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Scorgo la stazione della metro, l'insegna rossa luminescente dominata da una M bianca scintillante

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Scorgo la stazione della metro, l'insegna rossa luminescente dominata da una M bianca scintillante. Un nugolo di mosche circonda i neon tremolanti, ronzando senza posa in un continuo agglomerato caotico. Sorrido tranquillo, alla vista familiare della scala mobile. Da quando hanno inaugurato la nuova linea automatizzata, anche nel cuore della notte passa un convoglio ogni venti minuti, mezz'ora al massimo.

Se fosse stato un sogno, sarebbe stato più semplice... ma, sfortunatamente, non sto dormendo. Ho provato a svegliarmi in ogni modo, ma non ci sono riuscito. Ho persino chiesto ad Aria di darmi un pizzicotto, ma non è servito assolutamente a nulla.

In compenso, sembra che il mio cellulare funzioni normalmente, sono riuscito a chiamare Aria senza problemi.

Devo ancora risolvere il mistero dei contatti scomparsi dalla rubrica, ma adesso è un problema secondario.

Le scale mobili della metro scorrono senza fretta, mi invitano ad infiltrarmi nelle viscere della terra. Scorgo il profilo delle biglietterie automatiche, ansiose di mettere i denti su un paio di banconote spiegazzate. Le conosco da una vita, conosco la loro avidità. So come si avventano sulle monete del resto, dopo aver rigurgitato un contrassegno con ora e data stampati in un tremolante inchiostro nero. Sanno che sono qui, mi stanno aspettando. Hanno fame. Chi sono io per deluderle? Estraggo il portafoglio, le mie dita tastano la filigrana...

"Cale? Ci sei?"

La voce di Aria interrompe i miei pensieri. Per l'ennesima volta. Grazie per aver rovinato l'atmosfera, rompiscatole. Nessuno ti ha chiesto di seguirmi. 

"Sì? Cosa ho combinato questa volta?"

"Eri immerso nel tuo mondo. Sembrava che fosse entrato il salvaschermo."

Tento di ignorarla, mi avvicino all'ingresso della stazione. Le luci esercitano su di me un fascino quasi magnetico, sono ossessionato dai neon fin da bambino. Amo il loro biancore penetrante nel nero della notte, fari nel buio che mi guidano senza timore verso un approdo sicuro.

Le luci non possono tradirmi, non lo hanno mai fatto.

"Cale!"

Qualcuno mi trattiene. 

Aria. 

Di nuovo.

"Puoi smetterla di urlare?"

"Ti sei bloccato un'altra volta."

Scrollo le spalle, la fisso negli occhi.

"Voglio solo prendere un treno e tornarmene a casa, okay? Se ti dà tanto fastidio, puoi anche lasciarmi solo. Da qui, la strada la conosco."

"N... non è questo il punto! Non senti anche tu?!"

Sentire... cosa?

Tendo l'orecchio, rimango in attesa. Il ronzio delle ventole del sistema di areazione. Il motore della scala mobile. Il richiamo seccato delle macchinette dei biglietti. Il brusio sommesso delle mosche. Gli schiocchi dei neon.

E un grugnito gutturale.

"..."

Un lamento continuo, senza capo né coda, senza interruzione. No, non uno solo. Un coro, un vociare distorto e confuso, incomprensibile. Poi, i passi. Rumore di passi.  

Infine, lo vedo.

Giacca da impiegato, cravatta stropicciata, una camicia candida. Pantaloni eleganti, trascinati. La pelle bianco cera. Gli occhi come carboni ardenti.

E capisco che non ha più senso parlare di realtà

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E capisco che non ha più senso parlare di realtà.

Sono sprofondato in un incubo.

Un incubo ad occhi aperti.


Note e crediti:

La mappa della città di "Endless Night" è basata sulla mappa muta "Brussels-Capital Region municipalities", rilasciata con licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported dall'utente Ssolbergj su Wikipedia (https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Brussels-Capital_Region_blank_stylised.svg)

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