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Enola

Scossi la testa inorridita. Diego, compiaciuto di quella mia reazione, accennò un sorriso per poi continuare a sua recita.

« Sarebbe delizioso, Beatrice.» disse mellifluo.

«No, Diego, non se ne parla, non andrai a disturbare Enola e i suoi familiari.» intervenne Angela.

«Esatto.» affermai convinta.

Mia madre mi guardò minacciandomi con gli occhi, mi avrebbe tolto i viveri se l'avessi contraddetta. Non mi importava. Diego era un problema più grave dell'assenza di cibo.

«Devi fare compagnia ai tuoi nonni, e poi ti annoieresti in Val Gardena, credimi.» dissi cercando di trattenere lo sdegno.

«Se ci sei tu non potrei mai annoiarmi.»

Era una minaccia. Era una maledetta minaccia, ma quelle parole furono utili solo a rafforzare l'idea di ragazzo dolce ed educato che mia madre si era fatta di Diego.

«Ti annoieresti, è meglio se rimani qui.» provai ad insistere cercando di non apparire maleducata.

«Lo faccio per te.» aggiunsi quasi istericamente.

«Enola, basta. Sai bene che stai mentendo, Diego si divertirebbe un mondo in montagna. Siete tanti ragazzi e quasi tutti coetanei, smettila di comportarti come una bambina, a casa facciamo i conti.» mi rimproverò mia madre.

Spalancai la bocca esterrefatta. Umiliata davanti a Diego e sua madre, era fuori dal mondo.

«Beatrice, non so, non vorrei che Diego vi rechi disturbo, siete già tante persone...» disse Angela.

Mia madre scosse la testa.

«Non preoccuparti. Diego è un bravo ragazzo e sono certa che non darà fastidio, lascialo divertire.»

«Grazie Beatrice, tu sì che mi comprendi.» rivelò Diego con tono affabile.

Avrei voluto gridare. Prenderlo a schiaffi.

Lurido lombrico, schifoso doppiogiochista, falso come i mesi da trentadue giorni, maestro di Pinocchio nella disciplina delle menzogne.

Mi aveva messo con le spalle al muro, le mie vacanze sarebbero state rovinate.

Bevvi la mia cioccolata calda fissando il tavolo e concentrandomi sulle venature del legno.

Non proferii parola per tutto il resto del tempo. Mia madre non avrebbe cambiato idea, era testarda come me, se si era messa in testa di portare Diego in vacanza allora sarebbe stato così.

Pregai fino all'ultimo che la situazione mutasse, ma quando mia madre avvertì Angela che in serata l'avrebbe chiamata al telefono per elencarle le cose che Diego avrebbe dovuto portare con sé, allora mi arresi.

Angela ci offrì la merenda visto che avevamo regalato una vacanza sulla neve a suo figlio.

Seguii mia madre mogia mogia al parcheggio dell'auto.

Prima di andare via Diego la salutò calorosamente, poi finse affetto anche nei miei confronti.

Mi avvolse in un caldo abbraccio e io, rigida come un tronco, ricambiai con un paio di pacche sulla schiena.

Mentre le nostre madri erano voltate da un'altra parte, Diego mi morse anche l'altra guancia. Non riuscii a protestare. Ero una vittima degli eventi.

Aveva le pupille dilatate, era visibilmente eccitato per quei giorni dove mi avrebbe potuto torturare indisturbato.

Iniziai a respirare affannosamente, forse perché eravamo così vicini, forse perché sapevo che mi sarei dovuta guardare le spalle ventiquattro ore su ventiquattro, forse perché sentivo il suo respiro caldo mischiarsi al il mio.

«Ci vediamo domani stronzetta.»

ANCHE ORA - Speciale NataleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora