4.Silence

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4)Silence

Eravamo ancora qui, uno di fronte all'altra.

Come in un incontro di boxe, nessuno dei due accennava ad abbassare lo sguardo e nessuno dei due proferiva parola. Io quello che dovevo dire l'avevo detto. Adesso c'era solo bisogno che parlasse lui. Doveva parlare lui. Doveva aprire quella sua dannatissima e bellissima bocca e spiegarmi quello che cazzo stava succedendo nelle nostre vite.

Ansimavo alla ricerca di aria per riuscire a sopportare questo silenzio che mi stava avvolgendo pesantemente. Dovevo avere le conferme di cui avevo bisogno. Avevo paura delle sue risposte, ma dovevo averle. Non potevo continuare a sopravvivere senza la conoscenza della verità.

-parlami cazzo!- sbottai passandomi una mano tra i capelli con fare frustrato.

Continuava a guardarmi senza dire una parola. Leggevo una leggera paura nei suoi occhi e questo faceva molto male. Lui aveva paura di parlarmi per colpa di una mia reazione, e questo mi portava a capire che era davvero un fatto molto grande, forse addirittura più grande di noi due.

Dondolava tra un piede e l'altro con fare oscillante. Non sapeva dove prendere la forza per affrontarmi e decisi di provare a dargli una scossa.

Lo lasciai in salotto e salì le scale che portavano alla zona notte velocemente, dio, velocemente era un eufemismo dato che mi muovevo come una balena arenata, ma riuscì a raggiungere la mia meta abbastanza veloce e presi la valigia da dentro l'armadio.

Se questo non avesse dato un input ad Ian, non avrei saputo cos'altro fare. Se non avesse parlato adesso che mi vedeva preparare la valigia, non so se l'avrebbe mai fatto.

Iniziai a prendere l'intimo dal primo cassetto del cassettone in legno intagliato che era davanti al letto, accanto alla porta e lo misi nella valigia proprio nel momento in cui lui faceva il suo ingresso nella stanza.

Il suo sguardo se possibile divenne ancora più triste e mi guardo continuando a stare in silenzio. Cazzo Ian perché non reagisci? Perché non mi parli? Questo non era l'uomo che avevo sposato, non era mio marito, perché lui non scappa dai problemi, lui li affronta. Aveva affrontato Paul e adesso anche questo nuovo nemico.

Continuavo a fare la valigia come se lui non fosse presente nella stanza e improvvisamente realizzai che una volta finita di farla, sarei dovuta andare via. Forse era il caso di lasciar passare qualche giorno lontani. Dovevo capire con chi stavo rischiando di passare il resto della mia vita e per farlo, avrei dovuto mettere una certa distanza tra di noi.

Lui non mi parlava e io non potevo restare ad aspettare risposte che sicuramente non sarebbero arrivate; avevo bisogno di tranquillità e in questo preciso momento non l'avevo.

Presi un paio di jeans dall'armadio e li piegai per metterli dentro la valigia, poi recuperai qualche maglietta over size e un paio di cardigan che piegai accuratamente e riposi. Tutto stava prendendo una piega tragica e malinconica, ma questo era quello che andava fatto.

-hai intenzione di lasciarmi per caso?- domandò facendo un passo verso di me.

La sua voce era abbastanza disperata e il suo sguardo mi lacerava l'anima. Era come se fosse trafitto da una scarica di lame. Vedevo l'azzurro dei suoi occhi e ci leggevo dentro tutto lo stupore e la paura. Aveva davvero paura che io me ne andasse eppure non riusciva a parlarmi. Nonostante il terrore che provava non mi convinceva a restare. Non mi parlava.

Don't Call Me a Lolita 2 {COMPLETA}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora