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"Find someone who looks at all your flaws and imperfections and sees them as beautiful."

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1 mese dopo

Freddo.
Eh si, propio quello.
Carl aveva lasciato quella maledetta finestra aperta e per essere Aprile, quella sera si moriva di freddo. Sono sempre stata una persona freddolosa. Tentai di alzarmi dal letto per chiuderla.

'Domani sera è meglio che faccia venire i Gallagher da me, ho il riscaldamento e, per quanto riguarda la bolletta troveremo i soldi' pensai.

Voglio dire, come facevano a dormire con quel freddo?
Poi però ho ripensato a mio padre, quindi no, mi sa che se lo dovranno sorbire questo stramaledetto freddo, ho concluso.

Ad un tratto sentii una voce «Che c'è?!» ed ovviamente era Carl, l'avevo svegliato.

Mi diedi della stupida per averlo fatto «La finestra», «Cosa la finestra? Che ha fatto?» scoppiai a ridere, come che ha fatto la finestra?

«L'avevi lasciata aperta, stavo morendo di freddo, amore mio» mi girai a guardarlo. Fece uno dei suoi sorrisetti maliziosi come per dire "l'avevo capito eh", mi prese da dietro e in meno di un secondo mi ritrovai avvinghiata a lui nel letto. Riuscì a farmi addormentare senza quelle maledette goccie.

-

Il giorno seguente ci alzammo presto e andammo a scuola.
Sentivo che sarebbe successo qualcosa, anche se non sapevo cosa.

Quella mattina avevamo lezioni diverse, quindi non eravamo in classe insieme. Non ci vedemmo per tutta la mattinata.

A ricreazione presi lo zaino e andai nel retro, sulle scale. Mi accesi una sigaretta e inizia a fumare.

Esiste un modo per fermare tutto ciò? Esiste un modo per fermare il dolore? Esiste un modo per riportare in vita i morti? Esiste un modo per essere felici? Per sentirsi giusti? Per sentirsi 'abbastanza'?

Evidentemente l'unica luce nella mia vita era lui. Ne ero sicura.

Era la mia ancora, l'unica persona che potesse davvero rendermi felice.
Non smetterò mai di ringraziarlo.

15:30

Non pranzai.
Mi rincontrai con Carl e andammo a casa, ognuno alla propia, purtroppo.

Quella sera avrei dovuto lavorare al ristorante, così andai in camera e preparai la borsa, quando sentii la porta sbattere e, capii. Era tornato.

E c'era d'aspettarselo, aveva bevuto di nuovo, ma questa volta aveva fatto anche a botte.

Per la paura mi chiusi a chiave e andai alla finestra. Mi misi a guardare fuori, era spuntato il sole e le nuvole erano quasi andate via. Che peccato, amavo la pioggia.

«Dove sei?» era lui.
Non risposi.

Salì le scale a passo veloce e in meno di un minuto era andato a controllare se fossi nelle altre camere, ma non era così. Si fermò davanti alla porta di camera mia.

E ovviamente non riuscì ad aprire la porta.
Ma il modo di entrare lo trovò, sapevo che lo avrebbe trovato.

«Perchè ti nascondi?»
Non risposi.

«Perchè non rispondi?» disse venendomi a strattonare.
Mi limitai a guardarlo e basta.

Mi massacrò.
E questa volta,
non riuscivo a muovermi.
Mi era difficile persino aprire la bocca.

Il mio viso era distrutto, il mio corpo.
Come potevo nascondere tutto ciò?
Non sarebbe bastato un po' di trucco, non sarebbero bastate garze o quant'altro.

Non ero più me.
Ero stanca, non riuscivo più a tenere gli occhi aperti.
Nonostante tutto non riuscivo ad odiarlo.

Mi risvegliai qualche ora dopo, dovevo andare a lavoro. Non andai.

Fortunatamente trovai la forza di alzarmi, con difficoltà raggiunsi il piano di sotto e mi guardai allo specchio. Non provavo più niente ormai, niente di niente.

Presi le sigarette, una felpa e andai a sedermi sulle scale dei Gallagher. Cosa volevo fare? Niente.

Mi accesi la sigaretta e inizia a guardare il vuoto. Poi, tutta sorridente, Fiona stava per entrare in casa, quando mi vide.

Il suo bel sorriso sparì.
Non so spiegare quanto mi fece dispiacere.
Amavo vederla sorridere, era una roccia quella ragazza.

«Che-che ti è successo Bonnie?» la guardai e sorrisi. «N-niente» non riuscii a trattenermi e, scoppiai a piangere.

Mi scuso per eventuali errori di grammatica.
Il prossimo capitolo sarà l'ultimo.

She brought the rainDove le storie prendono vita. Scoprilo ora