Capitolo 13

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"Finalmente un po'di sole in viso, quella pioggia avrebbe rovinato questo bel pomeriggio". Confermo ciò che ha appena detto Federico. Siamo sdraiati sul plaid, talmente grande che possiamo usarlo anche per coprirci, la mia borsa ci fa da cuscino. La temperatura è fresca ma il sole compensa il brivido di freddo che provo, ammesso e concesso che sia solo quello. La melodia del fiume che scorre, il cinguettìo degli uccelli, il ronzìo di qualche ape che svolazza qua e là, il caldo sole che batte sulla mia pelle, un soffio di vento che sposta le ciocche dei miei lunghi capelli castani... Federico. L'energia che mi trasmette può quasi mettersi a confronto con questo posto. È come se stando affianco a lui e avendo questo sole in faccia mi rigenerassi.
"Allora Bea, cos'hai da raccontarmi?" mi domanda, facendomi tornare in me. "Nulla di nuovo Fede, il lavoro va bene e non potevo chiedere periodo migliore di questo... non posso lamentarmi. Tu con l'Università come stai messo?". Fede mi guarda con aria un po'disturbata. "Già, l'Università... diciamo non male. I venti giorni da quando sono tornato son volati... e credo che volerà velocemente anche questo mese rimasto..." Il suo sguardo è perso nel vuoto, sembra quasi triste per quello che ha detto. "Torino non ti piace?" gli chiedo, sperando di annullare quella tristezza che ha in viso. "Ovviamente si, è una bella città, ma la mia città mi manca molto quando sto via. Inoltre non ho più un legame stretto con Torino da quando...beh..." si interrompe un'attimo, poi riprende a fatica a parlare "...da quando io e Monica ci siamo lasciati..." Ora mi spiego la tristezza che emana. "Mi dispiace, stavate insieme da tanto?" "Non da tantissimo, 11 mesi, anche se eravamo amici da molto più tempo... non eravamo fatti per stare insieme, eravamo troppo diversi. Lei è una ragazza che può andare a braccietto con i tempi che corrono, io invece sarei dovuto nascere qualche secolo fa. A volte credo di non far parte di questa generazione, mi sento estraneo a questa realtà..." Caspita, allora Vanessa aveva ragione quando diceva che io e lui ci somigliavamo molto. Ci ha colto in pieno su quello che ci lega. "Se ti può consolare, credo di essere molto simile a te sotto questo aspetto. Non credo sia un pregio, ma neppure un difetto sentirsi estranei dalla realtà in cui viviamo. Puoi considerarlo un difetto se vuoi cercare di adattarti ad essa, ma puoi considerarlo un pregio se trovi la persona giusta che smette di vivere insieme a te questa realtà un po' troppo diversa dal tuo essere. Dipende dalle circostanze in cui ti ritrovi a vivere." Spero proprio di avergli fatto capire il concetto, considerando la sbadateggine che mi ritrovo ad avere. "Sai, l'ho sempre sentito, l'ho sempre saputo sin dall'inizio..." "Che cosa, di essere una specie di emarginato? So cosa significa" sorridiamo. "No, che tu sei diversa, che non non sei adatta per vivere questa realtà, esattamente come me. Dal primo momento in cui hai aperto bocca, dal modo in cui ti poni, da come osservi le cose e riesci ad apprezzarle, anche le più piccole. È una cosa rara, sei una persona rara..."
Mi blocco ed è il caos.
Il mio cuore inizia a pulsare per conto suo, ogni particella del mio corpo cessa di intraprendere il processo per cui era stata creata, il tempo si ferma proprio come era già successo in una favola, in un certo paese delle meraviglie, ed io, io che mi ritrovo in un universo parallelo da sola,  a sopportare tutto questo caos scoppiato, a capacitarmi di essere riuscita a far capire a qualcuno come sono fatta per davvero. Federico aveva completato il cerchio, aveva appreso il senso di tutto quello che sensato per gli altri non era mai stato. Lo avevo lì,  a pochi centimenti da me, ma era come se mi fosse entrato dentro, come se fosse dentro me da sempre. No, erano solo quasi tre settimane che a malapena sapevo chi fosse eppure con quell' insieme di frasi si era guadagnato tutto quello che nessuno era mai riuscito a guadagnarsi neppure in una vita.
"Come ci sei riuscito? Ti prego, dimmelo..."
L'atmosfera intorno si fa pesante, il fiume, gli alberi della caverna... tutto ci schiaccia, ci comprime. Io, però, sarei sopravvissuta a qualsiasi cosa pur di conoscere la risposta a quella domanda.
"Non so spiegarmelo, tantomeno spiegartelo... è una sensazione. È come se lo avessi sempre saputo. Cavolo Bea, nessuno è come te, nessuno mi ha fatto mai sentire unico come stai facendo tu in così poco tempo. È un dono, il tuo dono. Credo non ci sia nulla di più speciale."
Non parlare più ti prego Fede, non farlo, non potrei sopravvivere anche a queste parole.
Lo guardo senza fiatare, lo sa anche lui che nessuna parola sarebbe in grado di descrivere questo che è appena uscito dalla sua bocca.
Il mio sguardo trabocca nel suo. La terra non gira più, il sole muore e con lui anche le mie parole.
Ci siamo solo io, Federico e qualche goccia che bagna il nostro viso.
È tornata la pioggia ma poco importerà...
Il mio cuore è tornato a splendere.

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