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Alla fine la mia camera l'avevo sistemata, anche senza l'aiuto di Gerard. Avevo riempito le mensole con i miei fumetti, la scrivania con i miei cd, pc e scartoffie varie, avevo riservato il posto più luminoso e comodo per la mia chitarra, avevo rifatto il letto, avevo appeso immagini e testi e frasi e foto sulle pareti della mia camera.
Avevo anche messo delle tende,di un rosso scuro, perché si, ma soprattutto, perché Gerard così poteva rimanere dall'altro lato,senza vedermi.

Avevo anche deciso di ripassare qualcosa in generale per il giorno seguente, per quando sarei dovuto ritornare, anzi, andare, a scuola. Niente di particolare, sia chiaro, giusto due cazzate.
Avevo scelto i vestiti per il giorno dopo, tutti rigorosamente neri, avevo impostato la sveglia, avevo preparato lo zaino.
Era tutto pronto.
Cioè, bello schifo eh, ma ehi, era il mio ultimo anno, mi sembrava doveroso.. niente, ero solo scemo, certamente.

Così decisi di distrarmi un po'; mi misi a suonare la chitarra, a ripassare qualche accordo che ancora mi dava a noia,feci poi una selezione degli spartiti che conservavo e avevo tenuto nel tempo, dividendoli per categoria, autore, genere, difficoltà, titolo in ordine alfabetico e, soprattutto, preferenza.

Alla fine mi ritrovai a suonare qualcosa dei Misfits, per cambiare un po', insomma. Ormai sapevo quel pezzo a memoria, ma questo non importava.
Mi addormentai dopo un paio d'ore, con la chitarra ancora tra le braccia, e rimasi così, beato, a dormire insieme a lei.

Mi svegliai il giorno dopo, alle sette, per andare a scuola. Non distava molto dalla casa dove vivevo, ma ehi, era il mio primo giorno, non potevo di certo arrivare in ritardo.
Così ripetei mentalmente tutte le cose che mi ero impostato di fare la mattina, cose come alzarmi, lavarmi, vestirmi, fare colazione e poi uscire in tempo per arrivare lì puntuale.

Quindi feci tutto questo, dopodiché uscii di casa, mi avviai a piedi verso la scuola, ripetendo mentalmente il tragitto che mia madre mi aveva detto di fare. Girai un paio di volte a destra, una a sinistra, dritto fino alla casa viola, poi di nuovo a destra, due a sinistra, ancora dritto e, dopo il bar dal nome ridicolo scritto a pennarello sulla vetrata, la scuola era in fondo alla via.

Guardai l'orologio: erano le nove meno venti, quindi avevo ancora un quarto d'ora per cazzeggiare, per poi recarmi dentro la scuola e cercare la mia classe.
In realtà, avrei cercato Mikey, dato che saremmo stati in classe insieme, aveva più senso che mettersi a girovagare per la scuola non conoscendola neanche.

Per passare il tempo, decisi di fumare una sigaretta, che presi dal pacchetto che tenevo sempre nella tasca del giubbotto di pelle; la accesi e ne assaporai la prima boccata, osservando come la cartina e il tabacco prendevano piano piano fuoco,insieme, consumandosi un po' alla volta.
Ne aspirai il fumo, per poi trattenerlo nei polmoni. Ogni volta era come ricevere una boccata d'aria pura, che poi pura non era, ma quelli sono solo dettagli.

E, mentre fumavo, notai come piano piano la scuola cominciava a riempirsi di gente, ragazzi ragazze di ogni genere ed età. Tutti diversi, tutto uguali. Era una cosa sulla quale riflettevo spesso; ognuno di loro era speciale, si sentiva speciale, unico nel suo genere. Forse lo era, forse no. Forse solo il fatto di pensarlo lo omologava in modo automatico agli altri, sporcandone la convinzione.

Ma non riuscii a concludere il mio pensiero, che sentii qualcuno toccarmi la spalla da dietro.
Mi voltai e vidi Mikey, così tolsi le cuffie e lo salutai.
-Ciao Mikey-
-Ehi, Frank. Sono le nove meno dieci, sarà meglio entrare in classe, non vorrai mica finire davanti-
-Non è nei miei piani, fidati-
-Bene. Oh, ho una cosa per te; ti ho stampato l'orario settimanale, c'è anche scritta l'aula per ogni ora, così se io non dovessi esserci non rischieresti indi perderti-
-Grazie mille, ne avevo davvero bisogno-
Piegai il foglio di carta e lo infilai nella tasca dei jeans, poi lo seguii all'interno della scuola.
Prima ora, biologia. Andavo bene, nella mia vecchia scuola; la mia professoressa era davvero vivace e ci dava da fare sempre progetti e ricerche in gruppo, era divertente. Fu così che conobbi i miei migliori amici, Brendon e Ryan, i due gay più gay che ci siano a Gayopolis.

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