°16° Sechzehn.

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-la dovete smettere! Non siete contenti?Soddisfatti?? Guardami ...-

Mia madre fa l'esatto contrario e guarda altrove. Seduta sul divano, con una mano davanti alla bocca per reggere non so cosa.

-mamma,ho detto guardami!!-
Lei scatta e mi fulmina con lo sguardo. Ennesima litigata, ennesimo pianto, ora stanno esagerando. Non ce la faccio, sembra che il mondo mi stia per cadere addosso con un grande tonfo, e sapevo che l'unica a farsi male sarei stata io.

- mamma guardami, non sono più quei stramaledetti 40kg, ora sono 55. Ora sono grassa. non sei contenta? Guardami ti prego.- lei si gira verso di me e mi fissa, con gli occhi pieni di lacrime, immobili su una parte indefinita del mio corpo. Con una mano cerca di sfiorarmi, ma io faccio un passo indietro.

-Cosa devo fare Michelle?! Cosa? Spiegami cosa dovrei fare con te!- urla rabbiosa mentre di scatto si alza, la mano è sempre li, come se dovesse reggersi la bocca.

-Lasciarmi in pace! Io volevo morire! Morire e basta! Ma voi non me lo avete permesso! Sono stanca di vivere questa vita!-

Uno schiaffo in pieno volto mi fa barcollare. Indietreggio e semplicemente me ne vado. Non c'è molto altro da aggiungere, salgo le scale, aggrappandomi al corrimano. Sento una matassa formarsi nei miei polmoni, una matassa di fil di ferro. Dolorosa sale sempre più su, come se volesse soffocarmi.

Ed è un attimo.

Lacrime scendono come un fiume in piena invernale. Non so nemmeno perchè sto piangendo, lo schiaffo non è niente, è solo un danno fisico. Eppure c'è qualcosa, qualcosa che mi è sfuggito. Non so perchè ma questo mi uccide da dentro.

Sento un bisogno enorme di farmi male. Di sentire il sangue scorrere sulle mie mani. La matassa è ancora li, fra i polmoni e la gola. Non ha intenzione di uscire. Gli ultimi gradini li faccio correndo, mi aggrappo al muro. Sento i polmoni esplodermi, senza accorgermene ho trattenuto il respiro.

Sbatto con forza la porta del bagno, chiudo la porta alle mie spalle a chiave. Apro l'acqua della vasca e aspetto seduta per terra, neanche mi spoglio. Ho paura di vedere il mio corpo. Troppo spaventata da quelle cosce ormai grasse, quello spazio ormai sparito, le braccia grasse, i polsi larghi da obesa. Sento mia mamma urlare dal piano inferiore.

-esci immediatamente dal bagno!-

per sicurezza giro un altra volta la chiave nella toppa della porta.

La vasca si riempe, trasborda l'acqua, bagnandomi i calzini e i pantaloni. Il vapore sopprime l'aria, sento un vuoto al cuore. Inizia a battere forte, come un tamburo. Prendo il telefono e cerco il suo numero. Lo chiamo, il telefono squilla più e più volte. Alla fine un vuoto, poi una voce pacata.

-pronto?-

-Hi Viktor.- dico fra i singhiozzi. Mia madre sbatte contro la porta, come un toro infuriato.

-Michelle,che succede!?-

-Vik, ci penso mai alla morte?-

-Michelle smettila, dove sei?-

Entro nella vasca con tutti i vestiti, l'acqua trasborda, è bollente, mi brucia dappertutto.

-io ci sto pensando spesso. Ho lo stomaco pieno di cotone sai. Mamma l'ha scoperto e voleva farmi fare una lavanda gastrica. Diceva che ero malata, talmente tanto da arrivare al punto di ingoiare cotone invece di mangiare. Vik... secondo te sono malata?-

-no, no che non lo sei. Anzi, ti dirò di più, tu mi piaci cosi come sei. Sei perfetta cosi, non ti manca niente. Sei la ragazza più dolce e intelligente che io conosca. Sei unica, davvero.-

-che strano, prima non la pensavi cosi. Ero acida, apatica...- altri calci e pugni alla porta, seguiti da "se non apri chiamo tuo padre e faccio buttare giù la porta."

-dove sei?- chiede insistentemente.

-a casa, nella vasca.- dico sottovoce. Lo sento sospirare, come se fosse stanco di tutto questo.

-mi spiace, davvero. Vik, io non volevo metterti in mezzo. Mi spiace cosi tanto, giuro non volevo. Ti prego perdonami.- un singhiozzo strozzato mi blocca il respiro. Altri calci, un perno salta dalla porta. Ho poco tempo.

- Michelle ascolta, niente è colpa tua. Ti prego non fare cazzate, io ci tengo a te.-

Un respiro profondo, come se un macigno mi si fosse tolto dal cuore. Lui ci teneva a me...

-Vik, ascoltami tu ora. Io non ci sarò per sempre, ti prego, sii più sociale. Sorridi e fatti degli amici. Io ti ho dato una spinta, ti prego, ora fai tu. Anche io tengo a te, davvero tanto, spero che tu lo abbia capito in tutti questi mesi. Ti voglio bene.-

Chiudo l chiamata prima di sentire una sua risposta. Getto il telefono all'angolo del bagno e prendo la lametta sul bordo della vasca, messa precedentemente. La porto sul polso, piango, disperata. Scusa mamma, scusa papà, scusa Chris.

Lo faccio, i pugni mi battono anche nelle orecchie, il sangue inizia a uscire, tingendo l'acqua della vasca di porpora e peccato capitale, sento la mano pizzicare, formicolare, devo sbrigarmi. Ancora, non riesco a più a vedere. Sento l'oscurità farsi avanti. Sento caldo, caldissimo. La stanza svanisce, i muri si oscurano il mondo cambia forma. 

Prendo fiato, butto fuori e mi immergo.

Le bambole di porcellana non piangono. 


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