It seems to me that when I die these words will be written on my stone

648 34 18
                                    

– Rosebelle Everly Greyson – sussulto sentendo il mio nome per intero, mia madre mi chiama così soltanto quando combino qualche guaio, il che non capita spesso.
Chiudo l'anta dell'armadietto e osservo Albus venire verso di me con fare spedito. Chissà se riuscirò a non morire per mano loro prima della fine dell'anno.
– Albus Charles StCloud, a cosa devo tutta quest'enfasi in pieno lunedì mattina? –
– Questi sono per te – mi porge un mazzo di rose rosa, io lo guardo stupita, prima di portarle al naso, il loro odore è inebriante. – Oh e anche questo – allunga un sacchetto bianco al cui interno trovo un muffin caldo al cioccolato, con pezzetti di nocciola. Lo amo, caso chiuso.
– Okay è successo qualcosa? Perché so per certo che non è il mio compleanno, sono nata a maggio io. –

– No, volevo solo dimostrarti che non sono un completo idiota...e che vorrei davvero che tu venissi al ballo con me questo venerdì – sbatto un paio di volte le palpebre, non posso credere che me lo stia chiedendo sul serio. Forse non ho comprato quel vestitino rosa per niente.
– Davvero? –
– Certo, e questa volta non ho alcuna intenzione di fare casini...e non faremo un doppio appuntamento con Daniel. –
– Questa mi sembra una splendida idea – scoppiamo entrambi a ridere, sono contenta di aver chiarito le cose con lui. Dopo il gelato, sabato, io ed Albus abbiamo parlato per un'ora intera, scoprendo tanti interessi in comune e, soprattutto, diverse sfaccettature che non mi sarei mai immaginata potessero far parte del suo essere. Tipo lo stress di essere sempre perfetto, impeccabile. Pare che la sua famiglia sia molto importante tra gli angeli.
– Dimmi che sai qualcosa di chimica, non ho toccato libro per l'intero weekend – Daniel arriva trafelato e interrompe la nostra discussione, gli occhiali da vista, che non sapevo che avesse, tutti storti e il maglione al contrario.
– Sì tranquillo, ma tu come sei combinato? – ridacchio, aiutandolo a sistemare gli occhiali sulla punta del naso e facendogli segno di girare il maglione. È un tale disastro oggi che mi venire da ridere. A quanto pare anche Daniel Manson è umano, e può avere giornate no.
– Non mi è suonata la sveglia questa mattina, non so come sia potuto succedere – toglie le braccia dalle maniche, gira l'indumento su stesso e poi le ricaccia dentro tranquillamente.
– Ma che hai sul collo? – poggio due dita sulla sua guancia, spostandogliela delicatamente verso destra. Sulla sua pelle candida ci sono piccoli buchi sparsi qua e là e la cosa mi preoccupa.
– Rose ne abbiamo già parlato venerdì sera. –
– So di non intendermene molto di succhiotti, ma credo che questi siano morsi. –
– Hai detto una cosa giusta, non puoi saperne niente perché non hai mai avuto un ragazzo ed ora andiamo, sono venuto da te per il compito, non per una consulenza sentimentale – mi supera con noncuranza, Albus si stringe nelle spalle ed io sospiro, ecco il vecchio e Daniel che ritorna prepotentemente a galla. La giornata si prospetta più dura del previsto. –
– Meglio che vada, credo che tu non sia di buon umore oggi...comunque grazie – mi avvicino a lui, mi alzo leggermente sulle punte e gli stampo un bacio sulla guancia, molto imbarazzata. – E sì, voglio venire al ballo con te venerdì –
– Perfetto, passerò a prenderti alle otto – lo saluto e corro verso la classe di Johnson. Daniel non mi ha aspettato e già so che oggi mi costerà tantissimo stargli accanto, perché sarà intrattabile. Ma Albus mi ha invitata al ballo, e mi ha portato un mazzo di rose e un muffin con le nocciole, almeno c'è un lato positivo.
– Non sapevo portassi gli occhiali. –
– Ed io non credevo di doverti raccontare qualsiasi cosa della mia vita. –
– Okay ho capito, mi arrendo – alzo le mani in segno di resa, non ho alcuna voglia di litigare con lui oggi, soprattutto prima del test.
– Buongiorno razza di sottospecie del genere umano, spero che vi siate preparati per il compito, perché sarà molto difficile – sbatte una pila di fogli bianchi sulla cattedra, Daniel, accanto a me, serra i pugni. Potrei giurare che i suoi occhi siano diventati viola, ormai ho capito come funziona. Ma spero che non perda il controllo, non ora almeno.
– Ehi, va tutto bene – poso la mia mano sulla sua, ma lui la scosta violentemente, digrignando i denti.
– Non mi devi toccare, hai capito? La mia ragazza è Rebecca, non tu. –
– Va bene. –
– Greyson alla cattedra, voglio davvero vedere cosa combina il tuo caro Manson da solo – sul volto di Johnson si dipinge un sorriso sadico. Io non oppongo resistenza e mi alzo, gli avrò anche promesso di aiutarlo ma, più ci penso, più mi rendo conto che non devo sempre abbassare la testa, non devo sempre sottostare ai suoi cambi di umore repentini, semplicemente perché non me lo merito. Ed è arrivato il momento che cominci a cavarsela da solo, negli ultimi tempi gli ho facilitato anche troppo le cose.
– Ma professore, aveva detto che alcune delle prove dovevano essere fatte con le provette e Rose è la mia compagna di laboratorio – il vecchio acido riduce gli occhi a due fessure e si massaggia il mento con le mani rugose e rinsecchite. Incredibile, riesce sempre a cadere in piedi.
– E va bene, resta dove sei, ma appena vedo qualche movimento inconsulto vi spedisco entrambi nell'ufficio del preside, tanto Manson tu dovresti conoscere a memoria la strada. –
– E lei dovrebbe... – ritorno al mio posto e, con uno scatto fulmineo, schiaffo una mano sulla bocca di Daniel, impedendogli di continuare la discussione. Non voglio prendere un brutto voto o essere mandata dal preside per colpa sua.
– Va bene, stia tranquillo – mollo la presa e lui, sempre guardandoci con sospetto, comincia a distribuirci i compiti.
– Che diamine stai facendo? –
– Vuoi prendere una F senza nemmeno provarci? – le sue iridi si colorano di viola, si sta arrabbiando, ed io devo fare di tutto perché questo non accada.
– Fanculo – sputa acido. Mi sa che qualcuno si è svegliato dal lato sbagliato del letto oggi.
Comincio a rispondere alle varie domande, io odio i test, non sono proprio portata. Daniel allunga la testa, di tanto in tanto, verso il mio foglio, segno che non ha realmente fatto niente. Se fossi diversa, se fossi davvero capace di vendicarmi e di portare rancore, metterei una mano davanti e gli impedirei di copiare, ma sono una ragazza troppo buona alla fine, e cedo facilmente, senza nemmeno combattere.
– Sei sicura che queste siano le risposte giuste? –
– Non lo so, puoi chiederlo a Rebecca – dico, scocciata.
– Se vuoi lo domando ad Albus, le rose sono state un tocco di classe. –
– Perché stiamo parlando di questo mentre stiamo facendo un quiz che potrebbe decretare la fine della nostra vita? –
– Hai cominciato prima tu tirando in ballo Rebecca. –
– No, hai iniziato tu per primo trattandomi come uno schifo. –– Non sono dell'umore oggi Rose, la tua vicinanza mi fa soffocare. –
– Già, ma non ti provoca questo quando dobbiamo fare un compito in classe. –
– Rose vuoi davvero iniziare una conversazione del genere in un momento come questo? – butto un'occhiata distratta a Johnson, l'ultima cosa che voglio è ricevere l'ennesima ammonizione.
– Copia e basta, non voglio sapere niente – sposto il foglio verso di lui, un sorriso sornione si apre sul suo volto. Persino io ho un limite di sopportazione e, per evitare di esplodere, tanto vale dargli quel che vuole, così almeno smetterà di rompermi.

Starlight(#Wattys2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora