Capitolo 15

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Paulo's pov.
Tanti altri giorni passarono e Rosie ancora non ne voleva sapere di svegliarsi. Da mesi a questa parte passavo intere giornate in ospedale, in attesa del suo risveglio, ma niente, la situazione non cambiava.
Ogni tanto saltavo anche gli allenamenti, ma il mister non si arrabbiava, sua nipote stava male, e lui come me, era molto scosso e preoccupato per lei.
Dormivo poco, mangiavo altrettanto poco, stavo sempre in ospedale. Mia mamma mi rimproverava anche questo, però capiva la mia situazione e quindi mi lasciava semplicemente stare.
La partita che avremmo dovuto fare a Verona, contro l'Hellas, abbiamo dovuto rimandarla. Il mister, e il papà di Rosie non se la sentivano di abbandonare Rosie in quel momento. E chi se la sentiva d'altronde? Alvaro era molto stressato e nervoso, dopotutto Rosie era anche una sua cara amica. Anche gli alti ragazzi della squadra erano tristi per Rosie, chi più e chi meno, in questi mesi era riuscita a farsi voler bene da tutti noi, era praticamente impossibile non volerle bene.
E poi c'era Natalie, sua mamma, quella donna aveva una grandissima forza, passava tutte le giornate in ospedale, li in attesa che la figlia aprisse gli occhi. Era la sua unica figlia e non avrebbe mai voluto perderla, così allo stesso modo anche il padre andava in ospedale tutti i giorni, cercando sempre di essere comunque presente per la squadra.
E poi ci sono io, che tornavo a casa solo per farmi una doccia, e alcune volte per dormire, per il resto passavo tutto il giorno in ospedale, seduto fuori dalla sua stanza.
Rosie mi mancava, mi mancava il suo sorriso pronto ad illuminare tutta la mia giornata.
Un giorno, quand'ero nella sua stanza d'ospedale, ero seduto su uno sgabello affianco al letto, avevo le mani unite con le sue quando la sentii stringere la mano; rimasi fermo a fissare le sue mani, e la sua stretta era ancora salda sulla mia sbalordito, ma non volevo illudermi troppo.
Chiamai un dottore, pensando che quella potesse essere la buona che si svegliasse, ma così, naturalmente, non fu, era semplicemente un riflesso nervoso.
Quello fu il giorno in cui tutte le mie speranze si accesero. Pensavo si stesse per risvegliare, pensavo mi sentisse, ma mi sbagliavo evidentemente.
Dopo quel giorno uscii dall'ospedale deluso e triste, anche se da una parte me lo aspettavo.
Sulla strada di ritorno incontrai Antonella, il suo pancione ormai era cresciuto, diventando molto più visibile. Era insieme a quel ragazzo con cui sta sempre, Thomas.
Non li salutai, finché non fu lei ad accorgersi di me, richiamando la mia attenzione.

«Paulo non si saluta più?» alzai gli occhi al cielo e feci un cenno con la testa continuando a camminare. In quel momento non me la sentivo proprio di intraprendere una conversazione con loro.
«Ciao.» dissi distrattamente.
«So che Rosie è in coma ma non rimanere così a disperarti, la vita va avanti, ti stai trascurando.» si lamentò lei.
«Antonella, non ho neanche le forze di iniziare una discussione. Quindi torna a casa con lui e non mi stressare, te lo chiedo per favore.» sbuffai. Il ragazzo rise e Antonella richiamò la sua attenzione tossendo, si ricompose e smise di ridere.

«Quando nasce?» chiesi poi.
«Sono al penultimo mese, è un maschietto.» sorrise lei toccandosi la pancia. Finsi un sorriso anche io.
Thomas le accarezzò la pancia.
«Non vedo l'ora che nasca questo piccolo, così poi posso insegnargli a giocare a calcio!» disse e per poco non scoppiai a ridergli in faccia.
«Tu dovresti insegnare a lui come si gioca a calcio?» risi. Lui mi guardò incerto su cosa dire e poi guardò Antonella che alzò le spalle.
«Solo perché giochi nella Serie A non vuol dire che tu sia il calciatore più forte al mondo, non sei poi granchè.» disse Thomas, con voce saccente.
«Non l'ho mai detto.» alzai le spalle.
Lui alzò gli occhi al cielo.
«Bene noi andiamo.» disse poi e fece cenno ad Antonella di andarsene, prendendola per mano. Lei annuì e mi salutò.
Non sapevo dove andare, così decisi di continuare la mia passeggiata per le strade di Torino, prima di tornare nuovamente da Rosie.

Mi misi le cuffie e passeggiai. Pensando alla bellissima ragazza che mi ha rubato il cuore. Che ora era su un orribile letto d'ospedale.

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«Nat, da quanto tempo sei qua?» chiese suo marito. Ero appena arrivato in ospedale ed ero seduto vicino a lei, visibilmente molto stanca.
«Ho dormito qua.» si spiegò e mimò le virgolette alla parola dormito.
«Natalie, devi tornare a casa a darti una sciacquata di faccia e a riposare un po. Ne hai bisogno, rimaniamo io e Paulo qui.» disse e le mise una mano sulla spalla.
«Sandro, davvero, e metti che Rosie si sveglia? Non voglio abbandonarla proprio ora.» disse e questa sua frase mi fece rattristire.
«Lo so, lo so, dico solo che avresti bisogno di riposare.» alzò le spalle.
«Lo so, ma ora come ora sto bene così.» suo padre annuì.
«Si hanno notizie?» sussurrai a Natalie.
«Prima ha mosso nuovamente una mano.» disse e sorrise speranzosa.
«Speriamo bene allora...» le dissi io.

«Posso entrare?» chiesi e lei annuì, in stanza non c'era nessuno e la porta era leggermente aperta.
Corsi dentro e le lasciai un bacio sulle labbra.
«Ehi Ros. Come già sai ti starò per dire che mi manchi, e tutte altre cose che già sai. Ho esaurito le cose da dire scusa.» feci una risatina nervosa. Presi come sempre le sue mani tra le mie e le accarezzai, prima di rannicchiarmi affianco a lei, tenendo le mani sempre unite con le sue.
Rimasi così per un paio di minuti, fino a quando non sentii un movimento vicino a me. Mi alzai di scatto e mi girai verso di lei. E fu allora che per poco non caddi dal lettino. Lei era lì, sveglia, con gli occhi socchiusi posati su di me.
Rimasi a guardarla per qualche secondo, cercando di mettere a fuoco la situazione.
«Rosie, oh dio. Sei qui, stai bene?» dissi e le presi le mani, riempiendole di baci. Lei si allontanò da me.
«Rosie mi sei mancata così tanto.» feci per abbracciarla ma lei ancora una volta si allontanò da me.
«Tu chi sei?»

Il mio cuore perse un battito, mi alzai dal lettino e rimasi a guardarla. La sua faccia sembrava spaventata, confusa. La terra sotto i miei piedi non c'era più. Il mio cuore andò in frantumi, non poteva essere vero.

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SPAZIO AUTRICE
Buongiornoo, come state? Spero vi piaccia il capitolo. Votate e commentate! Un bacio.
-fede

Mi Joya //Paulo Dybala Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora