19. Capodanno

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                             Andrei

Il natale era passato davvero bene, era la prima volta, da anni, che non mi sentivo così felice durante le festività. Manuel era entrato nella mia vita da circa cinque mesi e già me l'aveva mutata, o forse ero semplicemente io cambiato; ma non me ne poteva fregare di meno, mi sentivo bene ed era l'unica cosa importante. E ancora non mi capacitavo che a rendermi raggiante era proprio il ragazzo che avevo osservato da lontano per tre anni, ma allo stesso tempo avevo paura; paura perché le cose belle nascondevano sempre un dolore incolmabile. Ma dopotutto, questa era la vera natura dell'amore: prima ti dava tanto e poi ti toglieva anima e corpo. Speravo tanto che il nostro amore non richiedesse un sacrificio tanto alto.
I giorni seguenti passarono con regolarità e non successe nulla di rilevante. Avevo continuamente provato a parlare con Sofia della scena a cui avevo assistito la mattina di natale, ma era dovuta partire il giorno seguente con la famiglia per andare a trovare i suoi parenti. Mi aveva anche chiesto di andare con lei e trascorrere le restanti festività insieme ma, io avevo già altri programmi, quindi rifiutai a prescindere. Manuel mi aveva annunciato che a capodanno casa sua sarebbe stata vuota fino al giorno dopo; inutile dire che avevo fatto i salti di gioia e pensieri poco pudici e innocenti al riguardo.
Stavolta mia madre non aveva avuto nulla da obbiettare, sapeva già che qualunque cosa avesse detto non sarebbe servita a farmi cambiare idea. Infatti, quando Maneul mi passò a prendere verso le sette, mia mamma mi disse solo un: divertiti. Gli risposi con un gesto del capo, mentre mi apprestavo ad uscire.

<Un giorno la conoscerò di persona> mi avvisò Manu appena entrato, riferendosi alla figura genitoriale che si era stabilita sul ciglio della porta.
<Da quando ti preme molto conoscere mia mamma?> ribattei con tanto di sopracciglio alzato.
Girò la chiave e schiacciò il pedale sull'acceleratore prima di slittare sulla strada. Si passò una mano nei capelli e spostò il ciuffo rosso da un lato, ed era così magnifico che dovetti accavallare le gambe per non essere sgamato in pensieri viziosi.
<Perché gliene voglio dire quattro su come ti ha trattato, se me lo permetti> disse riallacciando il discorso.
Tossii istintivamente per ottenere una voce normale e non troppo alterata.
<No che non te lo permetto, anzi non ti concedo neanche di sollevare l'argomento se, un giorno, la conoscerai!> affermai con decisione.
<Punto primo, io la conoscerò per forza, sono pur sempre il ragazzo di suo figlio>, sollevò la mano e alzò prima un dito e poi l'altro, <Punto secondo, cerca di farti rispettare di più perché lei, stanto a quello che mi hai detto, non ti ha considerato per quello che erano i tuoi anni più importanti. Che madre lascerebbe in balia di sé stesso il proprio figlio?>
Asentii. Aveva ragione, però non mi andava proprio di ascoltare certe cose. Ma lui sembrava avere altro in mente.
<Non voglio che quando gli dirai di essere gay ti rinfaccia di non averglielo detto prima> disse a tono di avvertimento, e quasi non saltai giù dalla macchina per quelle parole.
<Cosa?>, ecco a cosa mirava dal principio, <Io non ho nessuna intenzione di dirgli mai una cosa del genere! Anzi a nessun altro prorpio>
Sbuffò seccato.
<Lo so, me lo dici ogni santa volta Andrei!>
Oh-oh.
Aveva usato il mio nome completo.
<Ma prima o poi glielo dovrai dire per forza, non gli stai mica dicendo che hai commesso una rapina ad una banca con un bazooka!> continuò con voce autoritaria.
Intanto arrivammo a casa sua, dove mise l'auto nel garage. Scesi dalla macchina e prima di chiudere lo sportello presi il sacchetto contenente i vestiti di ricambio.
<E poi, sempre se hai intenzione di stare con me ancora a lungo, due domande su suo figlio che sta' in continuazione con un ragazzo, due domande approposito se le fa! Non credi?> concluse spazientito sbattendo la portiera.
Misi le braccia incrociate restando in silenzio e mi diressi con lui alla porta d'entrata. Ci immettemmo nel salone di casa arredato più o meno con lo stesso designer della mia, forse un po' più soft.
C'ero stato solo una volta, a casa sua, ma solo di passaggio. Lì avevo conosciuto la madre Carmen, molto gentile e cordiale; se solo avessi avuto io una madre così avrei fatto i salti di gioia.
Era una donna sulla quarantina, occhi scuri, capelli biondi e un viso liscio e paffuto.
<Vuoi qualcosa? Ti serve qualcosa? Hai bisogno di qualcosa? Vuoi dirmi qualcosa?> allungò la voce sull'ultima domanda.
Ignorandolo gli risposi un semplice No.
Lo lasciai lì e attraversai tutto il soggiorno per varcare la stanza e arrivare alla porta accanto, ovvero la sua camera.
Appena spalancaii la porta sentii il suo odore invadermi le narici e farmi tanti di quei pensieri lussuriosi e sadici su di lui che Mr Grey a confronto non era nessuno.
Camminnai avanti fino al suo letto per posare la borsa, e sentii la sua presenza dietro.
Mi voltai, e me lo ritrovai a fissarmi. Alzai un sopracciglio.
Lui strizzò gli occhi a due fessure.
Io misi le mani sui fianchi, e lui per tutta risposta si morse il labbro avidamente. Feci un'espressione corruciata e in quel momento si avvicinò.
<Tu sei tutto strano, un pazzo> ammisi sostenendo il suo sguardo.
<Di te> disse semplicemente. E, seppure era una frase già sentita, mi toccò nel profondo e la mia espressione tornò normale.
<Volevo solo farti capire che non sei un mostro o un terrorista. Sei solo un ragazzo che AMA un altro ragazzo, non c'è nulla di male in questo> sostené con voce ferma.
Stetti ancora in silenzio. Non sapevo come fargli entrare in testa la mia paura nel fare coming-out con qualcuno!
Vedendo che non accennavo alcuna risposta, mi lasciò un bacio sulla fronte.
<Io non ho fretta, ma capiscimi. Voglio solo tenerti per mano mentre camminiamo; voglio solo darti un bacio in piazza perché ti amo; voglio solo fare delle cene di famiglie con te e presentarti come mio ragazzo>
Mi irrigidii di colpo. Mi veniva ribrezzo solo all'immaginare certe cose. Avere tutti quegli occhi addosso mi sfiancherebbe, sverrei in un lampo e spererei di non svegliarmi più.
Ma qualcosa dovevo pur dirglirla.
<Lo so, e piacerebbe anche a me. Ma per il momento voglio rimanere così, e se a te non va bene io non posso far altro che invitarti a trovarti un altro> dissi avvilito.
Di colpo venni gettato sul letto dietro le mie spalle con lui addosso, bloccandomi le braccia.
<Ma sei scemo?! Come ti viene in mente di dirmi una cosa del genere?!
Certo che ti aspetto!>, sbraitò sul mio viso, <Ti aspetto per tutto il tempo che vuoi, perché credimi che un altro ragazzo come te che mi migliora ogni santa giornata non lo trovo da nessuna parte>
E venni bombardato da chiazze rosse sul viso con le sue parole. Forse potevo anche provarci a fare qualcosa che voleva lui, ma era la paura del dopo che mi tormentava.
Dissi di sì con la testa sorridendo a malapena.
Mi gettò le braccia intorno e cominciò a stritolarmi i fianchi, mentre la sua testa era appoggiata sul mio petto. I suoi capelli ricadevano sparpagliati su tutto il mio addome, e seppur fosse  una posizione scomoda mi facevo bastare il sollievo che mi dava lui con quel contatto. Ma durò poco.
Mi solleticò il fianco facendomi uscire delle risate sommesse, che lui ne approfittò infilandomi la sua lingua tra le labbra. Anche se mi colse di sopresa, lo intercattai al momento giusto per contrarre la mascella. Strusciava la lingua sui contorni della mia bocca e sui denti cercando di farsi dare il permesso per andare oltre. Si mosse inferocito con il bacino sul mio, mossa che me lo fece drizzare in un batter d'occhio. Lui se ne accorse e spostò la bocca sul lato del mio collo. Lo leccò, e iniziai ad accaldarmi socchiudendo gli occhi per il piacere. Passai le mani sul suo sedere che si alzava e abbassava mimando il mio pene dentro di sé.
Gli spostai la testa con forza davanti alla mia mordendomi le labbra, in proposta di baciarmi. Si schiantò su di esse in un nano secondo, se non fosse che si bloccò per un rumore inaspettato.
Il fracasso ed il rimpombo di più voci ci fece sobbalzare giù dal letto in un attimo, spaventati su chi potesse essere. In un primo momento pensai a dei ladri, ma non mi lasciò dirgli nulla che mi prese sotto braccio e mi attirò a sé intimandomi a bassa voce di stare qui.
Senza indugiare troppo aprì la porta della camera e si affacciò al suo esterno. Strizzai gli occhi immaginando l'impossibile, ma quando chiamò il nome di sua madre mi stranii. Riaprii gli occhi e corsi da lui, e un mare di gente mi si parò davanti.
<Oh, tesoro!>, esclamò sua madre, <Mi dispiace intralciare i tuoi piani per la serata, ma non hai più casa libera> continuò il padre senza giri di parole.
Vidi Manu fare una faccia corruciata.
Intanto tutte quelle persone si smistavano ugnuna da una parte.
<Lo so, non era previsto. Ma a casa della nonna hanno interrotto la corrente elettrica e se non volevamo mangiare pasti freddi e con le candele, casa nostra era la più vicina.> continuò Carmen con tono dispiaciuto.
Manuel sbuffò e mi fissò con aria interrogativa. Scrollai le spalle in risposta.
<Perché non vi inutite a noi? Tu che ne dici Andrei?> propose, e si rivolse a me stavolta.
Un'anziana signora, che doveva essere la nonna in questione, mi si avvicinò.
<Assolutamente sì, questo ragazzo è pelle e ossa peggio di quest'altro disgraziato> mi disse per poi indicare il mio ragazzo.
La madre sorrise e se ne andò in cucina.

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