Capitolo tredici

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Lo spavento è enorme. Uno sbaglio o una distrazione può significare la morte. Magari una morte dolorosa, un bello spettacolo per Capitle City. Sinceramente, voglio vivere almeno un'altra settimana.
Mi volto e lo vedo: il ragazzo del Distretto Dieci. Non ha altre armi in mano, è spaventato anche lui. Non ho tempo per pensare. Mi scaravento addosso al sedicenne. Crolliamo a terra, l'aria si impregna di urli di terrore. L'unica cosa di cui sono sicura è che siamo sullo schermo di Capitle City. Probabilmente anche Clary mi sta guardando. Mi sferra un pugno sulla mandibola, la bocca mi si riempie di sangue. Riesco a finire sopra di lui e sfilo un coltello dalla sacca. È il momento. Con tutta la forza che ho, abbatto la lama nel suo petto, che diventa una voragine di sangue. L'urlo mi gela il sangue, non riesco a muovermi. Rotolo via dal ragazzo che presto sarà una vittima e non lo guardo più. Stacco la lancia dall'albero e mi metto a correre. Dopo neanche cinque minuti il cannone spara.
Cerco di non piangere, non voglio che tutta la Capitale mi veda dispiaciuta per quello che ho fatto.
Mi accascio alle radici di un albero mentre guardo l'hovercraft che, in lontananza, preleva il corpo.
La parola 'assassina' mi tormenta nella testa.
A tardo pomeriggio la fame si impossessa dei miei pensieri. Di acqua ne ho, ma di cibo non ho nulla. Non è facile prendere i volatili con dei coltelli, ci vorrebbe un arco. Continuo a camminare. Arrivo ai piedi di quello che pare una montagna. O forse un vulcano?
Sosto di nuovo, voglio mettere la casacca di riserva: fa freddo. Raschio via il sangue dal coltello. Poi sento un rumore. Con la lancia stretta nella mano, mi volto furtiva. Una figura sbuca da un albero. Abbasso l'arma e sorrido.
-Ciao, Molly-.

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