•10• Zehn.

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Mi sedetti al mio banco e rimasi lì per quasi tutto il tempo. Fissavo la finestra che stava proprio di fronte a me. Si vedevano degli alberi, erano regolari e ancora spogli. Un ramo più lungo usciva da quella regolarità, e mi fece innervosire. Doveva essere uguale agli altri. Immaginai che lo tagliassero, cadere a terra e fare altri pezzi da bruciare. L'albero avrebbe avuto la sua regolarità, il suo equilibrio. Niente sarebbe stato fuori posto. Lo riguardai, il ramo era ancora lì e mi metteva ansia. Distolsi lo sguardo e mi concentrai su altro. Mi fissai le mani, avevano i residui dello smalto che mi ero messa all'ospedale. Le unghie erano cortissime,perché si spezzavano con facilità e delle pellicine erano arrossate, facevano male.

Un'ombra si sedette accanto a me. Un profumo da uomo mi inebriò, e non mi ci volle molto per capire chi fosse. Anche senza guardarlo sentivo la sua leggerezza, il profumo e il suo respiro. Mi voltai leggermente e con la coda dell'occhio lo guardai.
Gli occhi erano puntati sul banco, notai le mani bianche,pallide. Le nocche erano spellate, rosse-violacee. Non mi venne nemmeno la voglia di chiedergli cosa fosse successo, nemmeno volevo saperlo. Non volevo sapere che era per colpa mia.
E se non lo fosse stato?

Evitai comunque di chiederglielo. Fece un sospiro più profondo e alzò lo sguardo verso di me. Non sorrise, non si mosse. Rimase a fissare i miei occhi senza una vera emozione. Non capivo.

Era arrabbiato? O aveva paura? Paura di cosa poi?

-Hi Michelle...-

Sorrisi felice, non so come ma ero consapevole che tutto era tornato al suo posto. In qualche modo avevamo capito che non era colpa di nessuno, ci stavamo perdonando a vicenda.

-Hi Viktor...-


Quando scendemmo a ricreazione per fumare, lui mi stette vicino. Camminò al mio passo,non mi parlò molto, ma già averlo vicino mi rassicurava. Non mi stava dando troppe attenzioni, ma nemmeno poche. Quando arrivammo a lo spazio per i fumatori, non sapevo se separarmi da lui o andare a fumare con lui. Quando mi separai,lui fece dietro front e mi seguii. Sorrisi fra me e me. Ero felice, anche per così poco. Ci sedemmo uno distante dall'altro, sul muretto di marmo freddo della scuola. 

-Come stai?- mi chiese con un mezzo sorriso.

-ho avuto una settimana pesante.-
risposi fissandomi le scarpe.

-Sei sparita.- lo sapevo. Scrollai le spalle.

-Non volevo che ti preoccupassi.-
Rise amaramente. Mi faceva strano sentirlo ridere.

-Mi hai fatto preoccupare ancora di più,non sentendoti.-

Alzai la testa e guardai i suoi occhi, semi socchiusi, verdi con qualche accenno al verde. Fece un passo verso di me, istintivamente ne feci uno indietro.

-Hai paura di me?-

-non lo faccio perché ho paura. È un'istinto.-

-perché hai paura.- chinò la testa da un lato e mi sorrise.

-Smettila...- mormorai.
-Non sai cosa mi sento quando ti avvicini o mi tocchi.- continuai tornando a fissare le scarpe. Tornò serio in un attimo, si sedette un po' piu' vicino a me, stranamente non mi spostai. 

Con un movimento fluido, fece uscire dalla tasca della felpa un pacchetto di biscotti.

-Vuoi?-

Scossi la testa e alzai la sigaretta.

-Preferisco questa.- aggrottò le sopracciglia, ma si rilassò poco dopo. Non volevo di certo mollare adesso e ferire il mio corpo con un maledetto biscotto.

-Quanto pesi?- Sbarrai gli occhi, Viktor invece mi guarda serio. Non stava scherzando.

-  non sono affari che ti riguardano.- dico a denti stretti.

-mi riguardano se ti lasci morire. -

-basta cosi.- dico secca. Butto la sigaretta a terra e me ne vado a passo pesante verso le scale. Evito spigoli umani e riesco a fare la prima rampa di scale. Arrivo al pianerottolo e sento il cuore implorare pietà, mi pulsa nelle orecchie. Mi appoggio al muro e cerco di riprendere fiato.

Dov'è mio fratello? Ho bisogno di un posto dove nascondermi. 

-Hey, sicura che non hai bisogno di una mano?-

Volto la testa e c'e un ragazzo, lo stesso della villa.

-No,grazie...- Sussurro.

-Sicura?- ripete con dolcezza. Guardo la seconda rampa di scale e sento le gambe tremarmi.

-uhm, forse si.- faccio un mezzo sorriso.

-Okay, dai vieni qui.- essendo alto arrivo poco alla sua spalla, così mi prende sotto braccio e mi tira un pochino su. Stoffa contro stoffa,la mia manica contro la sua. Non era un contatto, potevo farcela. L'ultima rampa me la faccio con calma, sento il cuore andare ad un buon ritmo e sostenermi.

-comunque piacere, io sono Dimitri.- dice sorridendomi. Noto una cicatrice sul labbro e una sulla mandibola, piccole ma visibili.

-Piacere, Michelle.-

-Di un po', tuo fratello è così tanto geloso di te?-

-eh si, purtroppo. Ma più che geloso, è protettivo.-

-capisco. Sai, non vi assomigliate molto.- dice sorridendo.

-strano, eppure siamo gemelli.- faccio un sospirone e cerco di regolare il mio battito.

-Come gemelli?- scoppia in una fragorosa risata,  contagiosa. Arriviamo al secondo piano, sbuffo dalla fatica e mi stacco da lui.

-A quanto pare si, siamo anche omozigoti e letteralemnte dovremmo essere uguali. - mi guarda e mi riguarda,mi sento come se fossi davanti ad una telecamera. Mi sento a disagio e mi sento uno schifo. Perché mi guarda così insistentemente?

- mh, okay. Io vado in classe.- sorridi Michelle, sfoggia un cazzo di sorriso.

-Sicura che non ti serve nulla?- dice fissandomi negli occhi, agitandomi.

-si, tranquillo, ce la posso fare.- sfoggio il mio miglior sorriso tenero, e questo sembra tranquillizzarlo.

-Okay, vado in classe. Ciao Dimitri.-

-Ciao Michelle.- e diventa una frazione di secondo. Le sue labbra si avvicinano alla mia guancia, ma con un riflesso degno di Matrix mi scanso, sentendo il cuore cominciare a battere con forza. Come se anche lui avesse qualcosa da dire.

-Scusami...- faccio dietro front e a passo svelto raggiungo i bagni. Non credo mi abbia chiamata, non lo so, non sento niente. Stava per toccarmi, stava per toccare questo schifo di corpo. Dalla tasca della mia felpa tiro fuori un pezzo di vetro,uno dei tanti. Me lo rigiro fra le mani. I pensiero mi sorvolano, le idee mi stanno riempiendo.

Ne vale la pena? Dio si, si che ne vale la pena. Poi penso al sangue, penso alla violenza con cui potrei farmi del male. L'eccitazione del pensiero mi fa contorcere lo stomaco.

E mentre penso a questo lo faccio. Ancora e ancora, senza smettere. Fino a ritrovarmi con le mani sporche del mio stesso peccato. Mi sento in colpa, mi sento uno schifo.

Alla porta bussano con forza.

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