CAPITOLO 9 - II

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– Non era necessario che mi accompagnassi, sarei potuto tornare anche da solo. – Caran Thyme camminava spedito accanto al fratello, stringendo in una mano il suo prezioso violino e nell'altra un fagotto contenente una torta di pinoli preparata dalla signora Greele, la vedova del suo defunto maestro.

– Non importa, Caran, avevo finito. – Conor camminava in silenzio, ritornando continuamente coi pensieri a ciò che era successo nella forgia quella mattina stessa.

*

Conor e Boyle Edon avevano fatto gli straordinari, nei giorni precedenti, per finire i lavori in sospeso ed avere la vigilia di soween a disposizione per preparare la veglia. Conor, in particolare, aveva l'ingrato compito di sistemare e ripulire l'officina, spegnere e spazzare la forgia e riordinare gli utensili per dare agli spettri l'impressione che l'officina non venisse utilizzata e non dare loro la tentazione di restarci. A metà mattina, dopo aver spazzato accuratamente il pavimento, svuotato la forgia e spalato il carbone, ormai freddo, nel deposito scavato nel terreno del cortile, Conor era già sudato e coperto da un velo di fuliggine e cenere. Nonostante la forgia fosse spenta, l'ambiente era piacevolmente caldo e per lavorare si era come di consueto levato giubba e camicia, restando a torso nudo.

La forgia era pulita. Nemmeno un granello di cenere era visibile all'interno dell'invaso di mattoni, e Conor si era preso un po' di riposo. Proprio in quel momento la porta posteriore dell'officina si era aperta cigolando ed un refolo di aria fredda si era fatto strada fino a lui. Temendo una sgridata se Boyle l'avesse visto inattivo, Conor era balzato in piedi, ma non si trattava del fabbro.

– Lavori? – La figura di Nya era comparsa da dietro la cella del carbone. Indossava un semplice abito di tela bruna, senza camicia né grembiule, e gli si era fatta subito vicina.

– Ho finito di spazzare. Restano da sistemare gli utensili e riordinare le barre grezze. Per mezzogiorno dovrei aver finito.

Nya aveva posato il cestino e fatto per abbracciarlo, ma lui l'aveva fermata. – Sono lurido, Nya, e puzzo come un asino.

Lei aveva sorriso maliziosa ed era saltata a sedere sull'orlo del muretto di mattoni che conteneva la forgia. Era una bella ragazza dalle guance piene ed i fianchi arrotondati, con lunghi capelli del colore delle foglie d'autunno che cadevano morbidamente sciolti sulle spalle ed il prosperoso seno. – Questo vestito è vecchio, posso sporcarlo. – L'aveva attirato a sé avvolgendolo con le braccia e le gambe, e lui l'aveva lasciata fare, ricambiandone la stretta. Sentiva le dita di lei scorrerle lungo la schiena nuda, disegnando il profilo dei muscoli, e nonostante la stanchezza aveva accolto con piacere il brivido che scatenavano. Le aveva messo una mano dietro al capo e l'aveva attirata a sé per baciarla. Labbra e lingue erano scivolate le une sulle altre a lungo, e quando si erano separati avevano entrambi il fiato corto. – Vieni con noi, questa sera? – Le mani di Nya si erano posate sul petto di Conor, tracciando linee intricate con la punta delle dita.

– No, torno al teach appena possibile, per stare coi miei.

Nya si era rabbuiata. Le sue mani avevano smesso di disegnare. – Perché?

– Perché là c'è la mia famiglia, e perché devo accompagnare Caran.

– Ma io sono qui... – Una mano aveva lasciato il suo petto, scivolando lentamente verso il basso.

Conor l'aveva lasciata fare. Mentre gli slacciava la cinghia dei calzoni, Conor però pensava che, per quanto si impegnasse, quella ragazza non sarebbe mai stata brava come Tiara del teach di Maclea, e era stato più che altro merito del ricordo di ciò che era successo quel pomeriggio al lago che Nya lo aveva trovato pronto per lei.

Loth - Parte Prima: TerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora