Capitolo 14

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Stamattina il mio risveglio non è stato tra i più eclatanti.

L'ultima volta che ho visto e sentito Federico è stato una settimana fà, quando siamo andati al fiume. Verso le 20:00 mi ha riaccompagnata a casa, era già buio da un pezzo. Ci siamo salutati con un bacio reciproco sulla guancia, mi ha riferito che tre giorni dopo sarebbe stato il matrimonio di suo cugino e che molto probabilmente non sarebbe venuto in pizzeria insieme a me e al resto del gruppo il giorno prima dell'avvenimento, che la sua settimana sarebbe stata piuttosto movimentata e piena di impegni. Anche la mia non c'ha scherzato affatto, ho passato una settimana piena a lavoro e ogni sera tornavo a casa quasi morta per la stanchezza.
Mi è mancato tanto, dopotutto me lo sarei aspettata dopo la rivelazione che mi ha fatto lunedì. È durata pochi minuti, perché dopo abbiamo cambiato discorso, ma sono stati i minuti che rientrano nella fascia delle cose più belle che mi siano mai state dette prima.
Non per forza un "Ti amo" deve essere la cosa più bella che qualcuno possa mai sentirsi dire; in alcuni casi, anche qualcosa come del tipo "Hai il dono di farmi sentire unico" può diventare la frase delle meraviglie mai regalata sulla faccia del mondo. Ed io non mi sarei mai immaginata di potermi permettere paroloni così.
Ieri sera Vanessa è venuta a trovarmi, non ci siamo viste a lavoro poichè non ha lavorato in questi giorni avendo avuto l'influenza (ora si spiega perchè ho dovuto fare così tanto, ho dovuto lavorare per due!), e le sue prime parole sono state "voglio sapere tutto quello che è successo lunedi". Le ho spiegato che non era successo nulla di quello che stava già pensando nella sua testolina maliziosa ma che era successo, forse, molto di più; è rimasta sorpresa positivamente, mentre le raccontavo della giornata di lunedì passata con Fede si sarà indubbiamente resa conto degli occhi che mi brillavano dalla contentezza (chi non lo avrebbe notato?). Il mio vissuto con Fede le avrà recato felicità, ne sono certa, ma non ci sarebbe stato un decimo di paragone a quanto lo fossi già io.

Ho appena finito di vestirmi, tra poco chiamo Marta è quasi quasi la porto con me, andremo a farci un giretto in macchina.
È una bella giornata, perché non dovremmo approfittarne? La pioggia non si fa viva dalla settimana scorsa, è come se anche lei, assieme a me, si fosse presa un pausa dal cadere e toccare il fondo, e da lunedì abbiamo entrambe deciso di farlo.
"Pronto Marta, ci sei? Ti va di andarci a fare un giretto? Altrimenti l'angoscia dal stare dentro con giornate belle così mi assale!"
Marta acconsente, cosí qualche minuto dopo ci ritroviamo già in macchina a vivere una delle nostre solite mattinate, speranzose che non vada a finire con la stessa noia con cui era iniziata.
Andiamo al bar Phoenya a fare colazione, prendiamo posto al tavolino vicino la vetrata dei dolci freschi (oramai è un'abitudine) e ordiniamo il solito: cornetto alla crema per me, al cioccolato per Marta e due cappuccini senza cacao.
A metà consumazione dei nostri amati cornetti il mio cellulare squilla. È Vanessa.
"Ehi Vane, vuoi anche tu un cornetto?" Le domando divertita.
"Oh Bea..." la sua voce è tremolante, sembra quasi non riesca a respirare "non crederai mai a..." Piange, lo percepisco.
"Cavolo Vanessa, dimmi subito che sta succedendo!" La paura comincia a farmi battere forte il cuore.
"Matteo...Matteo... è..." Continua a farfugliare senza parole complete.
"Vane, dimmi che sta succedendo, ti prego!!!".
Tutto così, all'improvviso, come un lampo che ha squarciato il cielo, mi divide in due. Il mio cuore si frantuma. Marta mi parla, io però non riesco a farlo. Non può essere, no vi prego.

La macchina parte, le mani sul volante ci sono ma io non sono quasi cosciente, i minuti sembrano ore, le ore sembrano giorni, la nostra destinazione sembra lontana anni luce.
Poi, senza rendermene conto, io e Marta ci ritroviamo in ospedale.

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