°19° Neunzehn

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Non ci misi molto a capire le nuove regole che imponeva la nuova vita, la nuova città e soprattutto la nuova casa e i nuovi amici. Spesso e volentieri non mi facevo mai vedere a casa, cercavo sempre un modo per stare via. Avevo il mio spazio in cucina, un ripiano nel frigo e la mia tazza per fare colazione. Mia, personale. Ma non mi bastava. Corsi al primo negozio di articoli per la casa e comprai cinque piatti bianchi, una forchetta, un coltello, un cucchiaio e un cucchiaino. Li misi nel ripiano della credenza, nessuno li doveva toccare, erano miei.

Mi faceva al quanto schifo il pensiero di dover toccare piatti e bicchieri con persone che nemmeno conoscevo. Jaroslav lo incontravo ogni tanto in cucina la mattina, la sua colazione era rivoltante. Uova, riso e carne tritata in padella e litri di caffè in tazza. Cercavo sempre di svegliarmi prima di lui, così da non dovermi sorbire quell'odore così sgradevole.

La mattina facevo colazione con thè e fette biscottate che ero riuscita a scovare nel supermercato vicino casa. Dopo mi vestivo di corsa e correvo fuori di casa a camminare. Arrivavo al centro con le guancie rosse e il fiatone. Mi sedevo su di una panchina e aspettavo. Le giornate mi passavano così, fra un pianto e scoprire nuovi negozi e nuove persone. 

Ero 42 kg appena arrivata, con il tempo scesi altri due kg. Niente di che, ma per me erano sempre quella piccola vittoria. Una mattina incontrai l'altro ragazzo che abitava con noi, Eduardo. 

-Ehi, Michelle, giusto?- Era alto almeno un metro e novanta, capelli ricci chiari, una barba più scura dei capelli e un sorrisetto stanco. Sembrava fosse tornato da una maratona. 

- si, Michelle. Tu devi essere Eduardo.-

-esatto.- Si girò verso il lavello, pensasi che la conversazione fosse chiusa lì, invece si sedette accanto a me con la tazza di caffè fra le mani. 

-come mai a Brno?- sembrava sinceramente interessato alla mia risposta. Ci pensai un attimo su, cercai anche di fare una buona traduzione per non sembrare la classica italiana con l'accento pesante. 

-ero stanca della mia vita in Italia.- Dissi, semplice e concisa. 

-tutto qui, solo questo?- inarcò un sopracciglio, incredulo. 

-bhe si, cos'altro ti aspettavi? La storia di una ragazza ricercata, scappata alla legge e rifugiata in Repubblica Ceca?- si mise a ridere e si alzò. 

-Un giorno scoprirò di più,e comunque il tuo accento italiano è molto leggero.-

Sorrisi più o meno imbarazzata e nascosi la faccia dietro alla tazza del thè.  Il suo accento spagnolo era carino, quasi orecchiabile. 

Il giorno dopo andai nella nuova azienda, mi vestii semplice ma scura, come un ombra. Salì nel tram e mi diressi a Česká, la piazza principale. Passai davanti alti edifici, lo stile era Barocco. Sembrava che il tempo in quel posto non fosse mai andato avanti. Ogni cosa mi faceva pensare ad un evento storico. Le case sembravano eterne, che li c'erano da sempre, senza modifiche in tutto questo tempo.

Presi un autobus e arrivai davanti ad un grande palazzo, tutto di vetro. Entrai titubante, cercai con gli occhi qualcuno che potesse aiutarmi a trovare la mia postazione. Un uomo alto con la barba scura stava in piedi cercando dei soldi per la macchinetta del caffè. 

-mi scusi? Sono nuova qui, è il mio primo giorno, non so cosa devo fare.- dissi sincera. Almeno potevo farmi aiutare concretamente. Mi sorrise cordialmente. 

-ah bene, sei una matricola allora. Li c'è la stanza dove vi faranno le lezioni,una specie di stage o corso, cosicché quando sarai pronta ti metteranno al lavoro vero e proprio.- 

-sono così agitata...- mi lasciai sfuggire. Il ragazzone mi sorrise dandomi una pacca leggera sulla spalla. 

-non ti preoccupare, ero anche io così agitato la prima volta. Con il tempo imparerai e sarai la migliore, ne sono sicuro.- Mi fece un gran sorriso e mi tese la mano. 

-Mi chiamo Carlo.- la strinsi un pò riluttante. - piacere Michelle. -  

Mi congedai con un sorriso e mi diressi verso la stanza, quando entrai mi accorsi che ero con altre venti persone. Fortunatamente passai inosservata e mi sedetti ad un posto a caso. Tirai fuori il blocchetto per gli appunti e aspettai che iniziassero.

Durante il corso riuscii a tradurre 80% di tutto il discorso, era un inglese non da matricola, ma quasi da madre lingua. Chi ci spiegò era un uomo sulla cinquantina, con barba sale e pepe, un sorriso nascosto tra la barba e due occhi piccoli e neri. Almeno era come li vedevo dalla mia postazione.

Ad un certo punto ci disse che un professore più esperto ci avrebbe spiegato il tutto molto meglio, questo professore aveva studiato in Repubblica ceca e continuano in Italia, uscendo con i massimi voti dall'Università. Lo presentò e rimasi di sasso, era l'omone che avevo conosciuto fuori dalla classe.

Quando entrò rimase serio e scrutò la classe, quasi come se cercasse qualcuno. Quando arrivò a me mi sembrò di vederlo sorridere. Difficile dirlo, perché subito dopo iniziò a parlare. Ma credo più che io lo abbia solo immaginato, devo stare calma, mi faccio troppi pensieri. Mia solita fortuna, a chi ho detto di essere una matricola? Ovviamente a mr. Professore di Harvard. Bene ma non benissimo, il suo inglese era impeccabile. Non un accento, non un momento di confusione, nonostante quella non fosse la sua lingua. Rimasi basita,ma da brava studentessa presi appunti più che potevo e cercai di stargli dietro.

Si fecero le tre del pomeriggio, fra spiegazioni e giri della azienda passarono subito queste ore e io ne fui davvero grata. Tornando a casa passai al piccolo supermercato della coreana sotto casa e comprai un barattolo di Saikebon e una lattina di Sprite, entrai a casa e trovai un quadretto di persone in cucina. Iaroslav, una ragazza molto minuta e un altro ragazzo alto e moro. Decisi che il mio spuntino-pranzo poteva aspettare. Cercai di fare marcia indietro più velocemente possibile, ma Iaro mi beccò in pieno.

-ehi Mich, non farti problemi se devi cucinare!-

Mi girai verso di lui e con un sorriso molto tirato scossi la testa.

-non preoccuparti, faccio dopo, quando avete finito.- Iaro insistè fino a che decisi di farmi il pranzo. Tanto ci avrei messo 4 minuti netti.

La ragazza minuta disse qualcosa in un'altra lingua, che a me suonò come Russo. Iaro buttò un occhiata fugace alle mie gambe,  me ne accorsi in un istante. Misi l'acqua nel microonde e aspettai due minuti. Quando suonò mi preparai il composto, la brodaglia più che altro. Ero molto stanca, volevo solo dormire.

-Mich, ma sei così di costituzione o non mangi? Sei in pratica anoressica.-  ci misi un po' a tradurre "costituzione", poi composi la frase e mi resi conto di cosa stavano parlando i due.

-sono nata così.- dissi freddamente. Sentii un "oh"di assenso. Presi la mia brodaglia e andai in camera mia. Chiusa la porta mi diressi verso la finestra, aprii e buttai tutta la brodaglia in mezzo al giardino. Quel commento mi aveva ferita, e non poco.
 

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