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Sentii le braccia di Fiona avvolgere il mio corpo, ed iniziai a tremare. Non respiravo. Ebbi un attacco di panico.

«Ei ei, chiudi gli occhi e cerca di rilassarti» le parole non mi uscivano dalla bocca e iniziai a piangere sempre di più, come potevo rilassarmi?

Mi sentivo come se fossi su un'altro pianeta e il cuore mi batteva talmente forte che da un momento all'altro avevo paura mi uscisse dal petto.

«V?» urlò Fiona per un po' di volte, nella speranza che da dentro casa la sentisse.

«V?» urlò ancora una volta, quando la porta di casa della sua migliore amica si aprì improvvisamente e uscì tutta impaurita.

«Che cosa sta succedendo?» nel vedermi rimase a bocca aperta anche lei.«Aiutami, dobbiamo portarla in casa» disse a Fiona e così fecero.

Mi presero in braccio e mi portarono nella camera da letto. Carl fortunatamente era in giro a spacciare, probabilmente, così non mi vide.

«Vado a prendere la cassetta del pronto soccorso» disse V a Fiona, per poi uscire di casa velocemente e tornare dopo qualche minuto con tutto l'occorrente: garze, disinfettante ecc.

Chiusero la porta della camera a chiave, era palese, che non sapessero cosa dire apparte cosa era successo.

Ero impaurita, stanca e diffidente dal dirgli la verità. Poi però alla fine mi convinsero e gli raccontai ogni cosa.

«Mio padre ha iniziato a picchiarmi da quando la mamma è morta. Non c'è niente che ogni volta posso fare per fermarlo, devo solo aspettare che smetta. Questa volta però, credo, volesse ammazzarmi.»

Le due rimasero ancora di più spiazzate, non sapevano cosa dire, se non 'devi farti forza e andare alla polizia, starai con noi, ti aiuteremo durante il processo' ecc., ma io non ero ancora convinta di fare quel passo.

E alla fine decisi di tornare a casa, quando però scesi le scale mi ritrovai davanti Carl, mentre rideva e scherzava con Ian. Appena mi videro i due smisero di sorridere e rimasero a bocca aperta. Carl si fece improvvisamente serio.

«Chi cazzo ti ha ridotto così?» mi disse venendomi accanto. Non sapevo cosa dirgli, non potevo dirgli la verità. «Nessuno, sono solo cascata dallo skateboard» ma Fiona prese parola e raccontò tutto.

Vorrei che non l'avesse mai fatto, perché quella notte non mi lasciò nemmeno un secondo, per poi la mattina seguente andare segretamente a casa mia con l'intenzione di parlare con mio padre.

Mi alzai poco dopo e capii subito che Carl era andato là. Non esitai a raggiungerlo.

Quando aprii la porta lo trovai a terra con sopra mio padre e una bottiglia di birra. Dovevo fermarlo.

Andai in camera da letto e presi la pistola che nascondeva, scesi e lo minacciai. Dalla paura, si alzò e posò la bottiglia.

Troppo stupida.
Appena lo fece, Carl mi venne incontro e io lasciai cadere la pistola, che mio padre riuscì a prendere per poi spararmi.

Caddi a terra, nelle sue braccia.
I suoi occhi furono l'ultima cosa che vidi.

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Lo sai, che anche se non scrivo più di te,
non vuol dire che non ti penso, non vuol dire che non mi manchi, non vuol dire che non bisogno ho di te, non vuol dire che non mi manchi anche adesso e che non ho bisogno della tua mano, ora più che mai.
Lo sai che succede che a volte non ci penso più, sai che a volte quasi credo che potrei dimenticarti, e mi sento quasi felice, ma sono pochi secondi, perché poi immediatamente mi rabbuio e sento quel bruciore che sale dallo stomaco e mi invade dappertutto, quel senso di nausea terribile che non hai mai provato tu nel pensare a me e allora mi rendo conto che non posso, che anche se a volte penso che vada tutto bene, non è così. Ma tu che ne sai che ogni sera vado a letto e resto le ore a fissare il buio sopra di me, sperando in te, pregandoti da così lontano, anche se non puoi sentirmi, solo per combattere le lacrime che poi arrivano, sempre. Ma tu in effetti che ne sai di tutte le volte che parte una canzone e ogni singola parola mi riporta da te, anche se non voglio, anche se non dovrei, anche se in quel momento non ti sto pensando e sto quasi bene, sto quasi vivendo la mia vita come dovrei, eppure mi vieni addosso come un treno, all'improvviso, così dal nulla spunti tu
tu che non sai,
che non saprai mai
tu che non sai quanto bisogno ho di un tuo abbraccio, uno, uno solo, uno soltanto, uno vero, sincero, che mi ricomponga almeno a metà, almeno per qualche secondo,
ti giuro che non lo sai, tu non sai niente, eppure darei la mia esistenza perchè tu sapessi quanta forza mi hai regalato , e quanto sorrisi anche quando non c'era motivo per sorridere, non sai quante volte ho avuto giornate terribili, buie, in cui avrei voluto solo sparire, avrei voluto solo non esistere, avrei voluto solo strapparmi la carne di dosso e andarmene, nascondermi, evitare la vita in ogni modo possibile pur di non dover più incontrare gente, perché avevo paura, perché ero spaventato e provavo vergogna di chi ero e chi sono, e poi tu eri lí
lo sai qual è sempre stata la differenza? che tu eri sempre lì, che io lo volessi o no, eri nella mia mente, nel mio cuore, in ogni parte di me
eri ovunque e in nessun luogo, come ho sempre detto, non importa dove sei e dove sarai, perché ti porterò sempre irrimediabilmente con me, e so che in fondo lo capirai
in questi momenti tu c'eri a ricordarmi che valevo qualcosa, per te, e soprattutto per me
non sai quante volte ho stretto i denti e ho pensato che non potevo tirarmi indietro perché tu non lo avresti voluto
e può essere stupido e infantile, ma è per te che ho provato a non vergognarmi più, a mostrarmi così come sono, senza maschere perché tu, forse, saresti potuta essere orgogliosa di me
ti dico solo grazie
grazie, perché non ci sono parole per dirti quanto ti amo.
Mi mancherai sempre. Mi mancherai di notte e di giorno. Mi mancherai quando staró per andare a dormire e mi soffermeró a vedere le stelle,pregando che lassù adesso tu sia felice. Mi mancherai quando guarderó il tramonto e mi renderó conto che tu, non ci sei più.
- Carl Gallagher, 26 Febbraio, ultima lettera alla persona a cui teneva di più al mondo.

She brought the rainDove le storie prendono vita. Scoprilo ora