XXIX. Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen

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Note d'autrice: ho adorato scrivere questo capitolo e... sì, ne vado abbastanza fiera, can't believe it! Spero davvero che vi piaccia. Siamo agli sgoccioli.
Il titolo significa "La vendetta dell'inferno ribolle nel mio cuore" ed è una parte lirica del Flauto Magico di Mozart (se la ascoltate su youtube la riconoscerete sicuramente!).




Folie à Deux

XXIX.

Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen



Le porte dell'ascensore si aprono su un corridoio con la moquette bordeaux.

« Qual è la stanza? »

« Centouno. »

Svoltano a destra e percorrono qualche metro, trascinando un unico trolley, prima di trovare la porta di legno massiccio, tra le tante, con sopra la targa d'ottone che indica "101". Alistair la sblocca con la chiave elettronica che gli hanno consegnato alla reception. Una volta entrati, la porta si richiude con un tonfo sordo.

« Non ci sono telecamere, vero? » gli chiede Eleanor in un soffio.

Lui sorride lievemente alla sua ansia ingenua. « Certo che no, qui devono mantenere la privacy dei clienti. »

« Perfetto. » Lascia il cappotto sul letto matrimoniale e si posiziona davanti allo specchio verticale inserito tra l'armadio e il televisore a schermo piatto. L'immagine riflessa è quella di una ragazza con un vestitino di cotone rosa antico, le gambe coperte da sottili calze nere, le spalle leggermente curve per la stanchezza, i capelli castani che cadono voluminosi sulla schiena e un paio di occhiali da vista dalla montatura fine. « Non sembro nemmeno più io » commenta. « Potrei essere a tutti gli effetti la Edith Ferguson della mia nuova carta d'identità. »

Alistair giunge alle sue spalle e continua a osservarla nel riflesso. « Potrei quasi provare pietà per te, in queste vesti. Sembri appena uscita dal liceo. »

Eleanor pare indispettirsi, senza darlo troppo a vedere. Si volta e va a posare gli occhiali - non graduati, naturalmente - su uno dei comodini ai lati del letto. Ormai ha vent'anni da qualche mese e detesta passare ancora per una ragazzina indifesa. Alistair lo sa. E si diverte a rigirare il coltello nella piaga.

In un'altra vita si sarebbe preoccupato di questo suo ossessivo ricondurla alla fanciullezza, si sarebbe fatto qualche scrupolo in più prima di scopare con una ragazza quattordici anni più giovane di lui che, per giunta, sembra una minorenne, per come si veste, per come si comporta, per quello che dice.

Nella vita che gli si è cucita addosso, però, non c'è spazio per questo genere di preoccupazioni. Non c'è spazio nemmeno per il pensiero remoto di un'altra donna al posto suo, dopo la morte di Sophie.

Eleanor. Lei. E basta.

Ad abbandonarla presto, oltre agli occhiali, è la parrucca: si sfila quella matassa realistica di capelli sintetici, rivelando i propri raccolti in uno chignon e coperti da una retina, di cui si libera subito allo stesso modo.

Alistair la raggiunge alle spalle, di nuovo, e le scioglie quello chignon perché ha bisogno di ritrovare la sua immagine originale e primitiva, quell'immagine che tanto sofferentemente venera. Le ciocche rosse le precipitano disordinate sulle spalle.

« Provi pietà anche adesso? » domanda lei allora, voltandosi. « Provi pietà per Eleanor, dopo tutto quello che ha fatto, dopo tutto quello che ti ha raccontato? »

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