Capitolo 4

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Il treno correva veloce in mezzo alla campagna innevata. Hermione, Ginny, Luna e Neville erano seduti insieme in uno scompartimento, in attesa di arrivare a casa. Ginny chiacchierava allegramente con il ragazzo, mentre Luna era intenta a leggere una nuova copia de Il Cavillo. Hermione, invece, guardava fuori dalla finestra con espressione felice, anche se non voleva ammetterlo, incurante dei suoni che la circondavano, un libro aperto dimenticato sulle gambe. Pensava, o, meglio, stava ricordando. Ricordava ogni sensazione, ogni sguardo, ogni contatto. Sentiva una fortissima energia, che le partiva dal petto e si diramava in tutto il corpo; era un'energia bella, potente, che la faceva sentire bene, speciale .

Ripercorse con la mente gli incontri dei giorni precedenti. Ogni notte, in un silenzioso appuntamento, lei e Draco si incontravano al terzo piano. Nessuno dei due aveva bisogno di confermare, semplicemente erano lì, sapevano che l'altro ci sarebbe stato. Un paio di volte avevano corso il rischio di essere scoperti da Gazza, ma con fortuna erano riusciti a evitarlo, nascondendosi dietro a una colonna o in un'aula vuota. Aspettavano con il respiro trattenuto che i passi del custode si affievolissero, e poi uscivano attenti a non fare rumore, sorridendo complici. E poi, puntualmente, arrivava ogni volta, prima di lasciarsi. Un bacio. Un innocente, sincero, atteso bacio, con delicatezza, toccandosi appena le labbra. Con sorpresa Hermione si era resa conto che le labbra di Draco erano incredibilmente calde, e non fredde e insensibili come se le era immaginate. Non si dicevano altro, quel bacio era la promessa che si sarebbero visti la notte successiva. Però, il resto del tempo, parlavano eccome. Seduti contro al muro uno vicino all'altro, appoggiati alla finestra o, nei casi più coraggiosi, addirittura al riparo delle chiome frondose degli alberi in riva al Lago Nero. Avvolti ognuno in una coperta (e comunque non mancavano gli incantesimi per isolarsi dal freddo) guardavano il cielo e la neve che li circondava ma non li poteva raggiungere, protetti nella loro bolla invisibile. Hermione raccontava della sua vita prima di entrare a Hogwarts, sorridendo ai ricordi di lei da bambina, e ogni tanto si lasciava sfuggire una lacrima pensando ai suoi genitori. 

"Scusami...mi mancano così tanto..." Se la asciugò con un sorriso e riprese a fissare il cielo.

"Ti capisco. Anche a me mancano. Da bambino volevo molto bene mia madre, mentre per mio padre provavo grande rispetto e ammirazione. Ai miei occhi era un uomo grande e temuto da tutti, e desideravo tanto diventare come lui un giorno. Poi, tutto è cambiato..."

Quelle parole lo facevano stare male, Hermione lo aveva capito. Parlavano di tante cose, si sussurravano parole di conforto, di comprensione, di affetto. E, puntualmente, si rivedevano il giorno successivo. Hermione con questo ritmo era esausta, ma non vi avrebbe rinunciato per niente al mondo. Attendeva ogni giorno con impazienza di incontrare Draco, e dentro di sé sperava che anche lui provasse queste emozioni, che non vedesse l'ora di stare con lei. Hermione appoggiò le dita contro il vetro ghiacciato del finestrino per togliere un po' di condensa. Fuori nevicava con prepotenza, i fiocchi di neve come proiettili che sfrecciavano contro il treno. La ragazza si sentiva davvero speciale da quando quegli incontri con Draco erano cominciati. Lui le rivelava pezzo per pezzo parti di sé che Hermione ne era sicura, non aveva mostrato a nessun altro. Voleva conoscerlo fino in fondo, tutto quel mondo meraviglioso che era rimasto soffocato per troppo tempo sotto quella maschera crudele. Però, inevitabilmente, si rese conto con tristezza di un'eventualità: non era detto che Draco la vedesse oltre l'amica che era diventata, e quei baci forse erano solo un modo per lui di esprimerle la sua gratitudine. Ma lei voleva essere considerata più di un'amica da lui? Mi... mi sono innamorata di lui? No, impossibile. Deve essere l'effetto di vederlo senza il suo solito ghigno, un abbaglio momentaneo. Spesso, infatti, credeva di aver immaginato tutto, e a quel punto l'ansia la travolgeva. Non voleva che tutto quello che aveva condiviso con lui diventasse solo un ricordo sbiadito di un sogno, voleva che fosse reale per davvero. Ma, ancora una volta, pensando così, sentì un dolore al petto che sostituì quello così caldo e bello che provava fino a un attimo prima. Lanciò un fugace sguardo alla valigia, riposta nella grata sopra i sedili. Dentro vi era un fagottino incartato. Lo aveva visto un sabato pomeriggio a Hogsmeade, mentre cercava indaffarata i regali per i suoi amici. Con le mani piene di oggetti, carta da regalo e rotoli di nastro era passata per caso davanti ad un negozio dall'aspetto antiquato mentre stava tornando al castello, e l'aveva vista. Esposta in vetrina vi era una collana sottile, molto delicata, in argento. Non aveva decori, era una semplice catena con un ciondolo rotondo, liscio e lucente, più piccolo di uno zellino. Hermione si era soffermata a guardarla un attimo, il respiro affannoso per via dello sforzo e le guance arrossate dal freddo pungente. Aveva pensato subito a lui. Lo immaginava portarla al collo pallido, sotto la camicia. Le piaceva pensare che portare quella collana significava anche avere una parte di lei sempre con sé. Una volta tornata in camera si tolse la sciarpa e i guanti e li mise davanti alla stufa perché si scaldassero. Poi si sedette sul letto poggiando in disparte gli altri regali: li avrebbe incartati dopo. Invece prese tra le mani il filo d'argento, molto freddo. Lo rigirò per guardarlo meglio, e come lo muoveva ogni tanto un debole raggio di luce si insinuava tra gli anelli della catenina e luccicava, come incantato. Se lo portò alle labbra e sussurrò

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