Lettere- PruAus

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Roderich era partito, e sarebbe tornato solo quella sera dopo tre giorni di assenza.
Gilbert, in un impeto di affetto verso il moro, aveva deciso di fargli trovare la casa linda e pulita come uno specchio. Si era messo a rassettare tutto quanto: aveva fatto i letti, spolverato con molta cura il pianoforte del marito e messo dei fiori sul tavolo della sala.
Ora mancava solo un po' di ordine nella biblioteca. Gilbert cominció a sfilare i libri dagli scaffali, spolverandoli uno per uno meccanicamente, lasciando la mente libera di vagare per i sentieri che le erano più congeniali.
Tirando fuori "Trattato sulla storia della musica- dal 1700 al 1945", intravide qualcosa che assomigliava ad un doppiofondo della libreria.
Incuriosito, estrasse altri due libri per poter vedere di cosa si trattasse.
Si accorse allora che non era un doppiofondo, ma una scatola che giaceva nello spazio tra la fila di libri e il mobile.
Tiró fuori la scatola, ponendola attentamente per terra.
Che Roderich gli nascondesse qualcosa?
Si sedette accando alla scatola, con le gambe incrociate. Alzó il coperchio laccato, estraendo dal contenitore delle buste ingiallite dal tempo e legate insieme da un filo di spago.
Ne prese una, con la consapevolezza di star infrangendo la privacy di suo marito ma troppo curioso per smettere.
Spiegó il foglio.
Era una lettera...per lui.
Con il dettaglio che a lui, quella lettera, non era mai stata mostrata.

Caro Gilbert
Queste parole probabilmente non ti arriveranno mai, e questa è solo l'ultima lettera di una lunga serie di epistole mai inviate e contenenti quasi tutte lo stesso messaggio.
Ti amo e ti odio. Vorrei poterti odiare ancora e ancora, vorrei poterti guardare senza sentirmi stregato da quei tuoi occhi. Ti amo come controvoglia. Ti amo pur odiando questo sentimento. So che tu...queste bizzarre cose chiamate sentimenti, non le prenderai in considerazione. Io sono uno sciocco passatempo per te, un giocattolo da far adirare per diletto. Vorrei colpirti tanto forte da farti male, ma so che il mio primo istinto successivo al tuo dolore sarebbe quello di prendermi cura di te. Perché io ti amo, anche se tu non sarai mai mio.
Ti amo anche se mi stai distruggendo più di quanto mille guerre potranno mai fare. Più di quanto qualsiasi cosa nella storia abbia mai fatto.
Ti amo e ti odio, Gilbert Beilschmidt.

Il segno di quella che sembrava una lacrima macchiava il foglio altrimenti immacolato, segnato dalla scrittura fine e precisa dell'austriaco.
Gilbert continuó a leggere altre lettere, mentre fuori dalle finestre il cielo si faceva scuro.
Lesse fino a quando non ce la fece più, e dovette stringersi le gambe al petto per non urlare di dolore.
Si ricordava di quel periodo, ma non aveva mai capito quanto male avesse fatto alla persona che più amava al mondo.
Rimase a piangere in quella stanza buia per quelli che gli parvero secoli.

Quando Roderich entró in casa, si stupì dell'ordine e del silenzio. Non accese nemmeno la luce e si tolse le scarpe, rispettando quella strana atmosfera.
-Gilbert? Sono a casa!
Non giunse risposta.
Austria sentì una sorta di singhiozzo strozzato, e affrettó il passo verso la biblioteca.
-Gil, stai bene?
Appena lo vide, scosso dai singhiozzi e tremante, seduto per terra gli si avvicinó velocemente.
Si mise alla sua altezza, abbracciandolo.
Mettendosi seduto accanto a lui, vide le lettere. Sussultó e indebolì un poco l'abbraccio.
-R-Rod...io...m...mi...io...s-sc-scusa...p-perdonami...- la voce dell'albino era fragile, spezzata come un sottile strato di ghiaccio.
Il moro sentì alcune lacrime silenziose rigargli le guance.
-Dimmi che sei qui. E che mi ami.- rispose Austria, cercando una conferma.
-Io t-ti amo, Roderich- mormoró Prussia in un sussurro debole e tremolante
-Allora va tutto bene. Va tutto bene ora.
Roderich strinse il marito tra le braccia, con forza in modo di essere sicuro che fosse tutto reale e dolcemente per curare le sue ferite.

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