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Enola

Come ogni anno ritrovai tutti i miei parenti in una delle sale ricreative dell'albergo.

Mio zio amava definirla 'il salotto' per sottolineare come in quello spazio si respirasse un'aria intima, familiare. Vi era un enorme camino in cui un fuoco scoppiettava emanando un piacevole tepore e alcuni morbidi divani intonati alle tende a quadri rossi e bianchi appese alle finestre. Sulla lunga tavolata al centro della stanza consumavamo tutti i pasti della vacanza.

Il salotto era un locale dove solo la nostra famiglia aveva accesso, era preclusa ai turisti che alloggiavano nell'albergo. Era un punto di ritrovo, uno stratagemma di mio zio per farci stare sempre assieme come la migliore delle tradizioni natalizie.

Tutti miei parenti erano lì intenti a chiacchierare, a scaldarsi vicino al camino, a raccontarsi le vicende dell'anno quasi del tutto trascorso.

« Sono arrivate Enola e Beatrice.» annunciò mio zio.

«Hanno portato un bel giovanotto con loro.»

Mise una mano sulla spalla di Diego.

Non avevo dubbi sul fatto che tutti sarebbero andati a salutare prima lui. Diego si presentava con disinvoltura, sorridendo e incantando ognuno dei miei parenti, sembrava che avesse sempre fatto parte della mia famiglia.

«Ragazzo, dormirai in stanza con Paolo e Paola, i cugini di Enola. Sono i figli di quei due signori accanto al camino che si chiamano Pino e Pina.»

Diego mi guardò interrogativo.

«Si sentono originali avendo in famiglia tutti nomi con la 'P' e soprattutto avendo lo stesso nome tra maschi e femmine.» spiegai.

«Non dormo con te?» chiese.

Spalancai la bocca.

«No.»

«Perché?»

«Lo chiedi anche?»

Diego mise in broncio.

«Dai! Ci divertiamo!» esclamò.

«Cosa intendi per 'divertirsi'? Diuretici?»

Diego mi accarezzò dietro la coscia e fece salire la mano lentamente. Quando arrivò alla tasca posteriore dei miei jeans la tolse.

«Non proprio.» bisbigliò.

«Da quando sei così sfacciato? Le vacanze ti hanno dato alla testa?» dissi con voce forse troppo acuta.

«Certo... proprio le vacanze...»

Non feci in tempo a controbattere che la persona più odiosa della mia famiglia fece la sua comparsa.

Mia cugina.

«Ciao! Io sono Carolina.»

Allungò con fare civettuolo la mano verso Diego che l'afferrò deciso.

«Sono la cugina di Enola.»

'Purtroppo.'

«Tu sei?» chiese con voce soave.

«Diego, un amico.» rispose non lasciandosi sfuggire il minuscolo abito in cui era strizzata.

Carolina-la-gallina. Invidiosa di me e lagnosa, oltre ad essere una bionda tinta.

«Deliziosa.» commentò Diego e lei sorrise così tanto che le rughe di espressione divennero faglie.

«Hai dimenticato di essere in montagna?» chiesi con sarcasmo facendo riferimento alle sue sottilissime calze.

«E tu hai dimenticato di mangiare una zolletta di zucchero questa mattina, come al solito del resto.» rispose.

Diego si gustò la scena comprendendo l'astio tra noi due.

«Enola è sempre acida.» disse rivolgendosi a lui.

«Lo so bene.» confermò Diego.

Solo allora notai come le stesse tenendo ancora la mano, come le stesse accarezzando il dorso con il pollice.

«Abbiamo molti giorni per conoscerci, Diego.»

'Ho molti giorni per trovare un modo per far sparire il tuo cadavere'.

«Non ho dubbi sul fatto che ci conosceremo molto bene.» disse lui di rimando.

All'improvviso divenni il terzo incomodo della conversazione.

Carolina andò via ancheggiando in modo vistoso e quel movimento oscillante non sfuggì a Diego che con leggere inclinazioni della testa ne seguì l'andatura.

ANCHE ORA - Speciale NataleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora