°23°Dreiundzwanzig

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Ci sono momenti nella vita che ti segnano per sempre. Quel ricordo ti affiorerà nella mente più spesso di quanto immagini e ti farà contorcere dentro,chiedendoti se ti fossi comportato diversamente cosa sarebbero successo.

Spesso mi faccio domande ed esploro con la mente il mio passato per cercare di trovare risposte.  Se i miei genitori fossero stati più affettuosi con me, io sarei diventata cosi comunque? Sarei diventata comunque questo fantasma di trentanove kg? si,no? Non lo avrei mai saputo, per quanta riguardava la scuola non credo che se potessi tornare indietro farei quella stessa scelta. Mi aveva risucchiato la linfa vitale quel posto.

Mio fratello era tornato in Italia, tornato alla sua vita, io alla mia. Spesso mi chiedevo se avessi detto di si al "torna in Italia con me,sarei più tranquillo." cosa sarebbe successo. Forse sarei tornata normale, forse non avrei più pensato al cibo come un ossessione. Sarei guarita e non avrei più visto le calorie balzarmi negli occhi ogni volta che prendevo del cibo in mano.

O forse mi sarei rifiutata di guarire. Non avrei più neanche bevuto. Sarei morta.

Invece qui seguivo una buona dieta di mantenimento. Prosciutto cotto e insalata. Mi sembrava una buona scelta, mangiavo ma non volevo ingrassare. Era una cosa contro logica, ma di più non potevo fare. Non volevo arrivare a più di trentanove.

Quando mio fratello partì mi pesò per l'ultima volta. Quarantuno kg finti. Due di acqua e trentanove di bugie. A lui bastò e a me andava più che bene così. Non volevo altre complicazioni nella vita. Continuavo il mio lavoro,continuavo la mia vita, continuavano le mie bugie.

Stavo male e lo sentivo, lo sentivo ogni giorno, ogni mattina quando cercavo di alzarmi dal letto. Mai troppo veloce, sarei svenuta. Mi faceva male ogni possibile parte del corpo, una continua tortura che mi auto infliggevo ogni giorno non mangiando. Eppure ero cosi beata nel mio dolore, insaziabile, come una droga.  Cercai di aumentare i pasti, ma con il risultato di ritrovarmi piegata sul water di un qualsiasi bagno. Una malattia che mi stava divorando da dentro, con forza con prepotenza. Un qualcosa che ormai aveva preso possesso della mia mente, del mio corpo, del mio tutto.

Le persone Cecoslovacche hanno una logistica interessante, spesso, per non dire sempre, mi fermavo ad osservarle. Le ascoltavo in continuazione, non mi piaceva parlarci, solo ascoltare i  che loro buffi discorsi. C'era questo ragazzo, Zdenek, sembrava il classico ragazzo Ceco. Biondo, occhi verdi, alto quasi due metri, basket con il proprio team di lavoro tutti i sabati. Sembrava non interessargli altro della vita, il che, a me non stupi' nemmeno un po'.  Ma rimasi in ascolto quando ad una cena di lavoro pronuncio' le parole "beh, prima di diventare questo gran pezzo d'uomo", risate generali da parte delle ragazze del suo team, "ero un ragazzino piccolo, anoressico, con le gambe talmente magre che non potevo nemmeno correre." Rimasi in ascolto, nascosta tra la bottiglia del vino e il mio piatto. Racconto' come la palestra, il mangiare sano e le vitamine lo avessero aiutato a cambiare la sua vita, a farlo diventare cosi pieno di "muscle!" quasi urlo' il ragazzo, piegando le braccia per mostrare i  suoi muscoli, proprio come un pavone. Una ragazza accanto a me, Jana capo reparto, nonché Team Leader del mio team,  sospiro'.

Spostai lo sguardo da lei a lui e lo guardai attentamente, era un bel ragazzo, molto sicuro di se. MI chiesi se poteva mai piacergli una anoressica come me, una malata, un problema. Mi persi con lo sguardo nel vino rosso intenso, il rossetto sbavato sul bordo, piccole bolle sulla superficie. Guardai il piatto, penne panna e salmone, divorate dalla mia fame tossica. Lentamente spostai lo sguardo sulle mie cosce nascoste nel mio vestitino più largho di due taglie, vidi le cosce ingrandirsi e diventare una massa flaccida di lardo. Alzai lo sguardo velocemente, stavo sudando freddo, le ragazze mi fissavano, sicuramente stavano fissando anche le mie cosce enormi. IL mio viso grasso, il doppio mento, il collo grasso e tozzo. Sudavo freddo, sudavo Chiesi scusa senza essere ascoltata da nessuno e me ne andai in bagno.  Mi aggrappai al lavandino e bevvi acqua tiepida fino a sentirmi una palla d'acqua. Entrai nei bagni e mi piegai sul cesso, in meno di due secondi mi ficcai il manico di una forchetta in gola e vomitai anche la colazione.  Era tutto rosso, il vino, pensai. Altri conati, lo stomaco si stringeva in una morsa, la mia. Strinsi con tutta la forza le mani intorno al mio bel vestitino a fiori, ormai rovinato dalla puzza di vomito, e mi svuotai completamente. Alzandomi sentii un forte giramento di testa, aprii la porta e con fatica arrivai al bordo del lavandino. Il trucco sbavato mi ricordava i miei  peccati,ormai ripulita, ormai pura.

Uscii a fumare, respirai l'aria della notte a pieni polmoni, il labbro mi tremo'. Volevo piangere, avevo lo stomaco a pezzi e sentivo che da un momento all'altro sarei crollata.

- ehi, tutto bene?- mi girai lentamente per ascoltare quella voce, vidi Zdenek in piedi davanti a me, un gigante e una bambina, pensai velocemente.

-ti ho vista uscire dal bagno rossa in viso, pensavo stessi male.- dannazione, fregata.

-si, tranquillo, sto bene, forse la pasta non era poi cosi buona.- dissi increspando le labbra in un piccolo sorriso, lui sorrise a sua volta e mi offri una sigaretta girata un po' male, con un filtro di cartoncino e un odore discutibile.

-no grazie, non fumo quella roba. - dissi estraendo una mia Chesterfield Blue.

Sorrise. -oh scusa principessa, ma ti aiuterebbe con i dolori allo stomaco.-

-una lavanda gastrica mi farebbe stare bene, non quella roba.- dissi senza pensarci, guardai la sua espressione e il secondo dopo volevo sotterrarmi.

-scusa, non volevo dire questo, sono solo stanca. E stata una giornata un po' cosi, piena.-

Mi allungo' di nuovo la sigaretta, chissenefrega, pensai.

La presi e una volta accesa feci un lungo tiro. Appena arrivo' ai miei polmoni ebbi un conato di vomito che riuscii a ricacciare in gola. All'improvviso sentii la testa alleggerirsi. Lui fiero incrocio' le braccia al petto e sorrise.  Guardai la sua maglietta a maniche corte, stretta sul petto, gonfio di palestra, sulle braccia possenti.

"ero un bambino con le gambe magre, anoressico." i suoi muscoli guizzavano ad ogni suo movimento per fumare.

"tanto esercizio, proteine in polvere, tre ore di allenamento tutti i giorni." la maglietta stringeva sul petto, modellato a dovere da esercizi, sangue e sudore.

"non ce l'avrei mai fatta senza tanto impegno e forza di volontà." 

Un brivido mi pervase quando vidi una cosa che conoscevo anche fin troppo bene.

-tu non hai messo peso o massa, tu hai perso tanto peso. Anche troppo velocemente a mio parere. -

Lo vidi sbiancare, una frase che per me era la normalità,per lui era un grosso segreto.

-come fai a saperlo?- chiese rabbioso avvicinando la sua faccia pericolosamente alla mia. Spaventata feci un passo indietro e mi strinsi nelle spalle ossute.

-Non lo so, l'ho capito e basta.- misi le braccia intorno al corpo e alzai la testa in segno di sfida.

Zitta, zitta, zitta. Stupida,idiota, sbagliata. Che cosa ti parli?

Brutta, stupida, idiota. Stai in silenzio.

-No, adesso me lo dici. Come lo sai? Hai visto mie vecchie foto, te lo ha detto qualcuno?- fece un altro passo verso di me sempre più nervoso.  Scoppiai.

-Che cosa vuoi? Hai paura che mandi in frantumi il tuo bel castello di bugie? eh, Mister muscle? Atteggiati pure come un pavone, ma lo so che prima eri un grasso ragazzo e vedendoti allo specchio ti facevi solo che schifo. Lo so, l'ho capito. Hai delle smagliature sulle braccia che sono grandi quanto un mio dito. Se non vuoi che il tuo mondo crolli, devi prima imparare a saperle dire le bugie. Poi potrai anche fare il ragazzo figo della situazione.-

Zdenek mi guardava senza espressione, sembrava calmo, ma un guizzo della sua mascella lo tradì.  Nonostante ciò non mi fermai.

- Quanti pasti hai vomitato? Trenta, quaranta? E quante volte ti pesavi al giorno, dieci? Dodici? Ora lasciami in pace.- mi voltai e a passo di marcia rientrai nel ristorante. Pagai la mia parte e discretamente me ne andai dal ristorante. MI feci tutto il tragitto ristorante-casa in lacrime.

Quelle parole erano rivolte a me, non a lui. Mi ero rimproverata da sola, mi ero confrontata con me stessa ma nel corpo di un altra persona.

stranamente faceva male.








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