Tic, tac. Tic, tac.
In un primo istante, associò quel suono al rumore delle lancette di un orologio. Tic, tac.
Aprì gli occhi con una lentezza che non si era aspettata e capì che non si trattava di un orologio. Era acqua. Acqua che gocciolava sui suoi capelli, inumidendoli, sui suoi vestiti strappati, inzuppandoli.
Le gocce colavano lungo le sue guance, come fossero state lacrime, ma non stava piangendo, anche se avrebbe voluto. Non aveva idea di che ore fossero, di dove si trovasse, c'era solo un'infinita cortina di oscurità intorno a lei e un'umidità che le faceva accapponare la pelle.
Sollevò le mani per asciugarsi l'acqua dalla faccia e percepì il rumore metallico di qualcosa. Manette. Manette?
Non farti prendere dal panico, Alyssa, non farlo.In una frazione di secondo, ricordò. Quel pomeriggio triste, le grida maschili, il tentativo di fuga fallito e il conseguente sequestro. Un dolore acuto si risvegliò dietro la sua nuca, facendola digrignare i denti. Si sentiva la gola arida, più arida di come sarebbe stata se non avesse bevuto per giorni interi.
Cosa che era possibile, dal momento che non aveva idea di quanto tempo fosse trascorso.Ricordava quell'uomo, ricordava tutto, nei minimi dettagli. Dov'era, ora? Dove l'aveva portata? Dov'era sua sorella? E Amber?
-So che sei qui... - gemette, la voce rotta dal pianto represso. -Abbi almeno il coraggio di mostrarti!-
Le rispose solo l'eco delle gocce che si infrangevano contro la terra umida. Aveva sempre amato la pioggia, ma in quel frangente era un rumore fastidioso che le annebbiava ancora di più i pensieri.
Sentiva freddo e aveva cominciato a tremare, senza rendersene conto. Nonostante sapesse che non sarebbe servito a nulla, cercò di separare con violenza i polsi, per spezzare il metallo, ma tutto ciò che ottenne fu una serie di escoriazioni lungo la pelle.-Dannazione!- urlò, scoppiando in un pianto isterico e nervoso.
Fu in quel momento che udì i passi. Misurati, leggeri.
Uno, due, tre.
Risuonarono come se stessero camminando su di un pavimento in un lungo corridoio, provocando un rimbombo quasi soave.
Alyssa si appiattì contro la parete fradicia alle sue spalle, sollevando le mani davanti al viso per proteggersi.
Tra le fessure delle dita scorse il cuoio di un nero luminoso, che ricopriva un paio di stivali.-Puoi togliere quelle mani dalla faccia, mezzosangue.-
Fu come essere colpiti in testa da un martello. La mente di Alyssa venne squarciata da una imminente e violenta emicrania, che la costrinse a tapparsi le orecchie con mani tremanti.
-Chi... chi diavolo sei?- riuscì a gemere, stringendo gli occhi.
Lui la guardò, provando l'impulso di allungare il braccio e spostarle le mani dalle orecchie, ma non lo fece.
-Guardami.-
Vide il tremolio scuotere le sue labbra secche e cosparse di piccoli tagli, e fece una smorfia. Afferrò i suoi polsi e le abbassò le mani, con noncuranza.
-Ho detto, guardami.-Lei spostò la testa di lato, senza aprire gli occhi. L'uomo fiutava la sua paura, un'angoscia caratterizzata da un odore pungente, l'odore di cui i deifán si nutrivano. Lentamente, le sfiorò la guancia con due dita e la ragazza si ritrasse, tremante. Fu in quel momento che riaprì gli occhi.
Reeg incrociò il suo sguardo, ancora prima che Alyssa lo posasse su di lui. Oro contro oro. Restarono così, gli sguardi avvinghiati l'uno all'altro, senza riuscire a staccarsi.-Chi sei?- ripeté lei con voce sommessa.
-Che cosa vuoi da me?-
Reeg si accorse di tenere ancora le dita premute sulla sua guancia e le scansò, rapidamente. Si avvicinò, inginocchiandosi sulla terra bagnata che gli inzuppò i calzoni.
-Non hai bisogno di sapere chi sono. Mi conosci già.-
Alyssa deglutì, allargando gli occhi. Certo che lo conosceva. E avrebbe voluto più di ogni altra cosa cancellare quel ricordo.
-Ti ho già visto- asserì. Ogni parola le provocava una fitta allo stomaco, acuta e tagliente. -Ma non so il tuo nome.-
-Non è necessario che tu lo sappia- fu la risposta di lui. Alyssa assottigliò lo sguardo, stringendosi di più contro la parete quando lo vide avvicinare il volto al proprio.-A tempo debito- sussurrò, chinandosi contro le sue labbra, e il suono di quella voce le procurò un brivido lungo la schiena. Sentì il suo fiato sfiorarle la pelle secca della bocca, mentre una goccia le scivolava lungo il mento.
-A tempo debito, ti racconterò ogni cosa. Ma non è ancora il momento. Devi riposare.-
Le labbra di lei si separarono, mentre lui si ritraeva con un ghigno contorto dipinto in viso. -Riposare- ripeté, cercando di alzarsi ma fallendo miseramente.
-Torna indietro!- gemette, vedendolo allontanarsi.
-Io d-devo... sapere... -
Ma lui non la ascoltò. Percorso a ritroso l'umida grotta in cui la teneva rinchiusa e si abbassò quando arrivò all'uscita.-Allora?- le chiese la donna, mentre lui riaccostava senza un eccessivo sforzo la grossa pietra, per sigillare l'entrata. -Si è svegliata?-
-Proprio così.-
-Ce ne ha messo, di tempo- commentò Margaret, con una ghigno. -Sono tutti uguali, tutti senza cervello.-
-Lei no- ribatté Reeg, in tono piuttosto freddo. -È diversa, è intelligente.-
Margaret lo guardò come se avesse bestemmiato, incrociando le braccia sul petto prosperoso. -Non è diversa- sentenziò, avvicinandolo e sedendosi accanto a lui, sul prato. -Ma è una femmina, per quanto disgustosa sia la sua razza. Tu sei attratto dalle femmine come una falena lo è dalla luce.-
Aggiunse un pizzico di ironia a quelle ultime parole. Reeg la inchiodò rapidamente contro la roccia, dietro la sua schiena.-L'unica cosa da cui sono attratto- precisò in un sibilo tagliente, premendo le mani ai lati del suo collo. -È il potere.-
Margaret lo fissò con lo stesso sguardo determinato di lui, dedicandosi poi alla contemplazione delle sue labbra, che aveva sempre trovato perfette.
-Sicuro di non essere attratto anche da qualcos'altro?- lo provocò in tono seducente. Ai diavoli riusciva bene quel ruolo, pensò lui, quello della donna ammaliatrice, solo che Margaret era troppo sicura di sé e non se ne rendeva conto. Un angolo della bocca di Reeg si incurvò verso l'alto. Continuò a fissarla e non interruppe il contatto con lei, nemmeno quando le sue mani afferrarono la sua cintura d'argento e iniziarono ad armeggiare nel tentativo di slacciarla.
-Dimmi che lo vuoi quanto me- ansimò lei, cercando di attirarlo verso la propria bocca. Un istante prima che le loro labbra si sfiorassero, mentre le gambe di Margaret passavano intorno ai suoi fianchi, Reeg si avvicinò al suo orecchio. Il respiro caldo sul suo collo la fece fremere.
-Non esattamente- sussurrò, alzandosi e scrollandosi la terra dai calzoni.
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Fireglass
Fantasía"Kiss me, then kill me." Il diavolo ha bisogno di una consorte. Lei, data in adozione dopo pochi giorni di vita, è la prescelta, nata per dargli un figlio e poi sparire per sempre. Ma qualcosa, lungo il viaggio verso la corte del demonio, va stort...