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Corro a perdifiato nel tunnel, nelle tenebre. Non mi fermo neanche per un istante, non ho tempo. Loro mi inseguono. Li ho alle calcagna.

"Cale! Rallenta!"

Una voce alle mie spalle. Aria, forse. Ma il mio cervello la ignora, la mia mente corre più veloce delle mie gambe. Non posso fermarmi, devo uscire. Devo uscire di qui!

Una luce, una luce in fondo alla galleria. La stazione?

"Cale! Gli occhi sono spariti, fermati!"

No, no! Non ci credo! È una trappola!

Le lampade a incandescenza mi salutano, mi attirano come una mosca. Sono salvo, sono quasi salvo! Un passo, un altro passo. Metto piede sulla banchina, rischiarato da un tiepido alone giallastro. Guardo indietro, verso il treno, verso le tenebre. Niente. Nessun occhio. Nessuna creatura. Ma una sagoma sì. Una sagoma che corre verso di me.

Mi rialzo, tento di riprendere la posizione, punto i palmi a terra. 

"Cale!"

La voce. La sagoma ha una voce? A... aria.

Aria.

Sì, è proprio lei. La vedo uscire dall'ombra. Ansima, riprende fiato.

Aria.

Mi calmo, mi calmo per un secondo. Non c'è nessun altro. Nessun occhio. Nessuno zombie. Siamo solo io e lei. E abbiamo raggiunto la stazione.

Controllo due, tre volte la galleria. Vuota, completamente vuota. Aria sale sulla banchina, mi si affianca, mi tira per il braccio. Poi, la guancia inizia a bruciare. Uno schiaffo. Aria mi ha tirato uno schiaffo.

"Brutto idiota! Volevi lasciarmi indietro?!"

Riesco a guardarla negli occhi ora. Sono umidi, rigati dalle lacrime. Lacrime di paura, forse. Cerco di ricompormi, di giustificarmi. Non sono scappato, non volevo, non... ah, devo trovare una scusa, maledizione! Io non sono egoista, non sono un animale! Non sono fuggito, non...

"... non cercare di scusarti. Non ha senso."

Le sue parole mi trafiggono il cuore. Non credevo di essere di così egoista. Mi massaggio la pelle arrossata, zittisco la mia coscienza. Non avevo altra scelta, discorso chiuso.

"No, infatti. Non ne ha."

Do una rapida occhiata ai dintorni. La stazione sembra abbandonata da anni. Ragnatele, crepe. Solo un paio di luci in funzione. Poi, scorgo il nome.

St. Mary Yard.

"Non era uno scherzo..."

Una scala mobile ancora in funzione sembra chiamarci verso l'esterno. Come attirato da una forza magnetica, mi aggrappo al corrimano e poggio il piede sul primo gradino. Questo posto non esiste. Eppure, siamo qui. Tanto vale vedere cosa c'è dall'altra parte. Aria mi segue a poca distanza, in silenzio. Per lei, questa non è altro che una vecchia stazione diroccata. Per me, invece, è qualcosa di diverso. Un fantasma tornato dal passato. Uno spettro che ho cercato di dimenticare per tutto questo tempo.

La scala mobile mi trascina fino alla superficie. Ed è proprio in quel momento che il passato mi sferra un altro pugno. Le guglie di St. Mary si stagliano nel cielo, contro la Luna nascosta dalle nubi.

Come se non fossero mai bruciate.

Le lettere scivolano tra le mie labbra, formano quel nome dopo oltre dieci anni

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Le lettere scivolano tra le mie labbra, formano quel nome dopo oltre dieci anni. Il nome di un amico che ho perso.

"Jani..."

Rimango immobile di fronte all'ingresso della piazza, di fronte alla maestosità della rinata St. Mary. Le volte romaniche, il rosone gotico. Proprio come la ricordavo. Proprio com'era quando giocavano a rincorrerci prima della messa.

Il giorno dell'incendio ero malato, avevo l'influenza. È stato questo a salvarmi dalla follia di un piromane. Ma Jani era lì. Ed è morto.

Non so se questo è un sogno o il frutto di un'allucinazione. Sinceramente, non mi interessa più. St. Mary mi fissa con il suo sguardo senza tempo. Non posso fare altro che chinarmi in silenzio, come soggiogato dall'enorme pressione psicologica.

Poi, la sento.

Una risata sprezzante.

Mi alzo in piedi, cerco di localizzare la fonte del rumore. Infine, lo vedo. Un figura dinoccolata, un uomo forse, alto quasi due metri. Armeggia con una vanga, spala cumuli di terra a fianco della chiesa. Sopra i tumuli, lapidi di marmo bianco, venate da crepe e fratture. Alzo la voce, cerco di farmi sentire.

"Chi è là?"

Il becchino canticchia, ogni movimento della pala riecheggia nell'atmosfera notturna. D'un tratto, si ferma, rivolge il suo orrido sorriso verso di me. 

"Oh, benvenuti! Siete arrivati al momento giusto..."

La lingua saetta tra le labbra deformi, la sua mano scivola sulla pietra perlacea, sfiora un nome inciso sulla superficie liscia.

"... ci sono ancora due fosse da riempire!"

 ci sono ancora due fosse da riempire!"

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Note e crediti:

La mappa della città di "Endless Night" è basata sulla mappa muta "Brussels-Capital Region municipalities", rilasciata con licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported dall'utente Ssolbergj su Wikipedia (https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Brussels-Capital_Region_blank_stylised.svg)

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