Capitolo 10

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La simulazione degli esami M.A.G.O. non poteva essere andata meglio secondo Hermione. Consegnò per la seconda volta in anticipo rispetto al resto degli studenti e uscì molto soddisfatta di se stessa. Una giornata intera a ripassare aveva dato i suoi frutti, specialmente con la compagnia di Draco. La ragazza si diresse come sempre verso la biblioteca: ci teneva comunque a non disobbedire alla McGranitt, per cui ora era quello il luogo in cui lei e Malfoy s'incontravano. Quasi sempre, s'intende. Sicura che il ragazzo non fosse ancora arrivato si sedette in un tavolo abbastanza appartato e lesse per la quinta volta il libro regalatole da Harry a Natale; la biblioteca, per sua grande fortuna, a quell'ora era deserta, dato che tutti gli studenti erano a lezione o alle prove d'esame, e rilassarsi risultava molto più facile. Dopo quasi un'ora di lettura Hermione posò il libro per stiracchiarsi, e ne approfittò per guardare fuori dalla finestra. La luce prepotente del sole illuminava ogni cosa, facendo brillare come piccole pietre preziose le distese di neve sotto di esso, e l'aria odorava di freddo. Presto la neve si sarebbe sciolta, lasciando spazio ai primi germogli primaverili. I raggi dorati filtravano attraverso il vetro, donando alla stanza un'atmosfera soffusa e calda. Hermione, sentendo caldo, legò i capelli ricci in uno chignon disordinato e riprese a leggere. Poco dopo, silenzioso e sinuoso, arrivò anche Malfoy; si guardarono per un momento negli occhi e ognuno riprese ciò che stava facendo. Era quello il loro modo di salutarsi, che non comprendeva parole o gesti. Gli occhi parlavano per loro. Lessero ognuno per conto proprio, in silenzio, fino a quando sentirono in lontananza la campanella che annunciava la fine delle lezioni mattutine. Entrambi riposero i libri nelle rispettive borse e si avviarono verso la Sala Grande: Hermione stava morendo di fame. Dopo aver salutato Malfoy cercò Ginny in mezzo alla folla e la scorse già seduta al tavolo dei Grifondoro, mentre parlava animatamente con Neville. La ragazza andò a sedersi davanti ai due amici salutandoli mentre si accomodava. Dopo che anche Neville e Ginny ebbero ricambiato il saluto -quest'ultima con la bocca piena, la quale fece ridere Hermione- cominciò a servirsi il pasticcio con le patate dal vassoio di fronte, accompagnando con il succo di zucca. Parlarono tutti e tre della prova svolta in mattinata, e Neville si disperò per un buon quarto d'ora constatando che aveva sbagliato almeno sei risposte, confrontandole con quelle delle due ragazze. Ginny cercava di consolarlo, ma tratteneva a stento una risata. Anche Hermione sorrise divertita, e in quel momento incrociò lo sguardo di Draco, che le fece segno con gli occhi grigi di seguirlo fuori dalla Sala Grande. Difatti, il ragazzo si alzò e si diresse nel corridoio, imitato da Hermione che si congedò gentilmente ai due amici. Una volta fuori dalla porta massiccia guardò a destra e a sinistra, ma non vide nessuno; come la biblioteca, anche il corridoio a quell'ora era vuoto. Senza volerlo, un'ondata di ansia la travolse. Era forse uno scherzo, quello? Hermione, delusa, si preparò a tornare dentro, ma una mano le tappò la bocca e un'altra la cinse stretta, strattonandola contro al muro dietro alle scale. La ragazza non si agitò, ormai era abituata a quel tipo di entrata in scena da parte del ragazzo. Malfoy infatti era lì, dietro di lei. Hermione si sciolse dolcemente da quella stretta morbida e, girandosi verso di lui, gli disse, con una leggera aria di sfida

"Non mi spaventi più, sai?"  Lui ghignò in risposta e, con un movimento fulmineo la intrappolò alla parete, le braccia in tensione ai lati del viso sorpreso di lei. 

"Ah no?" le sussurrò, vicinissimo al suo orecchio. Era una tortura per Hermione, una meravigliosa tortura. La ragazza si riprese un secondo dopo e, con un movimento che sorprese non poco Draco, ribaltò la situazione, mettendo il ragazzo con le spalle contro al muro, mentre lo guardava dal basso con aria vagamente trionfante.

"No" rispose sorridendo. E lo baciò piano, con dolcezza, sfiorandogli appena le labbra. 

"Bella mossa, Granger" ammise Malfoy subito dopo "Ma stasera mi riprendo la rivincita" e se ne andò, scomparendo nel corridoio, esattamente come era arrivato. Hermione restò immobile, ancora basita. A volte non lo capiva proprio: due sere prima era distrutto, sembrava sul punto di crollare, e ora invece la stuzzicava divertito. Scosse la testa sorridendo, con finta disapprovazione, e si diresse al settimo piano, nella Sala Comune. Il pomeriggio non avrebbe avuto lezione, dati gli esami, così Hermione decise di fare i compiti fino al momento di incontrarsi con Draco. Dopo aver finito la traduzione di un testo negli antichi caratteri optò per una pausa, era da diverse ore che stava studiando. Mentre si rilassava si ritrovò a pensare: era da molto tempo che non aveva incubi di notte e, con un po' di amarezza, scostò la manica della divisa per guardarla. La cicatrice era ancora ben visibile sul suo braccio. Bruciava, non tanto la ferita in sé, ma il ricordo della scena, del dolore, della risata folle di Bellatrix. Era davvero tutto quello che contava nella vita? Il sangue? Non era forse denso, scuro e rosso, uguale per tutti? Ancora una volta Hermione pensò che erano solo stupidi pregiudizi e, con un certo orgoglio, si disse che lei Draco li stavano superando. Per lei, comunque, restava davvero un mistero come lui si fosse innamorato di lei e come lei, a sua vola, ricambiasse. La vista di Malfoy ridotto così era bastata a cancellare sei anni di offese e derisioni, sembrava incredibile. Chiuse gli occhi e si permise di tornare indietro con la mente, nel momento in cui, sei anni prima, lo aveva visto per la prima volta sul treno. Anche allora, ricordò con un sorriso, aveva l'espressione annoiata e autoritaria e il viso pallido e affilato gli davano un'aria più vecchia degli effettivi undici anni che aveva. Era solo nello scompartimento, la testa sorretta dal braccio con espressione svogliata.

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