•14• Vierzehn.

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-Mich...Mich svegliati.- una voce mi arriva lontana. Alla fine apro gli occhi e mi ritrovo la faccia di Silvia a qualche centimetro dalla mia. L'infermiera mi sorride e mi accarezza un braccio, lo scosto violentemente e lei si ritira.

-hai una visita.- disse comunque sorridendo.
Mamma e papà non sarebbero venuti quella mattina, per questo avevo deciso di dormire un po' di più. Chi era?

-chi è?-
-Un tuo amico, credo.-
Scrollò le spalle e usci.

Io non ho amici. O si?
Scesi dal letto, mi cambiai. Infilai una giacchetto nero sopra a dei jeans scuri, mi pettinai i capelli, di quel che era rimasto, all'indietro e misi un cappellino di lana per scaldarmi. Tutto con gesti goffi e lenti, per colpa di quel maledetto trabiccolo.

Uscii dalla stanza lentamente, avevo il terrore di chi poteva essere. Con mia grande sorpresa, dei capelli biondo scuro fecero capolino nel corridoio della sala d'attesa.
-Viktor...-

Mi uscii solo questo. La voce mi si chiuse nella gola. Mi venne un groppo proprio al centro della gola. Stavo per piangere.

-Hi Michelle...- rimanemmo immobili. Non volevo abbracciarlo, non volevo fare niente. Volevo sparire. Perché era qui? Non doveva vedermi in queste condizioni.  

-Che ci fai tu qui?- dico fra i denti. Non sono arrabbiata, sono nervosa. Lui non deve, non doveva vedermi cosi.
Alza le spalle e increspa le labbra.
-Dovevo vederti.- dice semplicemente. Mi viene in contro sorridendo,ma io faccio un passo indietro.

-Non dovresti stare qui.-
Le parole mi escono come un sibilo, un sibilo bloccato a metà gola. 

-neanche tu, non meriti di stare in un posto del genere.-

Mi si avvicina di più, stavolta rimango ferma e chiudo gli occhi. Poco dopo due braccia mi avvolgono. Sento il calore attraversarmi il giacchetto. Mi viene da piangere, non toccavo nessuno da cosi tanto tempo. Il calore mi invade l'anima, sento come un bruciore addosso. Cerco di ricambiare, ma sono bloccata. All'improvviso sento una felicita' montarmi dentro, vorrei saltargli al collo e abbrcciarlo piu' stretto possibile, senza lasciarlo andare via. Il suo odore di camomilla e sigarette spente, mi avvolge. 

-Sono qui, perché serviva. Tu ne avevi bisogno.- mi sussurra dolcemente all'orecchio. Dopo un tempo infinito mi stacco da quell'abbraccio e faccio un respiro profondo, cerco aria che non arriva. Le sue mani sono ancora attorno a me, i suoi occhi nei miei. Lo guardo meglio e noto che i suoi capelli sono cambiati. Sono più scuri. E i suoi occhi, li stavo dimenticando.  Verdi, quel verde scuro che ho sempre adorato. Dal primo giorno.

-Mi sei mancato.- con gesti meccanici mi tiro su le maniche e cerco di tenerle su. Non riesco a staccare i miei occhi dai suoi, le sue labbra sono rosee e fine, mi sento sporca per averle solo guardate e osato pensare al loro sapore. Viktor mi scruta, mi accarezza le spalle, la sua mano arriva vicino alla mia guancia, cerca nei miei occhi il mio assenso. Chiudo gli occhi, pronta a ricevere quel contatto, finalmente ad accettarlo. 

Con ancora gli occhi chiusi sento le sue mani cosi fredde attorno al mio viso. Mi avvoge e io sento finalmente di sciogliermi tra i miei muri di ghiaccio e gelo. 

Poi, tutto si ferma e il mio cuore perde due battiti. Non ho piu' aria. Un bacio vero e' posato sulle mie labbra, sento finalmente il suo sapore. Viktor mi tiene dal viso e mi sta baciando, apro gli occhi e lui e' cosi vicino, come non lo e' mai stato. Riesco finalmente a realizzare e ricambio il bacio, sento lo stomaco e le mani formicolare. Le mie mani vanno automaticamente nei suoi capelli morbidi. Mi stringe forte, cosi forte che quasi mi manca il fiato. Potrebbe tirarmi su con un braccio solo, e' forte come un gigante. Passano gli anni, i decenni,i secoli, no, sono stati appena due minuti, mi stacco piano piano e sento il mio viso andare a fuoco. 

-Mi sei mancata anche tu.- mi guarda come se mi vedesse per la prima volta nella sua vita. 

 - Come stai?- chiedo. Non riesco a dire altro, non riesco  a pensare. 

Scrolla le spalle.
-Mh, bene, credo.-

Mi viene da ridere. Lo dice sempre. Mi squadra da testa a piedi, serra la mascella,come se avesse un dolore improvviso. Non riusciamo a capirci, io non capisco lui e lui non capisce me.
Perché non mangi?
Perché sei sempre solo?
Perché non ti trovi bella?
Perché ti credi inutile?
Ma qualcosa la condividevamo. L'odio per le persone, il contatto esterno. Trovavo strano che esistesse qualcuno simile a me.

-Perché non mi hai più scritto?- mi chiede all'improvviso. 
Cado dalle nuvole e lo guardo negli occhi, per poi distogliere lo sguardo velocemente. Non riesco a guardarlo negli occhi, mi fa male, mi urta, non riesco.

-Perché non avevo voglia di sentire nessuno.- dico sincera.

-Quindi io sono come gli altri. Per questo non vuoi sentirmi. Sono come loro.-

Lo dice sempre con lo stesso tono di sempre. Non pare provi emozioni. Lo guardo e sembra proprio che invece la cosa lo tocchi, e pure tanto. Sembra che io lo abbia offeso.

-No, non sei come loro. Ma avevo bisogno di stare isolata per un pó.-

-se sapevo che stavi...come si dice?-
Ricordo che lui e l'italiano non vanno d'accordo, essendo Ucraino non parla bene l'italiano e fa fatica a trovare le parole.
-Attraversando. Cosi si dice.-

-ecco. Se sapevo che stavi attraversando questo momento,potevo aiutarti. Io c'ero, ma hai allontanato tutti. -

-Non ho bisogno dell'aiuto di nessuno. Mi bastano queste infermiere del cazzo che vengono a controllarmi ogni venti minuti.- dico acida.

-loro vogliono aiutarti, tutti qui vogliono aiutarti.-

-smettila! Non ho bisogno di niente e di nessuno. Sto bene.- cerco di allontanarmi. Ora tutto fa male, ora tutto brucia. Le mie labbra, le mie guancie, il mio viso, tutto brucia e mi maledico. 

Con uno scatto degno di un felino mi prende un braccio e se lo porta al petto, poggiando la mia mano al centro.

- io, io Michelle. Io voglio aiutarti. Permettimelo ti prego. Questo cuore batte come il tuo, non voglio che il tuo non batta più. Ti prego. -

Faccio un passo indietro e Viktor lascia la mia mano. Mi sento stanca e frastornata. Troppe cose insieme. Mi sento come in una tempesta, senza che io mi possa aggrappare a nulla. Sento le gambe pesanti e le braccia che si staccano. Istintivamente porto la mano al naso,tocco il tubicino e mi rendo conto del disastro che sono, un orrore di persona, senza cuore, fredda,apatica, acida, il freak del circo. Non riesco mai ad abbattere quei muri che mi creo, sono confusa dalla sua presenza qui. Non volevo che mi vedesse in quel modo.
Volevo tornare a scuola ed essere normale. Volevo assolutamente essere normale. Ma quella normalità mi spaventava, perché sarei diventata una ragazza comune, come loro.
Mi spaventa solo il pensiero. Sto ingrassando, sento la pelle farsi morbida, lo sento ogni giorno che passa. Ritornerò grassa, ingombrante, una lurida ragazza ingombrante.

-Ti prego vai via.- mi esce sibilato, quasi non lo sento. Mi fa male dirlo, ma deve andare via.

-perché vuoi che vada via?- dice calmo, non sembra arrabbiato,sta capendo quello che sento

-sono stanca, voglio stare sola.- rispondo con tono piatto.

Annuisce e gira le spalle,lentamente esce dalla stanza. Vorrei rincorrerlo, ma non ce la faccio. Mi sento stanca,senza forze, senza nemmeno un briciolo di volontà. Lo guardo andar via, finche' non sparisce dietro il muro del corridoio. Vado in camera e mi sdraio sul letto e do le spalle alla porta, sto per addormentarmi, quando sento sulla guancia un delicato bacio.

- Sarai l'unica persona che mi mancherà veramente. Rimettiti presto.- non ho nemmeno il tempo di capire se sogno o é reale, perché sento tutto buio. Di nuovo dormo, ma senza sognare.

Le ragazze di porcellana non piangono.

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