X. Clair de lune

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Folie à Deux

X.

Clair de lune



È notte ed è buio.

Non ha pranzato, si è chiusa nella sua stanza e vi è rimasta per tutta la mattina, il pomeriggio e la sera. È seduta da ore ai piedi del letto, con la schiena appoggiata al lato del materasso. Sente le gambe indolenzite, i piedi le formicolano. Ogni arto del suo corpo la sta supplicando di alzarsi, ma lei, testarda, rimane a terra a contemplare il nulla davanti a sé.

La rabbia non si è ancora calmata. Non sa se si calmerà mai.

Sente le dita di Alistair ancora ferme sotto la sua gonna, calde, pungenti. Sente ancora il dolore di quel contatto - ha persino creduto che le fosse rimasto un livido sulla pelle, ma no, quello è un dolore psicologico e non lascia segni evidenti, non lascia prove. Etereo e fantasma.

La stanza che Alistair le ha dato è un rettangolo di pochi metri quadri, abbastanza per far sentire una persona in gabbia. Quattro pareti spoglie, senza quadri o mensole, ricoperte da una carta da parati giallina strappata in più punti e raggrinzita in corrispondenza di alcune crepe che si estendono fino al soffitto. Come mobilio solo un letto in fondo sulla sinistra, rivolto verso una finestra che sembra resistere per miracolo, con i vetri opachi e la maniglia arrugginita, un comodino sbilenco e un armadio a tre ante di legno scuro sulla destra. Tutta la casa, compresa quella stanza, ha le fattezze del primo Novecento. Nessuna traccia di modernità, se non una vecchia televisione che ha intravisto nel salotto al pian terreno e gli elettrodomestici in cucina.
Da quando ha messo piede lì dentro, Eleanor non si sente più parte della sua epoca. Si sente un essere atemporale. Ha perso la cognizione del tempo.

È isolata dal resto del mondo e non ha più contatti con nessuno se non con il proprio assassino. Si sta domandando da ore perché abbia concesso ad Alistair tutto quel potere e perché lo stia assecondando.

L'ha lasciata del tutto disarmata e adesso lei deve trovare assolutamente un modo alternativo per ucciderlo. Non starà con le mani in mano, vuole solo aspettare il momento giusto. La notte le sarà amica, il buio la abbraccerà e le permetterà di sgusciare di sotto senza il minimo rumore. Le basterà trovare almeno uno dei suoi coltelli. Uno solo.

È qualche secondo dopo essersi stiracchiata e alzata per recuperare il borsone gettato in un angolo accanto all'armadio, così da prendere un cardigan di lana, che sente dei passi sul pianerottolo. Tutto il suo corpo si irrigidisce e si tende.

È lì fuori.

Lo sente fermarsi proprio davanti alla stanza.

Come quando l'ha uccisa la prima volta, a casa sua, sul suo letto, un foro in fronte e schizzi di sangue sulla parete. Deglutisce.

Alistair abbassa la maniglia della porta, piano, come per darle il tempo di prepararsi nel caso non si sia chiusa dentro a chiave. Ma lei l'ha fatto.

Lo sente spingere appena la porta, prima di incontrare resistenza e desistere. « Hai ascoltato il mio consiglio, allora » le dice. Odia quel tono di superiorità. Odia dovergli dare ragione.

Non gli risponde.

« Volevo solo darti la buonanotte, Eleanor. E dirti di stare attenta ai lupi mannari. C'è la luna piena. »

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