto, non ho il tempo di andare a cercare il mio armadietto, ottimo. E non so nemmeno dove andare.
– Rose! –sollevo velocemente lo sguardo, facendo cadere gli occhiali. Vedo Albus, che cammina verso di me col suo solito sorriso stampato sul viso. – Attenta, potresti usarli come arma impropria –li raccoglie dal pavimento bianco e li adagia delicatamente sul mio viso. Sento di essere diventata rossa come un peperone, spero che non se ne sia accorto.
– G-grazie. –
– Nessun problema...che lezione hai ora? –
– Letteratura, aula 106 – osserva il foglio col mio orario, dà una rapida occhiata in giro e poi mi sorride.
– Vieni, cerchiamola insieme – poggia una mano sulla mia schiena e mi sospinge leggermente, incamminandosi con me verso la mia destinazione. – Ho visto Daniel che ti trascinava via prima –
– Beh sai, c'è gente che parla di 'amore a prima vista', io in questo caso, direi 'odio a prima vista', più che altro – saliamo le scale ed io mi soffermo ad osservare quanti studenti ci siano, nonostante, da quel che ho capito, si acceda attraverso test (da quel che mi ha detto mia madre io, essendo già stata accettata, sempre mediante lo stesso espediente, dalla Lick non ho dovuto farlo).
– Lui è fatto così, ha qualche problema a casa e si sfoga sulla persona che vede più debole rispetto a lui, e la suddetta, in questo caso, sei tu – lo guardo scoraggiata, il suo braccio non si sposta dalla sua posizione, e non posso negare che mi faccia piacere. Fino all'anno scorso i ragazzi si avvicinavano solo per chiedermi i compiti. – Non devi rimanerci male, davvero, e soprattutto non devi isolarti –
– Neanche a Diana piaccio tanto –
– Lei odia qualsiasi essere vivente femminile che entri nel raggio d'attenzione di Daniel, che sia per un motivo positivo oppure no – storco leggermente la bocca. E' davvero necessario che mi detesti? – E poi, Daisy, Audrey, Chris ed io ti adoriamo. Sei una bambolina • mi strizza una guancia con fare dolce, le mie gambe sembrano cedere sotto il peso del mio corpo. –Ecco, questa è la tua aula –
– Non hai anche tu lezione qui? – lo guardo corrucciata, i suoi grandi occhi azzurri brillano, insieme a quella strana aura che sembra avere attorno.
– No io ho geografia ora, nell'aula. –
– Ma è al piano di sotto e arriverai in ritardo...perché mi hai accompagnato? –
– Diciamo che volevo farmi perdonare per quel che è successo l'altra volta con Daniel e perché mi fa piacere passare del tempo con te – abbasso lo sguardo, visibilmente imbarazzata. Con la coda nell'occhio, lo vedo chinarsi e schioccarmi un bacio sulla guancia. – Adesso però devo proprio andare, ci vediamo più tardi bambolina – rimango appoggiata allo stipite, ammirandolo mentre se ne va elegantemente. Per certi versi, sembra quasi non toccare il terreno.
– Hai già lo sguardo innamorato –la testa di Daniel fa capolino sulla mia spalla. Mi volto verso di lui, ha sempre quel dannato ed irritante sorriso stampato sulle labbra. Mi fa venire voglia di prenderlo a pugni.
– Non è vero –
– Oh sì, è l'effetto che fa Albus – adocchio un ultimo banco vicino alla finestra e mi ci fiondo, il posto migliore per passare inosservata. – Io spezzo il cuore alle ragazze e lui lo cura –
– E ne vai fiero, suppongo – prende posto accanto a me. Perché lo sta facendo? Circa dieci minuti fa mi ha praticamente detto che gli do sui nervi.
– Dipende dai giorni. –
– Come mai ti sei seduto proprio qui, con me? –
– Voglio divertirmi un pochino, devo pur far passare queste sei lunghe ora no? – sorride sornione. Mi chiedo se si renda conto che sono una persona e non il suo nuovo giocattolino.
Mentre sto intensamente pensando a ciò, un uomo abbastanza giovane fa il suo ingresso in classe. Ha i capelli ricci e scuri e un paio di occhi verdi penetranti, che posso perfettamente vedere dal mio ultimo banco.
– Ragazzi posso avere un attimo la vostra attenzione? – batte le mani e tutti si zittiscono, osservandolo. –Buongiorno a tutti e benvenuti alla Benjamin Franklin High School. Io sono il professore James Holden e starò il vostro insegnante di letteratura –
– Ma quanti anni ha, diciotto? – Daniel borbotta incrociando le braccia al petto. L'uomo, tuttavia, sembra averlo sentito, perché si volta immediatamente verso di noi.
– In realtà ne ho ventiquattro, ma è sempre bello passare per più giovane – guarda il registro e lo percorre con il dito fino alla fine. – E tu invece sei...? –
– Daniel Christopher Manson. –
– Oh, che nome altisonante e pomposo – tutta la classe, compresa me, scoppia a ridere fragorosamente. Daniel mi dà un pizzicotto al fianco ed io sussulto. Come si permette? –E suppongo che tu sia il classico duro della situazione...se così si può definire un ragazzino di quattordici anni-
– Non credo che questo le interessi o sia di sua competenza. –
– Daniel ma che stai combinando? – sibilo al ragazzo accanto a me. Lui, per tutta risposta, mi dà un altro pizzicotto al fianco. Adesso mi arrabbio.
– Wow, che risposta insolente, si vede che sei ancora un bambino. –
– Disse quello che si sta mettendo a tu per tu con uno studente del primo anno. –
– Danny adesso... –
– Sta' zitta Rose e smettila di chiamarmi così – roteo gli occhi. Comprendendo che si tratti, in realtà, di una battaglia persa in partenza, prendo dalla cartella il mio quaderno nero ed inizio a scriverci sopra. Alla fine sono fatti suoi, niente che debba interessarmi.
– Scommetto che tu mi darai molte grane, vero? –
– Beh se lei continua a prendermi per il culo in questo modo... – James sogghigna divertito, inforcando un paio di occhiali rotondi, di un giallo sbiadito, quasi slavato.
– Va' dal preside, così conosci anche lui...o forse dovrei dire lei – Daniel si alza senza troppe cerimonie, attirando su di sé lo sguardo sognante delle altre ragazze. Non capisco perché ne vada tanto fiero, o per quale motivo un gesto simile catturi tanta attenzione. Noi essere umani siamo proprio una specie strana.
– Va bene, ma sappia che me ne vado da eroe – un applauso si leva, dalle retrovie fino ai primi banchi, simile ad una marcia trionfante con, proprio davanti, il proprio leader. Io, dal canto mio, rimango inerme, senza muovere un muscolo, neanche quando lui mi rivolge un ultimo sguardo e mi sorride, con la bocca curvata in quel modo canzonatorio che tanto lo contraddistingue. Dio, perché esiste tanta stupidità nel mondo?

Starlight(#Wattys2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora