•6• Sechs.

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Le mie ferite da codarda vennero presto scoperte da mio fratello, che lo disse a mia madre, che ne discusse con mio padre che non seppe come reagire, se non chiudersi ancor di più nel lavoro e ignorare il problema.

Brutta storia. Una mezza tragedia a casa. Il risultato furono ore dalla psicologa/nutrizionista, settimanalmente. Ricordo il suo viso,pallido. I capelli biondi ossigenati tinti,le labbra rosee. Una lucidalabbra leggero, un velo. Forse era solo burro di cacao. I suoi orecchini erano sempre diversi, abbinati al vestito. Non la guardavo mai negli occhi, forse un paio di volte. Azzurri, ma un azzurro scuro, spento. Li odiavo. Non mi dicevano niente di confortante.

Presto arrivó anche la notizia del mio disturbo alimentare. Prima lo disse a me, poi a mia madre. Mi veniva da ridere e piangere allo stesso momento mentre guardavo mia madre,i suoi occhi erano rossi dal pianto, ed era pallidissa. Temevo che sarebbe svenuta da un momento all'altro.

Avevo un DCA. Disturbo del Comportamento Alimentare. Parole difficili da ripetere, ma lo facevo. Le ripetevo come un eco nella mia testa. Un eco insostenibile. Mi piacevano come suonavano nella mia bocca. La notte le ripetevo bisbigliando,come se anche i muri mi potessero sentire, sbattevano sulle pareti per poi ributtarsi sotto la mia pelle. 

Non sono mai stata in buoni rapporti con la psicologa. Anzi la odiavo. Troppe domande a cui non trovavo risposta. E questo non faceva altro che innervosirmi. La odiavo quando anche cercava di fare la dolce e io mi forzavo a sorridere. L'autolesionismo per lei era solo un modo per farsi ancor di più del male, e che, sempre secondo lei, non era il modo adatto per far uscire il dolore. 

Michelle cerca attenzioni, forse voi non glie ne state dando abbastanza. 

Ma la ragazza è grande ormai per fare certe sciocchezze, solo per un po di attenzioni. 

Ciao, mi chiamo Michelle e mi taglio per elemosinare attenzioni. 

Quante parole e pochi fatti. 

Soffocai l'impulso di rispondergli in malo modo, di urlargli contro tutto quel dolore che provavo dentro di me. Provai anche l'impulso di soffocarla con quei capelli finti e di paglia che aveva sulla testa. Mi trattenni a tutto. Tornavo a casa e mi rifugiavo nel letto, non parlavo piú. Ripensavo a tutto quello che mi aveva detto e cominciavo a piangere. Un pianto disperato,primitivo, singhiozzi violenti e fitte alla pancia. Sentivo il cuore stringersi in una morsa, una morsa che non riuscivo ad allentare. Distrussi la mia camera, la rabbia mi faceva sbattere le cose, le porte, fino a spaccare tutto. Mia madre correva in camera e cercava di placcare la mia furia distruttiva, mi teneva stretta tra le braccia fino a farmi quasi non respirare piu, fino a farmi calmare. 

La fame mi stava divorando, piano, con calma. Diventavo sempre piú scarna, le occhiaie cominciarono a farsi vedere. I capelli a cadere e le unghie si fecero viola. Non volevo che nessuno le vedesse, non c'era un giorno che non controllassi se lo smalto c'era ancora. 

Avevo sempre freddo. Anche al sole, tremavo. Le mani erano gelide e sembravo un morto.  Ero morta dentro, stavo solo aspettando di morire anche fuori. Cose che avrei preferito che si sbrigasse ad arrivare. La mia fine. La fine di tutto. Una volta lessi su di un libro la frase Inizia sempre dalla fine. Non avevo mai compreso a pieno questa frase. Non me ne ero nemmeno presa la briga di capirla del tutto. Non era importante. O forse si? Non capii perché mi venne in mente in quel momento, non avevo le idee ben chiare. Solo una nebbia fitta che mi oscurava tutto.

Mi addormentai. Non sapevo se ero del tutto addormentata, sentivo la voce di mia madre e sentivo dei rumori. La mia mente viaggiava nel mio strano sonno. Stavo pensando a come dimagrire di più, a come diventare leggera. Sempre di più. Non bastava, dovevo essere leggera come un soffio di vento. Volevo scomparire. Dovevo togliere altri carboidrati, ne assumevo ancora troppi.

-Michelle!! Scendi a cena!- quel torpore spari, aprii gli occhi al sentire le urla di mia madre. Perché le mamme urlano sempre? Presi la felpa e la misi sopra alle altre magliette che avevo. Ma tremavo ancora. Scesi con lentezza le scale e arrivai nel salone, già apparecchiato e con i piatti già pronti. Quanto avevo dormito? Forse tre ore. Un sonno devastante e sofferto. Mi sedetti al mio posto e guardai il mio piatto. Riso con le zucchine, stava trasbordando dal piatto.
Scherziamo, vero?

-Mangi Michelle?- chiede mia madre con una voce da angioletto smarrito.
Scuoto la testa mentre fisso il piatto.
-devi mamgiare. Stai dimagrendo troppo, non va bene.-
-non ne ho voglia.- ed è quasi vero. È troppo, il piatto è immenso e il riso è troppo. Vedo dell'olio e quasi mi sento male. Dovevo dimagrire,non potevo mangiare.
-Dai Michelle,mangia qualcosa.-
Alzo la testa dal piatto, fisso mia madre. Sorride mentre si porta alla bocca il riso e manda giù velocemente. Mio fratello ha quasi finito di spazzolare via tutto. Sento lo stomaco fare le capriole. Mi sento sotto pressione. Ansia. Panico.

Guardo verso mio padre, il suo sguardo frddo oltre il bicchiere, mi fa rabbrividire.
-Non ho fame e non mi sento bene.-
mi alzo con velocitá e scanso la sedia. Cerco le scale con lo sguardo, mi avvicino cauta, ma sento la testa girarmi.
-MICHELLE! TORNA A SEDERE, DEVI MANGIARE!-
Le sue grida. Dio, quanto le odio. Ma non l'ascolto e salgo le scale a passo di marcia.
-MICHELLE!- mi fermo. Sta volta è stato mio padre a chiamarmi. Mi volto e lo vedo in piedi, con i pugni sul tavolo, le labbra serrate.  Adesso non posso proprio rifiutare. Mando giù due bocconi di riso e tanta acqua. Cerco di fare di tutto per nascondere il resto del cibo. Faccio finta di mangiarlo e poi lo sputo nel tovagliolo, altre volte mi piego per prendere il tovagliolo 'accidentalmente' caduto e nascondo i tovaglioli con il cibo nelle scarpe.

-Ho fatto.-
senza aspettare il permesso mi alzo e vado di corsa in camera. Aspetto qualche minuto e vado in bagno. Bevo per qualche minuto dell'acqua calda dal rubinetto e mi metto in ginocchio davanti al water. Le piastrelle fredde del bagno mi fanno sentire tutta un livido.

Faccio due respiri profondi e mi ficco il manico di un pettinino in gola. Viene tutto fuori con una stretta forte allo stomaco, mi libero di tutto, acqua, riso e succhi gastrici. Mi viene da piangere,mi faccio schifo. Mi libero anche del cibo nelle scarpe e tiro la catena.

Mi ripulisco del tutto e mi guardo allo specchio. Gli occhi gonfi e la faccia arrossata,mi tremano le mani. Odio queste situazioni. Ma almeno ora, il mio stomaco era pulito. Come un vaso di cristallo.

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