12 - Should I be feeling guilty or let the judges frown?

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Quando Michael rientrò a casa la mattina seguente tutto c'era nella sua mente tranne la vaga idea che forse non avvisare i genitori che non sarebbe rientrato a dormire non era stata una mossa furba.

Nell'ultimo periodo Joanie e suo marito si erano accorti di un cambiamento nel figlio. Era piuttosto spensierato, quasi sbadato, ma con una sorta di felicità e per questo avevano evitato di intromettersi e di ostacolarlo. Trascorreva le sue giornate fuori con non si sapeva bene chi, rientrava a casa solo per esercitarsi al pianoforte e dormire, ma quel giorno aveva esagerato, aveva oltrepassato il limite.

Quell'espressione sul volto del padre, Michael la riconobbe da lontano. Desiderava tanto che fosse quella dell'arrabbiatura, invece era quella della delusione. La peggiore. Quella che ci leva il sorriso, le parole, il coraggio, quella che ci sminuisce.

Deludere le persone che amiamo è una delle cose peggiori che ci accadono. È proprio lì, in quegli sguardi delusi che incontrano il nostro che ci domandiamo 'Ne valeva la pena?'

Michael mentre percorreva l'ultimo tratto del vialetto rispose sì. Andreas ne valeva la pena. Così sollevò il suo sguardo e incrociò quello severo e impassibile del padre.

-Spero che tu abbia un valido motivo per aver passato la notte fuori senza avvisare, signorino-

La prima sberla che arrivò fu emotiva.

-Mi hai davvero deluso questa volta. Ci si comporta così? Cosa hai nel cervello? Musica? Cloro? Dio sei veramente scemo. Tua madre ti ha aspettato in piedi per tutta la notte. Tu non la meriti una persona che si preoccupi per te. Sei solo un ingrato.-

Ecco che arrivò la seconda.

-Taci!! Non provare ad aprire quella bocca. Non sfidarmi ragazzo. Non azzardare scuse o giuro che...-

-La verità. Ti dirò la verità...- Mika si fece coraggio.

-Dai sentiamola questa verità.- lo canzonò il padre.

-Ero con Andreas, sono stato con lui. Io mi sono dimenticato di avvisarvi. Mi sono semplicemente scordato di tutto. È successo così. Devi credermi.-
-Hai bevuto per caso? Stare con quello ti fa dimenticare il resto? Mi prendi in giro?-

-No, papà. Non ti sto prendendo in giro. Ti sto rendendo partecipe della mia vita perché...perché io voglio che tu sappia che...che io sono veramente innamorato.- era fatta. Ora era ad un punto di non ritorno.

-Sentimi bene. Guardami in faccia quando ti parlo, mi hai capito? Non sono qui per farmi prendere in giro da te. Non costringermi Mika...-
-Io lo amo. Ho cercato di non farlo, ci ho provato davvero, ma ho bisogno di lui. Sono fidanzato da cinque mesi e noi stiamo bene, non devi preoccuparti...-

La terza sberla, invece, lo colpì in pieno volto. Fu dolorosa come le altre, ma non fu la peggiore.

-Frena la lingua immediatamente. Dimmi che è uno scherzo.-
-Papà io...-
-Non chiamarmi così, tu non sei...tu non sei mio figlio. Cosa diavolo sei diventato eh?-
-Sono sempre io...-
-Ti sembra una cosa normale? No io non ci credo. Cosa ho fatto di male nella vita? Non bastava essere irresponsabile, no anche una mezza femminuccia doveva capitarmi!-

Ci fu del silenzio. Quel silenzio denso. Da una parte un dolore lacerante, dall'altra una collera senza precedenti.

-Vattene Michael. Sparisci. Fuori da casa mia!- Quello fu il verdetto finale.

-Ho solo quindici anni, dove vado? Papà per favore...non lasciarmi.-
-Ora basta. Basta! Non voglio più vederti. Evidentemente non ti hanno picchiato abbastanza i tuoi compagni se questi sono i risultati. Io ora voglio che tu sparisca per sempre dalla mia vista.-
-Pap...-

La quarta colpì ancora più forte la guancia opposta e quello fu veramente troppo. Mentre ingoiava le lacrime, riprese il suo borsone del nuoto e fuggì via terrorizzato.

Iniziò a piovere. Quella mattina era così fredda. Il contrario della notte calda appena trascorsa.

Non si curò di trovare un riparo perché quelle gocce sembravano lavare via la sua disperazione. Quella pioggia era per lui. Lo accarezzava piano. In quell'istante necessitava di quel contatto. Pioveva sui belli, ma anche sui brutti. Su quelli alti, ma anche su quelli bassi. Pioveva sui poveri, ma anche sui ricchi.

Acqua dal cielo per tutti, ma non l'amore. Michael si chiedeva perché fosse così, ma non trovò nessuna risposta.

Chissà se la tolleranza è qualcosa che ci si deve meritare. Avrebbe tanto voluto che nel cuore del padre ci fosse posto per quel suo cambiamento, ma non era stato così. Forse, però, non era un cambiamento. In quel momento il riccio si rese semplicemente conto che lui era così. Essere. Non far finta di essere o cambiare. Solo essere. Che colpa c'è nell'essere? Nessuna. Potrebbe esserci una colpa nel fare, nell'avere, sì anche nel desiderare e nel chiedere, ma nell'essere no. E allora perché si sentiva così imperfetto, così inadatto, così svuotato?

La scuola ormai l'aveva saltata, il pranzo anche e l'allenamento di nuoto sarebbe stato l'ennesima assenza della giornata.

Quello che Mika si era scordato in quel momento era che non sempre ciò che ci viene detto per ferirci è vero.
In piscina, infatti, il riccio aveva qualcuno ad aspettarlo, qualcuno che lo amava, che lo desiderava.

Se solo se lo fosse ricordato non avrebbe permesso ad un'altra persona di essere delusa quel giorno, ma essere abbandonato così gli aveva tagliato le gambe, gli aveva trafitto il cuore e per lui non c'era più niente di sensato, niente per cui valesse la pena di continuare a camminare. La notte e il buio, però, lo colsero all'improvviso e a tutto questo malessere si aggiunse anche la paura di non sapere dove andare a dormire.

Nella vita i momenti peggiori non sono quelli in cui stai da solo, ma quelli in cui credi che nessuno voglia stare con te.

I had to find youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora