#11 Audrey

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Rimetto il telefono in tasca e sorrido con aria innocente, mentre quel poveretto rimane lì a guardarmi sbiancando in volto. Quasi inizio a preoccuparmi che stia per perdere i sensi, ma alla fine si riprende. Un ghigno nervoso precede le sue parole. "In realtà lo sanno tutti che faccio volontariato, non c'è nulla da nascondere..." si porta le mani nelle tasche dei jeans mentre cerca di sostenere il mio sguardo. Per un attimo penso che abbia ragione, perché mai dovrebbe nascondere questa cosa ai suoi amici? Eppure, dopo averlo osservato con più attenzione, cambio idea. Scommetto che sta bluffando, il colorito acceso delle sue guance in questo momento tradisce la sua falsa sicumera. "Allora non avrai niente in contrario se condivido la foto sul gruppo con gli altri, spero. Penso che saranno stupiti quanto me di sapere che affrontiamo insieme questa emozionante avventura!" esclamo entusiasta continuando a fare il mio gioco. 

Un lieve suono gutturale sgorga dalle sue labbra. "Ehi, amico, era un ringhio quello?" domando ridacchiando. Lui mi guarda malissimo e vedo che sta cercando dentro di sé le parole giuste da dirmi. "Non... Non osare..." balbetta poco dopo, completamente nel panico. "Cosa?" chiedo fingendo di non sapere cosa intenda. "Non manderai quella foto proprio a nessuno." Mi sta minacciando. Accanto a me c'è una bimba ricciolina dall'aria dolcissima. Mi abbasso e la abbraccio con fare teatrale. "Mi stai forse minacciando di fronte a questi piccoli bimbi innocenti?" gli chiedo guardandolo con l'aria di una santa, dando enfasi alle ultime parole. Lui arrossisce ancora di più e stringe i pugni, ma non aggiunge altro. "Benissimo." Mi alzo e mi avvicino a lui, fissando i suoi occhi verdi. "Devo dedurre che abbiamo un patto. Questa foto rimarrà al sicuro sul mio telefono. Ma tu smetterai di fare..." copro le orecchie della bambina e abbasso la voce ad un sussurro "...lo stronzo con me." Lascio andare la piccolina, che ancora interdetta per essere entrata a far parte di questo teatrino, si allontana per andare a giocare con i compagni. "E mi chiamerai con il mio nome." Indico il tesserino con decisione. 

Sono soddisfatta di me nel vedere che rimane imbambolato e senza sapere cosa ribattere. Se pensa di aver trovato un bersaglio facile si sbaglia di grosso. Gli sorrido e decido che ora posso tornare una persona abbastanza gradevole. "Beh, Thomas, è un piacere lavorare con te. Da dove si comincia con questi angioletti?" chiedo, riponendo il telefono nello zaino e addentrandomi nella stanza, curiosando intorno. Lui sembra ingoiare il rospo e si passa una mano tra i capelli, facendo un sospiro. "Caratterino, eh?" mi domanda retorico, cercando di darsi un contegno. "Così dicono..." ammetto facendo spallucce. "Che fai con i bambini, quando non ti si arrampicano addosso come koala?" domando curiosa. Lui finge di non aver sentito la mia domanda provocatoria e mi fa fare il giro della grande stanza colorata, spiegandomi ogni cosa nel dettaglio. Mi consegna una maglietta come quella che indossa lui e mi dice che i bambini ascoltano di più quando vedono che indossiamo la divisa. 

Lo seguo rapita mentre mi racconta delle attività, si capisce benissimo quanto adori quello che fa. La cosa mi colpisce molto e inizio a pensare che questo ragazzo nasconda più di quanto si possa immaginare conoscendolo appena. Questa nuova sensazione si fa strada in me lasciandomi piacevolmente stupita, c'è qualcosa che mi intriga in lui e mi viene un'improvvisa voglia di saperne di più sul suo conto. "Come mai hai scelto di fare il volontario qui?" gli chiedo di punto in bianco, rimanendo a fissarlo mentre prende in braccio un bambino che appena entrato nella stanza si lancia entusiasta tra le sue braccia. Alla mia domanda sembra rimanere interdetto. Accarezza il ragazzino e lo fa scendere nuovamente, lasciando che raggiunga gli amici dall'altra parte della stanza. Ma in qualche frazione di secondo la titubanza sparisce, lasciando spazio ad un arrogante sorriso da spaccone. "E' semplice. Perché sono il migliore. Hai visto come mi adorano?" Ecco di nuovo tornare quell'antipatia che fin dall'inizio mi ha provocato. Eppure ho la sensazione che la sua irritante sfrontatezza sia solo una facciata e immediatamente capisco anche che non lascerò perdere e andrò fino in fondo a questa cosa. Mi metterò sicuramente in un mare di guai. 

Scusa ma ti chiamo BarbieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora