Capitolo 25

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ANONIMO'S POV

"Dove la lascio capo?" Mi chiede numero tre con lo sguardo fisso sulla strada.
Glielo dico sempre che non dovrebbe girare insieme a me con la sua macchina, considerando la mia fama, ma lui non ne vuole sapere. Dice che nessuno mi riconoscerà e che nessuno sospetterà di niente.
Io non ci credo.
"Al bar sulla tredicesima." Dico prendendo il portafoglio dalla tasca.
Apro il taschino all'esterno ed estraggo la mia foto preferita.
Ci siamo io e mia figlia. Aveva ancora due anni e sembrava così felice con me.
Ma purtroppo credo che se dovessimo fare la versione del 2016 di questa immagine, il suo sorriso non sarebbe così illuminato con me vicino.
L'ho fatta così tanto soffrire, che ormai ho perso le speranze di poter riallacciare il rapporto con lei.
Non ha più bisogno di me, perché quando ne aveva, io non ci sono stato.
La più grande mi ha perdonato e si capisce anche grazie a questo incontro che stiamo per fare.
Il maschio più o meno. Forse perché abbiamo vissuto più tempo insieme.
"Quindi ha incontrato Jada alla fermata dell'autobus." Dice con un sorriso malizioso sul volto.
Sa perfettamente che ho anche spaventato quella ragazza, per questo è così fiero e contento. Non la sopporta più ormai.
"Sì idiota, ma immagino che tu già lo sappia." Dico con nonchalance continuando a guardare quella dannata foto.
Sto per vedere mia figlia maggiore, ma non posso fare a meno di pensare che vorrei tanto che ci fosse la più piccola al suo posto.
"Esatto, me l'ha detto la sua puttanella." Dice ovviamente riferito a numero quattro. Gli lancio un'occhiataccia, non per difenderla, ma solo per ricordargli che non deve parlare così delle persone.
Che io lo faccia non c'entra. Io devo comunque dare il buon esempio, no?
"Sua figlia è una persona meravigliosa." Sussurra tornando nuovamente serio. Numero tre è l'unico del gruppo che sa delle mie figlie, visto che ho sempre chiesto a lui notizie della mia piccola.
"Lo so. È tutta la mamma." Ed è vero. Ho strappato sua madre dalle braccia di un altro uomo con l'inganno, tenendola all'oscuro di tutti i miei affari loschi. Ormai vanno avanti da quando avevo vent'anni.
Quando l'ho lasciata definitivamente non ho più riconosciuto la ragazza di un tempo nei suoi occhi.
Si erano spenti quando le avevo confessato della mia doppia famiglia, ma la verità era che l'avevo lasciata solo per il suo bene, e per quello delle nostre figlie.
"Tornerà un giorno?" Chiede svoltando all'ultimo semaforo.
Siamo quasi arrivati.
"Non lo so. Lei è forte, ma non credo sia ancora in grado..." Ma non riesco a concludere la frase che qualcuno ci taglia la strada con il motorino. In un attimo il ragazzo è a terra, mentre io e numero tre non riusciamo a muoverci.
Riprendendo il controllo di sé, lui esce dalla macchina e si avvicina pericolosamente alla moto.
Decido di restare all'interno dell'auto.
Non posso rischiare ancora di essere scoperto con lui.
"Tutto bene amico?" Sento chiedere da numero tre al ragazzo a terra.
Si alza lentamente, come per controllare che tutto sia al posto giusto, e non appena alza la testa verso di lui, gli tira un leggero pugno dritto nello stomaco.
Istintivamente porto una mano sopra la cintura, per slacciarla.
Sto per uscire dalla macchina quando lo sconosciuto tira uno schiaffo sopra il braccio di numero tre, ma d'un tratto il ragazzo si toglie il casco.
Rimango di stucco nel vedere il viso di chi lo portava.
Quel bambino dagli occhi scuri come i miei.
Quel bambino che voleva tanto imparare ad andare in bicicletta.
Quel bambino che ha poi imparato ad andare in moto.
Quel bambino che ormai non è più così bambino.
"Ma sei scemo o cosa?" Gli chiede sferrandogli un altro pugno sul braccio.
Anche numero tre non crede ai suoi occhi, ma cerca di mascherare la sorpresa con sicurezza.
"Dio Ryan mi hai tagliato la strada, che potevo fare!" Dice aprendo teatralmente le braccia.
"Sai che adesso dovrai accompagnarmi tu a casa vero? È meglio chiamare qualcuno per rimorchiare la moto." Dice cercando il telefono nella tasca.
Contemporaneamente vedo numero tre lanciarmi uno sguardo preoccupato.
È nel panico. Non sa cosa fare.

MELANIE'S POV

"Signorina sicura che non vuole prendere niente?" Mi chiede gentilmente il cameriere con espressione preoccupata.
Cavolo è passata solo mezz'ora, mica mezza giornata!
"No, grazie." L'educazione prima di tutto però.
Sono da sola, in un bar del centro che nessuna delle persone che frequento conosce, che aspetto che quel bastardo di mio padre si presenti qui.
Non potrò mai dimenticare quando l'ho chiamato la prima volta dandogli tutte le risposte che cercava.
Ma la prima risposta, l'avevo data a me.
Odiare mio padre per tutti questi anni pensando che non fosse presente, pensando che non si fosse preso la responsabilità di me e Cloe, per poi scoprire che aveva fatto tutto per mantenere un'altra famiglia e lasciare noi al sicuro.
Non so se odiarlo per aver messo in pericolo quel povero ragazzo o se amarlo per aver salvato me e mia sorella.
"Ciao Melanie." Mi saluta qualcuno dal tavolo davanti a me.
Guardo meglio il ragazzo che mi sta di fronte ma non ricordo proprio chi sia.
"Ciao, ci conosciamo?" Chiedo un po' brusca.
"Sono Jake, l'amico di Cloe." Dice con sguardo confuso. Forse non si aspettava che non lo riconoscessi,  ma ora che ci penso mi è tutto più chiaro.
Il famoso appuntamento di Cloe.
"Ah si ora ricordo! Comunque mi ha fatto piacere rivederti e capire che mia sorella non ti ha fatto ancora uscire dalla sua vita." Dico con nonchalance iniziando a chiamare il cameriere.
"Si, certo." Conclude divertito mentre torna a parlare con il suo gruppo di amici.
Alla faccia che non conoscevo nessuno in questo posto!
"Ciao piccola ti posso offrire qualcosa." Sussurra una voce alle mie spalle. Dio come puzza!
"Ehm...no grazie." Perché non sono Cloe? In queste situazioni lei sarebbe sicura di sé e affronterebbe quest'uomo senza problemi. Perché invece io non riesco a muovere neanche un muscolo?
"Dai, solo un goccetto." Dice più vicino a me, mentre accarezza la mia guancia.
"I-io n-non-"
"Leva le mani di dosso da mia figlia!" Urla qualcuno dalla soglia dell'entrata.
Mi giro di scatto nel sentire quella voce e non posso credere di rivederlo.
Dopo anni eccolo qui, davanti a me, mostrandomi sempre la copia esatta di Cloe al maschile.
L'uomo di fianco a me indietreggia pericolosamente, finendo così addosso alla ragazza del tavolo dietro. Mio padre gli lancia ancora un'occhiata omicida, facendo così raggiungere l'uomo direttamente in Argentina con un solo sguardo.
Mi alzo in piedi e una lacrima involontaria riga il mio viso.
Dopo tutti questi anni!
"Ciao papà." Dico andando verso di lui.
"Ciao Mel." Dice abbracciandomi, finalmente.
Se solo potesse vedermi la mamma in questo momento.
Se solo potesse esserci anche Cloe con me ad abbracciare nostro padre.
Se solo lui potesse rimanere qui per sempre, così che non debbano passare altri giorni, mesi, anni, prima di rivederlo.
Ma soprattutto, se solo la smettessi di pensare a tutte queste possibilità, forse mi renderei conto che purtroppo la realtà delle cose è un'altra.
Mamma non può vedermi perché è rinchiusa in una clinica; Cloe non abbraccerebbe con me nostro padre, perché sarebbe qui ad urlargli contro; ma soprattutto papà adesso è qui, domani non ci sarà più.

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Che ne dite?? 💛
Immagino che qualcuno di voi avesse già sospettata di chi fosse il padre il fantomatico ricattatore.
Ed ecco qui, che si aggiunge anche il rapporto fra Cloe e Ryan!
Spero vi piaccia!!!!
Ho scelto di non scrivere un dialogo fra i padre e figlia semplicemente perché la cosa importante era un'altra, che ovviamente scoprirete nei prossimi capitoli!!!!
Alla prossima 💜
Alias90 💙

We Are Friends(#Watty2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora