Capitolo 16

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È quasi finita la seconda settimana senza Matteo. Da quel 7 marzo mi porto ancora addosso il senso di smarrimento, soprattutto quello che avevo quando il medico è venuto ad informarci che lui non c'era più.
Il giorno dopo il funerale, io e i ragazzi abbiamo deciso di andare a trovare Federico a casa sua ma lui non ci ha voluto ricevere; i suoi genitori ci hanno ringraziato per la continua premura che abbiamo nei suoi confronti ma ci hanno chiesto tempo, ci hanno detto che Federico non vuole vedere nessuno per ora, che è come se si fosse chiuso dentro sè.
Ma non sarà peggio? Questo dolore che ha non dovrebbe "vomitarlo" fuori piuttosto che tenerlo tutto per sè?
So che non dovrei insistere, ma sono due settimane che sta chiuso in casa e, cavolo, non può permetterselo ancora.
Gli mando un sms (che poi in pratica sarebbe     il quinto che gli mando).

"Ehi Fede, ti prego. Ti chiedo di non chiuderti nel tuo dolore, non più... sai meglio di me che non porterà a nulla di buono e sono sicura che neppure Matteo lo vorrebbe. So bene che è un momento difficile, ma non abbatterti... siì forte. Stringi i denti e anche i pugni se è necessario, esci fuori da quella stanza in cui stai "morendo" da due settimane, vivi. Farebbe felice tuo fratello, e anche me. 
Se vuoi fare una passeggiata basta che mi chiami. Io sono qui Fede. Sono sempre qui."

Oramai ho quasi perso le speranze, sono certa che non mi risponderà. È passata già un'ora e, per come è fatto lui, mi avrebbe già scritto e avrei già ricevuto risposta. Controllo il telefono.
"Cosa? Un messaggio?"
Caspita, non avevo sentito lo squillo del cellulare. Controllo chi è... Federico! Lo apro.

"Ti aspetto a casa mia per le 16:00. Se per te non è un problema usciamo e andiamo al fiume... ok?"

Mi ha scritto mezz'ora fa e sono quasi le 16:00.
"Perchè la mia vita deve essere sempre una corsa continua?" La solita sbadata.
Mi preparo velocemente, prendo la borsa e scendo giù, metto in moto la macchina e mi dirigo a casa di Fede. La corsa che ho fatto non mi dispiace affatto, sono contenta che mi abbia risposto e che voglia vedermi.
I quaranta minuti più lunghi dell'ultimo periodo, sembro non arrivare più.
Durante il tragitto penso a come dovrei comportarmi, mi sento così male al solo pensiero di vederlo soffrire.
Ma non potrei mai farmi vedere giù di morale, sto andando lì per farlo sfogare e risollevarlo dalla tristezza che si ritrova, mica per piangergli addosso!
Arrivo finalmente a destinazione, sono sotto casa sua. Suono al campanello. Passano circa 10 secondi e la porta davanti ai miei occhi si apre.
"Fede!" Mi butto fra le sue braccia, lo stringo e anche lui mi stringe forte.
"Oh Bea... non ce la faccio più...". Scoppia a piangere e le lacrime rigano quel suo bellissimo viso, fin troppo pallido e fin troppo buio ora.
"Ci sono qua io adesso, ti sfogherai e dopo starai meglio Fede, te lo prometto."
Mi stringe sempre di più, la sua rabbia me la sento addosso, percepisco il senso di vuoto che ha, quasi incolmabile, quasi troppo grande da poter riempire.
Lo prendo per mano e ci mettiamo in macchina. Mentre guido mi sento quasi smarrita, impotente, impaurita. Non l'ho mai visto così.
Al fiume lo farò parlare, dovrà sfogare tutto il dolore di cui si è fatto carico, dovrà alleggerire il peso che porta nel cuore.
Si, ce la farai.

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